GALAN
#03 – DEATH
Pianeta Forsinner.
Mentre esce da ciò che nel nuovo universo avrebbero
bollato come “antro della Sibilla”, Galan sente alle sue spalle il tonfo del
corpo privo di vita di Saygé, la veggente che gli ha tolto ogni speranza di salvare
l’universo.
Mille pensieri affollano la sua mente, prevedibilmente.
Al sicuro tra le pareti della sua navicella, si rende conto che la situazione sta solo peggiorando. Aveva già calcolato un
aumento esponenziale delle radiazioni, per una
reazione a catena del prematuro Big Crunch. Né lui né
i suoi colleghi, però, avevano avuto modo di tenere conto della degenerazione
del tempo, essendo un fenomeno del tutto nuovo e incontemplato dalla loro
scienza. Fenomeno che sta accelerando più di quanto credesse la fine di tutto,
dal momento che il tempo lineare scorre più velocemente del tempo
bidimensionale, per una pre-atavica legge cronale di Keplero, per usare un’espressione
a noi familiare.
Reclinato sulla sua postazione, Galan a malapena si rende conto dell’entrata dell’astronave nell’iperspazio.
Persino questa scorciatoia è lunga, se bisogna bypassare
migliaia di anni luce. La sua attenzione è presto
ridestata dal suono di una serie di allarmi, che
esplode improvvisamente.
Non riesce a credere
a ciò che legge sugli strumenti: valori folli di
gravità, pressione e di tutti gli altri parametri. Le uniche creature che è possibile incrociare in questa dimensione sono gli Arcani,
ma sia per la loro natura sia per l’efficacia della tecnologia di Taa, era
escluso il rischio di una collisione o eventuali altri problemi.
Ma come comportarsi nell’eventualità di cui Galan si rende conto abbassando
debolmente i filtri protettivi delle finestre della nave, cioè
della presenza di milioni, forse di miliardi di Arcani?
Preso del tutto alla sprovvista da uno spettacolo simile,
abbagliato dalle energie contenute dalla quinta dimensione, Galan pensa a come
uscirne vivo. Prende il controllo del comando manuale, ma non può evitare una
tale densità di creature gigantesche per sempre. Anzi, ancora per poco.
Deve assolutamente uscire dall’iperspazio. Davanti a sé si sta aprendo il varco
per lo spazio tridimensionale, che lo porterà in una località ignota e casuale:
è un genere di wormhole ben noto a
tutti gli astronauti. Mentre sta per balzare, nota
qualcosa in lontananza... qualcosa di diverso. Un portale di una luminosità e colore inconsueti, che conduce
sicuramente altrove. Un’altra dimensione? Gli Arcani si stanno comunque portando lì, ordinatamente in fila, in uno scenario
che in altre circostanze avrebbe trovato divertente per la sua surrealtà.
Non ha tempo di indagare oltre, perché l’oscurità dello spazio aperto lo
avvolge, facendo riposare i suoi occhi.
Ancora una volta, il computer di bordo impazzisce. Il livello di radiazioni
esterne ha raggiunto la saturazione. Le mappe stellari non hanno più
significato, e Galan capisce perché.
Tutto sta venendo risucchiato verso il centro
dell’universo e quindi i corpi celesti sono stati strattonati al di fuori delle
loro orbite. Il cosmo è ormai un’accozzaglia di cimiteri migranti,
rappresentati dai pianeti, e di stelle piccole e luminose, che rappresentano un
sostegno psicologico al bisogno di calore e luce di Galan. Infatti,
subito dopo, le luci della nave si spengono.
Per potenziare gli schermi protettivi, il sistema ha sacrificato l’aspetto più
superfluo delle funzionalità della nave. Ma non solo
quello.
Galan è principalmente un astronomo, e nonostante la
conformazione aberrante dei corpi celesti, riesce a riconoscere nei
pianeti e nella loro relativa posizione un sistema stellare. Un tempo, era a pochi anni luce da Taa. Adesso? Chissà, dovrebbero
esseri più vicini. O no, perché Taa è ai confini
dell’universo e potrebbe essere stata colpita meno di tutti dalla Decadenza
Universale. Tutte le sue conoscenze si stanno rivelando inutili, nel
nuovo scenario.
Tenta comunque di impostare delle coordinate, che in
linea di massima dovrebbero portarlo nel quadrante di Taa.
L’amara scoperta è che la propulsione iperspaziale non è più attivabile, pena
l’ingresso di una dose velenosa di radiazioni esterne. Tutte le energie della
fusione fredda sono convogliate lì, ai campi di forza che circondano il
vascello.
- No... – espira l’uomo, accasciandosi a terra.
La rotta è segnata. Prima o poi, potrebbe tornare a
casa. Se l’universo non finirà prima.
Sente già il suo corpo invecchiare prematuramente: sarà suggestione, ma ormai
il tempo è lineare, tutto scorre con velocità prima impensabile.
Devo salvarmi,
decide Galan, immergendosi in una vasca criogenica. Male che vada, non si risveglierà più.
E invece si risveglia, non sa
quanto tempo dopo.
La sua nave ha fatto il suo dovere, portandolo su Taa. L’intelligenza
artificiale ha sospeso l’ibernazione ancora durante le fasi di
attraccaggio nelle viscere del pianeta, dove risiede la sua civiltà.
Fatta mente locale, Galan viene investito da una
carica incredibile. E’ un miracolo che sia riuscito a
tornare. Vuol dire che l’universo non è ancora finito; forse
la Decadenza si è arrestata; ma anche se non lo fosse, la sua gente è al sicuro
dagli sbalzi gravitazionali e dalla tempesta radioattiva, in quel guscio
metallico incastonato nella roccia che è la loro casa.
Qualcosa, invece, sembra essere andato storto.
C’è silenzio, oscurità. Niente dell’antico fulgore.
Quando rimette piede sul suolo patrio, Galan ha un
capogiro: a malapena la sua tuta protettiva e la sua Sfera di Pensiero lo
proteggono dalla tossicità dell’ambiente. Gli altri saranno sopravvissuti così?
Ma poi, com’è possibile che sia successo? Forse lo
spostamento dall’orbita ha ucciso tutti?
Galan si fa strada tra i cadaveri, nella sua Comune. Tutte
le persone a lui più vicine... falcidiate.
Persino la sveglia Gesti, il suo parto più nobile, non è
riuscita a salvarsi.
Piangendo, realizza che era più legato alla sua
famiglia allargata di quanto credesse, rispondendo agli impulsi più profondi
della natura umana. In definitiva, è più “umano” di quanto pensasse,
e meno onnisciente e illuminato. Ci sono così tante cose che non conosce... e
che non gli hanno permesso di evitare questa catastrofe.
Il panico lo coglie totalmente: è davvero l’ultimo uomo?
Nel tentativo di calmarsi ed evitare folli gesti come un suicidio, gli balza
alla mente che i suoi amici dell’Agenzia Spaziale sapevano della Peste, a
differenza del resto della popolazione. Potrebbero essersi salvati, in qualche
modo.
Ignorando il buon senso, Galan si imbarca nella sua
Sfera di Pensiero e sfreccia a tutta velocità verso il centro ricerche,
assolutamente convinto di trovare qualcuno, e senza pensare che una delusione
in merito potrebbe ucciderlo sul colpo di crepacuore.
Per sua fortuna, le sue scientifiche osservazioni hanno un riscontro nella
realtà.
La telecinesi apre il portellone che lo separa dal bunker di sicurezza
dell’Agenzia, e il rumore del metallo è accompagnato da urla disumane.
- No!! Chiudete!!!
- Chi è!?
Spaventato ma rincuorato, Galan corre all’interno e si chiude tutto alle
spalle, rendendosi conto che i suoi più fidati colleghi sono ancora vivi,
seppur visibilmente scossi.
- Galan!! Sei vivo!? – si alza in piedi Nalsi, a fatica.
- Sì, amico mio, e sono contento che lo siate anche voi!
- Controllate il nuovo livello di radiazioni! – ordina il Premier, in
preda ad un attacco di panico.
- Mi spiace aver contaminato questa zona – capisce Galan – ma non potevo non
entrare!
- Ma dov’eri finito?
- E’ una lunga storia, ma... voglio sapere come ha fatto Taa a cadere!
Un’atmosfera grave cade nella già pesante aria del bunker. E’
ancora il loro vecchio leader a rompere il silenzio.
- E’ stato un incidente. Le radiazioni esterne erano a livelli
altissimi, ma eravamo tutti al sicuro, nelle nostre città – ribadisce,
parlando implicitamente della protezione garantita dalla crosta terrestre e dai
sistemi artificiali – Avevamo semplicemente chiuso ogni accesso verso
l’esterno. Purtroppo, una nave bimana
in avaria, alla deriva, è precipitata sulla superficie del pianeta; lo schianto
e l’esplosione del suo motore nucleare hanno aperto una breccia sul cielo di
Eegabeeva – si interrompe abbassando lo sguardo
lucido, nel nominare una delle loro più fiorenti città. Un
altro scienziato continua il racconto per lui:
- Non c’è stato più niente da fare: da lì, le radiazioni sono penetrate e si
sono diffuse a macchia d’olio, contaminando tutto.
Galan inorridisce. E’ stata l’utopia raggiunta dalla loro civiltà a sancire la
loro fine: la pace tra tutti i popoli, diventati ormai un’unica nazione, aveva
portato l’abbattimento di ogni barriera. Quindi, non c’era niente che impedisse il propagarsi della
Peste in tutta la crosta. Tutto il villaggio globale
doveva essere stato colpito.
- Ma... le Sfere di Pensiero non hanno protetto tutti? E
non avete richiuso la breccia?
- Si è scatenato il panico: da quante generazioni Taa non affrontava un
qualsiasi genere di crisi? Il cocktail di radiazioni e di aria
selvatica, non filtrata, ha ucciso moltissima gente prima che riuscissimo a
riparare il danno nella volta di Eegabeeva. Non eravamo pronti a fronteggiare
una serie di epidemie. La gente meno... colta non era
neanche più abituata ad usare termini come “malattia”, se non gli studiosi di
lingue antiche e storia.
Galan immagina fervidamente il dramma occorso durante la sua assenza: la lenta
moria di una fiorente cultura, inarrestabile per lo stato di avanzamento
della stessa. Il paradosso più doloroso.
Adesso che può rilassarsi, ancora per poco, è giusto
che informi gli altri dell’accaduto.
- Ho avuto la conferma che la colpa di questa Decadenza
Universale è da imputare agli Arcani.
- Come l’hai scoperto?
- Lasciamo perdere i protocolli sperimentali, adesso: l’ho saputo e basta. La
loro presenza ha spostato l’ago della bilancia cosmica... ma ci sono alcune
cose che mi sfuggono.
- Devi spiegarti meglio...
Senza indugi, Galan manda un denso messaggio telepatico ai suoi compagni,
facendoli sobbalzare dallo spavento.
- Ma cosa...? – trasecola l’ex-Premier di Taa, insieme
agli altri.
- Su, non allarmatevi. La telepatia non è più illegale
– sottolinea, con tono sarcastico.
- Ma... quello che hai scoperto... è impossibile...
- Può darsi, ma Saygé mi ha convinto delle sue parole. Avevamo la fama della
civiltà più avanzata di tutti i tempi, e invece... ci sfuggivano i meccanismi più elementari della creazione, a partire
dall’esistenza di entità concettuali!
- Avevamo stabilito che Dio, se esisteva, era inconoscibile! – insiste Nalsi.
- Con i parametri della scienza, sì! Ma abbiamo
ignorato del tutto la metafisica, bollandola come un retaggio dell’origine
della civiltà, una superstizione di popoli che non conoscevano ancora le leggi
della natura...
- Galan, meglio affrontare i tuoi dubbi, ora, che hai sventatamente fatto anche
nostri. Se la Peste ha portato così tanta morte nel
cosmo... perché l’equilibrio cosmico non è stato ristabilito?
- Esatto! Speravo che il dialogo con voi potesse condurci ad una risposta.
- Forse c’è stata così tanta morte che l’equilibrio è stato alterato... ma
sull’altro versante!
- Addirittura? Nonostante gli Arcani?
- Come vi ho comunicato – interviene nuovamente Galan - sono tornato dopo tanto
tempo proprio per colpa loro. Perché si sono rifugiati
nell’Iperspazio, occupandolo. Quindi forse la
loro presenza avrebbe potuto ristabilire lo status quo... eppure, sembrano
fuggiti, condannando definitivamente il creato.
- E anche se fossero rimasti? Non siamo forse gli unici superstiti della
Decadenza?
- Sì, ma se la crisi fosse passata, con le nostre conoscenze avremmo
potuto rifondare la nostra civiltà e colonizzare la galassia ormai
disabitata!
- Inutili vagheggiamenti, ora. Temo, tra l’altro, che la linearizzazione del
tempo non fosse più frenabile.
- E con questo? Ci saremmo adattati...
- Impossibile! Avremmo vissuto in uno stato perenne di... claustrofobia, in una
lenta agonia! Poter solo vivere verso il futuro e non nel presente? Non posso
pensarci.
- E’ ciò che succederà nel prossimo universo – sentenzia Galan, facendo tacere
tutti i presenti, inquieti. Ripensa alle ultime parole di Saygé. Parole ambigue
di speranza. Ma da solo non può affrontare l’ignoto:
- Non ci resta ancora molto tempo. Se le radiazioni non dovessero
aumentare, l’imminente Big Crunch ci spazzerà via.
- Ne siamo consci, siamo qui in attesa del trapasso.
- No, invece! Non dobbiamo rimanere con le mani in mano, come esseri inerti!
Siamo scienziati! Non volete assistere con i vostri occhi
alla fine di tutto?
I suoi amici si guardano, alcuni perplessi, altri esaltati. Qualcuno
avanza un’obiezione:
- Varrà la pena? Siamo ai confini di tutto, non potremo vedere niente da questo
quadrante... se non i corpi celesti attratti verso l’infinito...
- Saremo anche noi attratti dal centro e potremmo
vivere abbastanza per vederlo con i nostri occhi. Inoltre, non lasciatevi
fuorviare dalla mia esperienza: la mia piccola astronave aveva un’autonomia
energetica inferiore rispetto a Caoneid
– dice, riferendosi alla più grande nave spaziale
della civiltà.
- Hai ragione! Forse potremmo balzare nell’iperspazio senza danni...
- ... se gli Arcani l’avranno lasciato libero, ma immagino
sia così. Ascoltate il mio piano: riforniamoci degli ultimi viveri, per
sostentare il cervello e le nostre facoltà; bardiamoci delle tute e delle
armature più pesanti; ripariamoci nelle nostre Sfere di Pensiero; con un
piccolo... cioè, un immenso sforzo... ci porteremo
fino a Caoneid, al cui interno potremo essere relativamente sicuri, se
rinunceremo alla maggior parte delle sue funzionalità; e proviamo ad accedere
nella quinta dimensione: se tutto va bene, ci ritroveremo nei pressi del luogo
del Big Crunch! Cosa abbiamo da perdere?
- Niente, in effetti – risponde il Premier, a nome di
tutti.
Di nuovo eccitati come ragazzini, le menti più
brillanti di Taa si adoperano per seguire le istruzioni di Galan. Nel giro di
mezz’ora (di prim’ordine, stavolta), il gruppo è
sull’astronave. E parte.
Galan pensava di aver visto di tutto, negli ultimi tempi, ma lo spettacolo che
gli si pone all’uscita del wormhole è il più... il più... il meglio che potesse concepire, a dispetto della sua intrinseca
drammatica.
Al centro dell’universo, campeggia ciò che chiameranno
Uovo Cosmico, verso cui convergono tutte le cose. La vista di un pianeta che si
dissolve tuffandosi in esso è raccapricciante ed
esaltante allo stesso tempo.
- E’ meraviglioso! – grida qualcuno, appoggiato alle finestre della nave.
L’esaltazione lascia subito il posto alla disperazione. La nave ha esaurito le
sue energie per un viaggio così lungo e non è in grado né di continuare né di
erigere ancora scudi protettivi degni di questo nome. Per il primo
inconveniente, nessuno si preoccupa, perché l’attrazione gravitazionale
dell’Uovo è così alta che il vascello si muove spontaneamente a velocità
superiori a quelle della luce – tempo e spazio sono
concetti più relativi che mai, a questo punto.
Per il secondo... c’è poco da fare, ormai.
- Aaargh! – gridano tutti,
investiti da una tempesta di raggi cosmici.
- Compagni, scusatemi se... vi ho condannati a questo... – si sforza di dire
Galan.
- Valeva... la pena... morire in anticipo... per vedere l’Uovo
Cosmico... – rantola Nalsi, sorridendo.
Tutti i suoi compagni si accasciano, privi di sensi o di vita, ma Galan non
cede. Con uno sforzo titanico, concentra tutta la sua telecinesi per deviare
onde elettromagnetiche e gravitazionali di ogni tipo
da sé. A tratti, ci riesce: tutto diventa più scuro e freddo, pur rimanendo
assolutamente visibile; tutto è luce e calore, ormai, e il suo potere può
ridurre solo di poco la loro intensità.
Perciò Galan riesce a puntare direttamente gli occhi
sull’Uovo, che si avvicina con velocità irreale.
Galan sorride: se era destinato a morire, è giusto che sia in questo modo. Per
questo Saygé l’aveva chiamato eletto? Perché sarebbe stato
l’unico essere senziente ad assistere al Big Crunch?
Quando la nave si infrange – o così crede – nel fulgore del Tutto, Galan si
sente annichilire - o, ancora, così crede.
Dopo un non-tempo indefinibile, solo un punto infinitesimo è
il vestigio di un universo intero.
Tutt’intorno, il nulla assoluto. La non-esistenza
prende coscienza di sé... e si fa Oblio.
Nel prossimo capitolo:
La nascita dell’Universo
Marvel!