GALAN
#02 – QUEST
Cos’è successo: l’universo precedente all’attuale, che
ha una dimensione temporale in più, è malato; una Peste sta falcidiando mondi
su mondi, sottoforma di radiazioni letali che si irradiano
dal centro del creato. Galan, della civilissima Taa, decide di andare alla
ricerca di una cura.
Nell’orbita di Taa.
Per sua fortuna, Galan non soffre particolarmente il distacco dal suo pianeta.
Innanzitutto, è abituato a partire per le stelle, e il viaggio corrobora sempre
la sua curiosità di scienziato.
Inoltre, la cultura del suo popolo non prevede (più) intensi legami affettivi.
Il sentimento più importante che si possa provare per un altro essere è stima.
Quindi separarsi dalle sue compagne sessuali e della sua progenie è meno
doloroso di quanto si possa inferire.
Se c’è qualcosa che lo turba, è che
l’universo è condannato a morire e la responsabilità di commutare questa
sentenza risiede esclusivamente nelle sue mani. Non si
illude che qualcun altro sia alla ricerca di una cura come lui, nella
galassia: Taa è il pianeta più civilizzato di tutto lo spaziotempo, e se quindi
egli fallirà, nessun altro potrà conseguire risultati migliori. Senza contare
che già migliaia di mondi sono caduti sotto la falce della Peste.
Il suo principale obiettivo è l’Ipercubo Cosmico. Peccato
che non abbia una precisa idea di dove trovarne uno – giacché, se se ne avessero notizie, qualche individuo bramoso di potere se
ne sarebbe già impadronito, rimodellando il cosmo. (Gli sovviene solo ora in
mente che potrebbe essere già successo, e ciò che sta accadendo sarebbe lo
strascico dei danni procurati dall’usurpatore della millantata onnipotenza
dell’artefatto. Non può crederlo e scaccia il pensiero, scrollando il capo).
Ha solo un indizio nel suo bagaglio: il mondo in cui la leggenda dell’Ipercubo
è vivida più che ovunque altro.
Pianeta Sciaul.
Un balzo nell’iperspazio l’ha condotto testé qui.
Concordato con l’aviazione il suo
arrivo, Galan atterra sulla pista
d’atterraggio più vicina alla sede centrale della Chiesa locale. Ha chiesto
preventivamente udienza a colui che potremmo definire
Papa, la suprema autorità spirituale di questa civiltà – “Se così si può
chiamarla”, recita l’inconscio xenofobo dello scienziato. Un essere tanto
riverito e potente potrebbe avere notizie dell’Ipercubo, o addirittura
custodirlo.
Mentre i sottoposti della corte lo accompagnano, Galan
si guarda intorno. L’architettura del posto è estremamente
affascinante, sebbene gli sciaulani
non abbiano avuto l’accortezza di seguire l’esempio di Taa e trasferire tutto
l’operato “umano” altrove, per salvaguardare la natura incontaminata, di cui
poco si avverte adesso.
Protetto dalla sua tuta, Galan procede, recriminando di non poter goder appieno
del valore etologico di questa
visita. Gli autoctoni non sono umanoidi, il che secondo l’opinione comune
implica che non abbiano subito manipolazioni dagli Arcani – anche se la teoria
non ha mai trovato conferma, nemmeno su Taa.
- Sua Santità, grazie di avermi ricevuto, con così poco preavviso – si china
Galan, al cospetto del “Papa”.
Le sue facoltà empatiche permettono non solo di comunicare
in un altro idioma, ma anche di adeguarsi ai costumi locali, e fare così
contento il suo interlocutore, che si sente appropriatamente riverito.
- Non si preoccupi, illustre Galan: anche se questi
tempi di profonda crisi non richiedessero misure estreme, gli ambasciatori di
Taa sono sempre i benvenuti, dato il rispetto incontrastato verso la vostra...
illuminata civiltà.
Galan avverte una goccia di disprezzo in quel lago di ipocrisia:
i taani sono atei, dal loro punto di vista; e ogni incontro tra le due culture
è un’occasione, ai loro occhi, di portare su Taa la “buona novella”. Ma ormai l’agnosticismo si è diffuso nella galassia più
velocemente della Peste. Che quest’ultima sia un... castigo
divino?
- Grazie. Sono venuto qui proprio per chiedere
la Sua collaborazione nella sconfitta della Peste.
- Certamente un castigo divino per l’infedeltà – fa eco ai suoi stessi pensieri
– ma sarebbe peccato arrendersi.
- Infatti – gli dà corda l’uomo – mi chiedevo se Lei avesse i mezzi per
contrastare l’epidemia.
- Se li avessi, pensa che non li sfrutterei?
- Sbaglio a immaginare che non userebbe uno strumento del Maligno per sventare
la minaccia?
- Non capisco a cosa si riferisca!
E’ sincero, realizza Galan. Deve
concentrarsi, amplificare le sue percezioni extrasensoriali per entrare in
sintonia con una mentalità tanto diversa; deve parlare in termini a lui
familiari.
- Ho ragione di credere che la Peste sia causata dagli
Arcani.
- Oh, mi fa piacere trovarci d’accordo, Galan!
- Io lo affermo da un punto di vista scientifico, Lei per un dogma di fede.
Nella religione sciaulina, gli Arcani
sono essenzialmente demoni, emissari del Maligno, pronti a manipolare le
creature di Dio e ad ingannarle. Ovvio che la posizione ufficiale della Chiesa
scarichi su di loro l’attuale pandemia.
- I due aspetti sono complementari.
- Come preferisce. Il punto è un altro: l’Ipercubo Cosmico potrebbe salvarci.
- Cosa dice?! L’Ipercubo è la
quintessenza delle tentazioni, il suo uso costituirebbe peccato mortale!
E’ la madre di tutte le false illusioni degli Arcani!
- Appunto! Neanch’io sono convinto della sua esistenza, come può immaginare. Ma
se esiste, la mia convinzione è che questa Chiesa la custodisca, per impedire
che cada nelle mani sbagliate.
- No!
- Ne è sicuro? Io rispetto la vostra cultura – mente
Galan – ma Lei sa che non credo nel vostro Dio, né nel Maligno. Sono un
peccatore, quindi se mi affidaste l’Ipercubo per risolvere la crisi, non baderei alla conseguente dannazione e...
- No! Uno strumento del genere sarebbe inutile; combattere il Male con le sue
stesse armi...
- A volte si rivela una valida strategia.
- Non glielo permetterei. Ma, in ogni caso, non so se
l’Ipercubo esiste. Tantomeno è conservato dalla Santa Chiesa! – conclude indignato il Papa.
Il sangue corre al cervello di Galan, quando con rabbia si rende conto che lo sciaulano non mente. Ma non si arrende,
deve giocare sulle lusinghe.
- Mi dica dove possa indagare sulla sua esistenza. La
sua Chiesa detiene una conoscenza in campo soprannaturale che Taa non può
lontanamente concepire.
Colpito nel segno, il Papa rimugina per qualche secondo quadro, poi decide di
dare una possibilità. Se Sciaul cade, su chi regnerà?
- Sinsiti è un pianeta di peccatori, dove c’è una colonia di infedeli
ed eretici fuggiti da Sciaul. Lì potrebbe trovare pane per i suoi denti.
Galan è deluso: a quella soluzione così ovvia sarebbe giunto con le sue gambe.
Si congeda in fretta, non può perdere altro tempo:
- Grazie infinite per la sua disponibilità, Sua Santità. Prego perché la Peste
possa essere sconfitta e possa avere occasione di incontrarla ancora.
Ha la testa in fiamme, sta
sforzando troppo il suo sistema nervoso, per parlare un’altra lingua, per
entrare in empatia con gli altri, per camminare trasversalmente nel tempo e
rallentare l’ineluttabile fine. Per fortuna può programmare il pilota
dell’astronave perché lo porti a destinazione.
Con il viaggio iperspaziale, ha qualche minuto quadro per far riposare il
cervello.
Pianeta Sinsiti.
Qui la situazione è diversa. Regna
l’anarchia, non c’è un leader assoluto a cui rivolgersi. E’ come trovare
un ago in un pagliaio.
E se può provare una minima forma di rispetto per la
profonda religiosità di Sciaul, l’assoluta depravazione di questo mondo non può
che suscitare pena e ribrezzo: un’accozzaglia di specie diverse, regredite allo
stato di barbarie per soddisfare i loro più atavici istinti.
Non c’è neanche da chiedere un’autorizzazione per entrare nell’atmosfera.
Nessun genere di controllo.
Non può far altro che atterrare sul tetto di un edificio dell’insediamento a
maggiore densità di popolazione. Avrà più probabilità di trovare qualcosa. In
fondo, nello stadio animalesco in cui versano gli abitanti, sicuramente c’è
posto per un’organizzazione archetipica in branchi,
e quindi per un capobranco a cui
rivolgersi. Solo che dovrà sforzare al massimo le sue facoltà
empatiche per entrare in sintonia con una concezione tanto diversa della vita.
Questo vorrà dire che dovrà scorrere nel principale flusso direzionale del
tempo, perdendone molto in definitiva. Spera ne valga la pena.
E’ partito da un po’, ormai, e non ha avuto occasione di togliere la sua tuta
spaziale. Non a caso, la maggior parte dei mondi sono
simili a Taa, ma non abbastanza da garantire una sana permanenza sulla loro
superficie in assenza di protezione: diverse stelle ad illuminarli, diverse
percentuali di gas nelle atmosfere, diverse gravità. Eppure,
gli Arcani sono riusciti a creare strutture biologiche fondamentalmente uguali,
ovunque... se solo potesse risolvere l’enigma che rappresentano...
- Ehi, straniero, da dove sbuchi fuori? – gli dice il primo umanoide che
incontra, alquanto socievole.
- Da Taa.
Prima che possa aggiungere altro, l’alieno sgrana il suo apparato visivo, in
segno universale di stupore. Evidentemente, non ne ha mai visto uno in vita
sua, o perlomeno nessuno su questa palla di roccia dimenticata da Dio.
- Sei qui per studio!?
- Non esattamente. Sto cercando avversari della Chiesa di Sciaul. Puoi
aiutarmi?
- C’è un locale, a qualche decina di chilometri da qui, frequentato da quella
gente!
- Potresti indicarmelo?
- E come faccio?
- Vieni con me.
- Amico, su Sinsiti non si fa niente per niente, non si aiutano gli altri senza
ricavarci qualcosa....
- Non so come ripagare la tua collaborazione. Hai poteri mentali?
- No.
- Saprai che noi taani li abbiamo. Potrei fulminarti
il cervello se solo volessi.
- Ma... non è illegale da voi....?
- Su Taa? Certo. Ma io sono venuto qui perché le
regole mi stanno strette – finge.
L’alieno si mostra perplesso, poi china il capo.
- Va bene, amico, ti accompagno!
- Qui immagino viga la legge del più forte. Mi sono adattato subito, eh? –
ironizza Galan, prendendo in braccio l’extrataano
e azionando i piccoli razzi propulsori sulle sue
caviglie.
Dopo un volo mediamente lungo, lo sconvolto alieno indica un punto, lontano
centinaia di metri in altitudine e latitudine.
- Laggiù! Credo sia laggiù! – grida spaventato.
Galan è dispiaciuto di dover essersi abbassato a tanto per ottenere
collaborazione, ma un vero scienziato si adatta alla realtà che si trova a
studiare.
Mentre il suo forzato collaboratore fugge via e mentre
lui avanza verso una struttura assimilabile ad un posto di ristorazione, Galan
avverte le centinaia di sguardi ostili su di sé, ma li ignora. Nessuno può rivaleggiare con la tecnologia di Taa, quindi nessuno è
in grado di ferirlo.
Entrato nell’edificio e guardatosi intorno con disgusto, Galan parla, conscio
che dovrà adattarsi a numerose lingue, vista l’eterogeneità degli avventori.
- Salve a tutti! Sono Galan, di Taa. Sto cercando nemici della Chiesa di
Sciaul, o Devianti, o generici cultori degli Arcani!
- Che accidenti sei venuto a fare, taano? Non è posto
per te, questo!
- Lo so, fratello – simula confidenza, per accattivarsi il pubblico – ma sto
cercando una cura per la Peste che sta infestando l’universo, e ho bisogno di aiuto.
- Nessuno vuole aiutarti, bello! – interviene qualcun altro – Da quando si sa
che l’universo è condannato, qui ci stiamo dando alla pazza gioia... più del
solito! Ah ah!
Le grasse risate degli astanti diventano assordanti, non tanto per l’intensità
del suono ma per il loro significato. Questi dannati godono all’idea che tutto stia per finire, non hanno più niente a cui pensare, se non sballarsi in ogni modo concepibile e
gustarsi ogni attimo che resta loro. Cosa sperava di
trovare qui? Deve tentare un’altra carta.
- Se trovassi l’Ipercubo Cosmico, potrei sconfiggere questo male e permettervi
di gozzovigliare per il resto dei vostri giorni... più tempo di quelli che avete
ancora a disposizione.
- Belle parole, ma se sapessimo dove trovare l’Ipercubo, pensi che staremmo qua
a perdere tempo?!
- Hai ragione. Ma tu non sei forse di
Irpal, una pianeta recentemente caduto?
- Appunto, cosa vuoi che mi importi ormai?
- Con l’Ipercubo potrei riparare tutti i danni...
- Se siamo venuti qui, è perché non ci frega di cosa succede sui nostri mondi
natale.
Non c’è storia, conclude
Galan. La sua ricerca si arresta qui, a meno che non stimoli tutte le sue
atrofizzate capacità mentali per sondare la psiche
collettiva di tutto il pianeta.
Ma, implicazioni morali a parte, lo
sforzo potrebbe ucciderlo.
La provvidenza sembra dalla sua parte, perché mentre sta per azionare
i suoi razzi, una mano lo ferma.
- Galan!
- Chi sei?
- Io ero uno sciaulano... e ho paura.
- Tutti l’abbiamo.
- Sì, ma... io ho capito che Dio esiste. E se il Giudizio Finale è così vicino,
verrò condannato per i miei peccati. Non voglio che
succeda! Avrei voluto tornare a casa per espiare, ma è
così difficile fuggire da Sinsiti...
- Capisco, ma puoi aiutarmi nella mia ricerca?
- No, ma qualcuno può farlo. Su Forsinner, a migliaia di anni
luce da qui, c’è una sapiente che tutto può vedere. Di sicuro lei sa dov’è
l’Ipercubo.
- Sei sicuro di quello che dici?
- Riferisco solo quello che si sa!
Galan ci pensa un attimo. Quel mondo è lontano, ma non è un problema. E sa, dai
suoi studi, che la sua popolazione ha spiccati poteri
mentali. La leggenda intergalattica potrebbe avere un fondamento.
- Grazie, ignoto amico. Se la tua informazione dovesse
rivelarsi esatta, avrai contributo alla salvezza del cosmo e ti sarai
guadagnato la redenzione.
- Aspetta, non andartene! Portami con te!
- Se avrò successo, userò l’Ipercubo per riportarti a
casa. Se fallirò, è meglio che tu ti goda gli ultimi istanti
– sentenzia Galan, con crudele logica.
Se avesse ghiandole lacrimali, l’alieno piangerebbe.
Pianeta Forsinner.
Vorrebbe chiedere indicazioni a qualcuno... ma non conosce la negromanzia e non può far parlare i cadaveri.
Sono tutti morti, su questo pianeta, falcidiati dalla pestilenza cosmica. Galan
non si dà per vinto e attiva i sistemi della sua nave per ricercare qualche
essere moribondo, ma ancora in grado di parlare. Trovare la Veggente è la sua
ultima spiaggia.
Dopo lunghi minuti quadri, arriva un segnale positivo
e il velivolo atterra, all’apertura di una grossa cavità nel terreno. Bardato
più che mai nel suo scafandro, Galan scende con le sue stesse gambe e si
approfonda con circospezione.
- C’è nessuno? – domanda nel buio, verso un ignoto destinatario.
Un rantolo è l’unica risposta, ma non gli serve altro per localizzare la fonte.
Con pronti riflessi, Galan raccoglie la creatura umanoide e corre verso la sua
navicella, per riparare dall’atmosfera intossicata dalle radiazioni. Chiusi i
portelloni, il nativo di Forsinner sembra riprendersi per un attimo,
accasciandosi su un sedile.
- D-dove sono? – dice nella sua lingua, ma viene
ascoltato, e avrà una risposta comprensibile.
- Sono Galan, di Taa. Ho bisogno di sapere dove si trova la Veggente, sto
cercando una cura per questa Peste.
- Ormai... sono tutti morti...
- Posso salvare ancora molte civiltà! – si inalbera
Galan, scuotendo l’umanoide. Non ha tempo per questi giochetti. E’ tempo di
crisi, quindi anche di mettere da parte le futili limitazioni della sua
cultura.
Con un impulso concentrato, lo scienziato scandaglia la psiche aliena della
creatura, cercando l’informazione. Con successo.
Purtroppo la violazione mentale è il colpo di grazia per il forsinner.
Galan non ha tempo per i sensi di colpa, il tempo sta
diventando sempre più lineare e ha poco “spazio” di manovra.
Il suo unico pensiero è: la Veggente sarà ancora viva? Da
quello che ha appena appreso, dovrebbe vivere in un recondito recesso scavato
nella crosta del pianeta e questo potrebbe averla protetta dall’epidemia...
Raggiunta la locazione, Galan si impegna
nell’oscurità. Entrando nella grotta, sente una strana
atmosfera, la stessa che si respira negli antichissimi luoghi di culto presenti
in qualsiasi pianeta.
Un’aria sacra di spiritualità.
Ha un tuffo al cuore quando avverte la presenza di un’altra mente. Un cervello
in attività, potente come non ne ha mai sentiti.
- Veggente, è qui? Sta bene? Può aiutarmi?
- Io sono Verità, Galan, e posso aiutarti solo a rassegnarti – compare la creatura,
bardata in un mantello che nasconde gli effetti della malattia.
Il traduttore universale, associato ai poteri mentali dei taani, fa il suo
lavoro e sebbene alle orecchie di Galan giunga la parola “Saigé” come nome
dichiarato dalla creatura, il suo senso profondo è ciò che giunge ai suoi
centri nervosi.
- Rassegnarmi?
- Sulla tua ricerca. Anche se trovassi l’Ipercubo, esso non potrebbe
rivaleggiare contro l’istinto di sopravvivenza di tutti gli Arcani.
- Allora esiste!
- Mi stai ascoltando? Desisti.
- Perché mi dici questo? Non ci conosciamo... capisco solo che non hai a cuore
il futuro del cosmo!
- Vieni qui, Galan.
L’uomo annuisce e si avvicina a Saygé, che nel frattempo si sta chinando su una
piccola pozzanghera, scarsamente illuminata da un piccolo fuoco. Con un gesto
della mano, la veggente intorbidisce l’acqua.
Galan, chinatosi, riesce ad intravedervi due imponenti creature dal doppio
volto, unite tra loro per la schiena, come gemelli siamesi.
- Godi di questa vista riservata a pochi mortali eletti.
Questo è Universo, l’incarnazione del
creato. Come puoi vedere, ha un duplice natura: da un
lato Vitamorte, incarnazione dei
concetti opposti, dall’ordine al caos, e Spaziotempo,
incarnazione dei concetti complementari.
- Cosa mi stai facendo vedere? E’ un’antica leggenda?
- Il fatto che la scienza del tuo pianeta abbia ignorato la ricerca metafisica
non significa che non ci siano livelli superiori,
Galan! Universo esiste ed è l’araldo dell’Entità Suprema, che ha delegato ad Esso la gestione del creato che incarna.
- E’... incredibile...! – arretra Galan, resosi improvvisamente conto di
osservare la rappresentazione più vicina al volto di Dio.
- Ebbene, gli Arcani hanno proliferato e hanno raggiunto un numero
incalcolabile per i tuoi standard. Sono le più nobili forme di vita del cosmo e
ciò ha fatto pendere pericolosamente la bilancia a favore dell’ordine, della
Vita.
Galan guarda con orrore la contrazione di dolore del volto antropomorfo di -morte. E, subito dopo, quello di -tempo.
- Che succede al tempo?
- Per mantenere l’equilibrio cosmico, -morte sta usurpando –tempo, che si
contrae su se stesso. Ma il circolo vizioso non
può perdurare, così Universo morirà e collasserà su se stesso.
- No! La... l’Entità Suprema dovrebbe impedirlo!!
- Perché dovrebbe? Ha fatto il suo esperimento, ed è fallito. Ma ricomincerà, non temere. Dalle ceneri di questo, si
formeranno due universi, con regole
diverse. In uno, il cosmo sarà regnato da una genia
caotica di entità, sulla strada dell’anarchia. Nell’altro, l’universo avrà una gerarchia
ordinata, in cui ogni concetto avrà la sua giusta rappresentazione univoca, e
gli opposti e i complementari, come entità a se
stanti, potranno vegliare gli uni sugli altri per garantire l’equilibrio
cosmico. Per evitare ciò che sta succedendo adesso.
- Ma... come può l’universo più caotico
sopravvivere a lungo?
- La scienza di Taa ha sviluppato millenni fa la Teoria del Caos, no?
- Sì, ma...
- Potrebbero funzionare entrambi i sistemi, o nessuno dei due, o uno potrebbe
prevalere sull’altro. Nemmeno io posso saperlo e nemmeno l’Entità
Suprema ne è consapevole, altrimenti non tenterebbe.
- Se un’Entità del genere esiste, dovrebbe essere onnisciente e sapere a priori
cosa è giusto e cosa è sbagliato.
- Proprio perché è al di là di questi schemi limitati, non concepisce il giusto
e lo sbagliato, il bene e il male. La nascita e la morte di un universo sono
concetti equivalenti, per Essa. Chi
stabilisce come dev’essere un universo perfetto?
- Terribile. Per un esperimento di una divinità capricciosa, l’universo
finirà!
- Solo per rinascere, duplice. Vorrei poterti dire altro sul tuo destino,
eletto, ma ho parlato troppo, la Peste mi sta colpendo
e gli angeli di –morte stanno venendo a prendermi.
- Come...?
- Torna a casa, Galan, e prendi la decisione più ovvia.
Inquieto come mai nella sua centennale esistenza, lo scienziato fa tacere le
sue ulteriori domande e fugge via, spaventato. Avrebbe
voluto chiedere dei segreti degli Arcani, o perché ha parlato di “destino” ed
“eletto”... ma in fondo, Saygé potrebbe essere folle, un idiot savant... perché sente invece che ha detto la pura e semplice
verità?
Continua...