Starbrand
#2
Cosa posso fare ?
Mi chiamo Keith Connell e penso di essere l’uomo più sfortunato sul pianeta. Nell’ordine: ho perso il lavoro, la mia ragazza mi ha lasciato, la mia moto è mezza rovinata, la camera da letto sembra reduce da un uragano, mi hanno rubato i pochi soldi che avevo, e mi sono quasi rotto una mano.
Senza contare che ho iniziato a sentire le voci, che ho le allucinazioni (o dei super-poteri, a voi la scelta di cosa sia peggio) e soprattutto ho uno stramaledetto tatuaggio sulla mano destra che ha rovinato quel poco di vita che non mi ero già rovinato da solo. Tutto questo, prima ancora di prendere il caffè… già, perché non sono nemmeno riuscito a dormire.
Sono le otto di sabato mattina, e a Pittsburgh c’è un gran bel temporale in piena regola. Che fare quando tutta la tua vita va a rotoli e non sei decisamente in vena di guardare la televisione ? Parli con qualcuno. E se pensi di essere impazzito, c’è una sola persona da chiamare: il tuo psicanalista. Anche se vive a New York.
-Myron Feldman, desidera ?
-Pronto ? Sono io, Myron.
-Keith, per l’ennesima volta… non hai nessun super-potere, anche se la tua capacità di farmi innervosire è quasi super-umana.
-Andiamo, il mondo è pieno di gente che vola e non posso convincerti di aver volato ?
-Keith,
vivo a
-Allora secondo te ho immaginato tutto ?
-Può darsi. Ho avuto un paio di pazienti mutanti, e posso dirti che se sei veramente un mutante hai il potere più strano mai sentito.
-Ascolta, io so come ho ricevuto il potere. Il disegno, ricordi ? Quello che ha perso lo scienziato, e di cui parlava il mio sogno.
-Ah sì, il sogno. Su di te che incontri Reagan ed esplodi come una bomba atomica. Ti dirò che è il sogno non a sfondo sessuale più bizzarro che abbia mai ascoltato.
-Se era solo un sogno, come ho fatto a distruggere la mia camera da letto ?
-Mutazione isterica.
-Uh ?
-E’ un disturbo in crescita ultimamente. In un mondo dove i mutanti sono sulla copertina di Life e veniamo invasi da marziani e demoni, veniamo bombardati dal concetto che solo i super-esseri siano importanti. Così, chi soffre di questo disturbo crede di avere dei poteri, per dare un senso alla propria vita. So di un tizio che credeva di essere invulnerabile. Arrivò a spararsi con una pistola giocattolo giurando che fosse vera, a spaccare finestre dicendo che erano muri di cemento armato, ed era sicurissimo di non vedere il sangue sulle sue mani.
-Ma io non-
-Dici di aver sollevato il letto con una sola mano e di aver mezzo distrutto la stanza, ma puoi benissimo averlo rovesciato normalmente. Guarda un po’ da quanti chili sono i tuoi pesi, e poi pensa a quanto può pesare un letto. Hai solo esagerato le cose per auto-suggestione, tutto qui.
-E che devo fare per guarire ?
-Non è esattamente il mio campo, ma dovresti trovare le cose positive nella tua vita e convincerti di non aver bisogno di essere un super-eroe.
-Non è il periodo migliore per cercare i lati positivi della mia vita, Myron, credimi…
-Ti conosco, Keith, diresti una cosa del genere in qualsiasi situazione.
-Ascolta, c’è una cosa qualunque che possa dirti per convincerti che ho veramente dei poteri ?
-Sì. Dimmi che sei assolutamente sicuro di averli, oltre ogni ragionevole dubbio.
-Uh…
-Lo immaginavo. Senti, se vuoi posso consigliarti un collega a Pitts-
Se non gli facesse male la mano, avrebbe distrutto il telefono riappendendolo con forza. Anche senza Starbrand.
-Dannazione, se avessi i soldi andrei subito a New York per buttar giù tutti i muri del suo studio. Sempre che…possa farlo davvero…
Il calore sulla mano c’è ancora, e sta lentamente imparando ad “accenderlo” e “spegnerlo” a comando. Quando è “acceso” può muovere tranquillamente la mano, mentre quando lo “spegne” ritorna a fargli male come prima.
-Autosuggestione ? Beh, posso anche credere che la mia mente minimizzi il dolore alla mano, ma il pugno che ho dato al muro era fin troppo reale. Posso non essere la persona più sana di mente del paese, ma non fino a quel punto. Come faccio a sapere se sono veramente super-forte ? Ehi, mi viene in mente un film che ho visto una volta…
Mezz’ora dopo, Keith sta sollevando con una mano sola tutti i suoi pesi, tenuti precariamente insieme da tutto il nastro adesivo disponibile, alle cui estremità ha appeso un paio di cerchioni (in assenza di barattoli di vernice).
Abbassa tutto quanto lentamente, non perché sia faticoso, ma perché lasciando cadere tutto rischierebbe di sfondare il pavimento. Poi si massaggia la mano che, a potere spento, fa più male di prima.
-Cavolo, almeno Bruce Willis faceva fatica a sollevare tutto quel peso. Saranno stati…ho perso il conto… centocinquanta chili ? Senza sudare, con una mano sola che per giunta fa un male cane. Wow…
Prende di nuovo in mano uno dei pesi, stavolta stringendolo con tutta la forza che ha. Il calore che circonda la sua mano è rilassante, e la sensazione è indescrivibile, come se il mondo fosse di nebbia. Perso nell’analisi della sensazione, quasi non si accorge dei due lati del peso che cadono a terra.
Apre la mano e si accorge di stringere soltanto metallo fuso, adesso. Ed è certo che non sia un’allucinazione, mentre usa la sinistra per togliere il materiale appiccicoso e incandescente dal palmo.
-Sì, questa decisamente non è un’allucinazione.
Nell’ora successiva, nel tentativo di non pensare all’essere praticamente sul lastrico, Keith fa di tutto per assicurarsi di essere sano di mente. E dopo avere piegato tutti gli oggetti di metallo che è riuscito a trovare, aver sollevato la moto con un dito, ed aver cercato inutilmente di ferirsi con forbici, coltelli e qualunque altro oggetto acuminato, si è convinto di aver ricevuto di più di un tatuaggio istantaneo.
-Mi chiedo cos’altro posso fare…
Mezzogiorno.
“Incredibile ! Ho corso per tre ore di fila e non sono neanche stanco !” pensa osservando parti della periferia di Pittsburgh che non vede da una vita, cercando di individuare punti familiari sotto la pesante pioggia.
“Funziona esattamente come la forza e l’invulnerabilità… quando penso di non essere stanco non sento neanche le gambe. Chissà se posso andare più veloce di così !”
Come se finora avesse solo zoppicato, inizia a correre sul serio, mettendo forza nelle gambe anche se non le sente. E’ sufficiente concentrarsi sull’orizzonte, sulla fine della strada o qualunque altra meta, e pensare di arrivarci in un secondo. Dopo aver superato tutte le macchine in vista, prima che diventassero linee in movimento come tutto quello su cui si posano i suoi occhi, Keith smette di pensare alla corsa, accelerando ancora.
“WOW ! Sembra di andare a trecento all’ora ! E non mi sto neanche sforzando ! Questo Starbrand è il massimo !!!”
Sfortunatamente, distrarsi a fissare un tatuaggio non è particolarmente indicato quando si viaggia a quella velocità, specialmente in vista di una curva. Il guardrail si piega come carta all’impatto con un corpo indistruttibile, e Keith non sente più la terra sotto i piedi.
Chiude gli occhi e si prepara ad un volo di almeno dieci metri…ma l’impatto non arriva, mostrandogli un volo di tutt’altra natura.
“Sto…sto volando ! Non è possibileeeeee ! Cazzo !”
Tornato ad essere più pesante dell’aria, la caduta è inevitabile. Con tutta l’inerzia accumulata, Keith ruzzola per diversi metri prima di fermarsi. Gli gira leggermente la testa e la tuta ha decisamente visto giorni migliori, ma non ha un solo graffio.
-Ho volato…ho volato davvero ! Solo quando ho pensato che fosse impossibile sono caduto...
Riparandosi dalla pioggia sotto un albero, Keith si accerta di poter accendere ancora il potere. Ne ha la conferma scuotendo un albero sfiorandolo solamente con un dito.
“Probabilmente sono invulnerabile e tutto il resto quando sono concentrato, quando penso di esserlo… Ora che ci penso, quando mi sono fatto male alla mano ero così arrabbiato da non pensarci, mentre quando ho quasi distrutto il muro stavo pensando al fatto che il potere fosse reale. Finché resto calmo, concentrato e lascio che il calore si espanda in tutto il corpo, posso usare il potere. Quindi se mi concentro posso volare davvero…”
Si rilassa per un attimo, focalizzandosi sulle sensazioni che aveva durante il suo breve volo involontario. Ma niente da fare.
-Credo di aver volato per istinto prima, e non posso farlo a comando. Però forse posso costringermi ad agire per istinto. Sperando di rimanere tutto intero…
Lascia che il potere si concentri sulle gambe, e poi rilascia tutta la forza in un unico salto. Con sua grande sorpresa, questo lo porta ad almeno venti metri di altezza.
“Forza adesso…devo restare sospeso…sospes- uh oh”.
La gravità fa ancora il suo dovere, riportandolo a terra con violenza, che per fortuna viene subita solo dal suolo.
“Potevo farmi male sul serio. Per fortuna non ho smesso di pensare di essere invulnerabile. A meno che…non fosse questo il problema. Sapevo di non correre rischi. Se non spengo l’invulnerabilità, non posso volare…non così, almeno. E’ rischioso, ma… non voglio dare ragione a Myron, voglio essere in grado di gestire tutto questo, per essere sicuro di non essere pazzo. Oookay… un’altra volta…”
Questa volta saltare è ancora più facile, ancora di più dopo essersi assicurato di essere abbastanza lontano dalla strada. Spegne il potere mentre sta ancora salendo, e quando la spinta cessa e la gravità inizia a far sentire il suo effetto, Keith vuole disperatamente stare fermo. E così non si muove.
-Sono…sono davvero a mezz’aria ! Non è un’allucinazione ! Sto volando ! Sto volando davvero !!!
Rendendosi conto di urlare ai quattro venti la sua impresa, si ricorda anche di non amare molto le altezze, pur non soffrendo di vertigini.
“Come faccio a scendere adesso ? Calmati, se perdi la concentrazione puoi spiattellarti a terra. Ehi ! Certo ! Devo solo spegnere il potere !”
Precipitando a terra a nove virgola otto metri al secondo, Keith si rende conto di aver ancora bisogno di molta pratica. Peccato averlo capito solo dopo un altro atterraggio forzato, decisamente poco gradevole.
-Lati positivi, dice…
Le tre del pomeriggio. La pioggia non ne vuole sapere di smettere, e Keith inizia quasi a sentirla sotto i vestiti fragili, quasi anche sotto il potere che permea il suo corpo da ore. Trova la casa esattamente come l’ha lasciata, se non per un particolare.
Davanti alla porta c’è un uomo, incurante della pioggia. Keith si avvicina con cautela, temendo che in qualche modo possa sapere quello che è successo, visto che ha smesso di correre (di correre sul serio) solo a pochi metri da lui.
“Un secondo… se mi ha visto, vuol dire che non sono pazzo. A meno che non stia immaginando anche lui…no, non posso essere arrivato a tanto”.
-Mi scusi, lei chi è ?
-Oh, salve, Connell. La stavo giusto aspettando…prego, entri.
Keith non può vedere bene la sua faccia con la poca luce e la pioggia, ma non riconosce la voce. Si lascia aprire la porta, ed i due entrano in casa. Keith cerca di asciugarsi come meglio può, mentre l’altro non è minimamente bagnato.
-Sei in ritardo. Bene, non sopporto chi è in orario.
-Ci conosciamo ?
-Non ancora. Posso entrare ?
-Certo. No un momento, siamo già dentro… ehi, come hai fatto ad aprire la porta prima !?
-Segreti del mestiere. E poi, mi hai invitato tu ad entrare.
-Non è vero !
-Come no ? Lo hai appena fatto.
-Ma me lo hai chiesto una volta dentro !
-E’ un problema ?
-Ma insomma, si può sapere chi sei ?
Prende un foglietto dal taschino e lo lancia a Keith, che lo afferra con la sinistra. Poi l’estraneo si guarda intorno, come se cercasse qualcosa.
-Posto interessante, Keith. Come fai a pagartelo con quella miseria di stipendio ?
-“Desmon Logos – Life Designer” ? Che vuol dire ?
-Sono il mio nome e la mia professione, più o meno. Non è quello che di solito si scrive su un biglietto da visita ?
-Ascolta, qualunque cosa tu venda, non potevi scegliere giorno peggiore per venire qui.
-Facevi jogging sotto un temporale, veramente.
-Che vuoi ? E soprattutto chi sei ?
-Per molti, nessuno…per te, il futuro.
-Cioè ?
Keith esamina il biglietto da visita, sentendosi un idiota quando constata che è un normale pezzo di carta. Ma ha degli strani trascorsi con i pezzi di carta che sembrano perfettamente normali…
-Ehi, dove vai ? Non puoi entrare lì !
“Come se questo lo fermasse, visto come è entrato in casa…ed io l’ho lasciato fare… era come se emanasse…qualcosa, una specie di aura, come se mi trovassi in una chiesa o roba simile…”
L’intruso apre la porta della camera da letto, entrando e guardandosi attorno con la sua solita flemma. A pochi passi dal diario si allontana, spaventato… no, non è esatto: disgustato, offeso.
-Non è esattamente il metodo più ortodosso per gettare le basi per il futuro, ma in fondo ce ne sarà mai uno ?
-Di che parli… Logos ?
-Per lei sono Desmon, mister…
-Connell. Keith… ma prima mi hai chiamato per nome…
-Ovvio, mi hai appena detto come mi chiami, non sono mica sordo. Per ora te la cavi bene, non hai fatto grossi casini…ovviamente ti rendi conto che potrà solo peggiorare.
-Non capisco di cosa-
-Devo parlare al presente, già… non è facile focalizzarsi così in un solo punto, non lo faccio da troppo tempo. Ma sentimi, io che parlo del passato !
-Ma che vuoi da me !?
-Io sono il futuro, Keith, e volevo solo essere sicuro che tu non distruggessi tutto quanto quello per cui lavorer- cioè, su cui sto lavorando.
-Ma per piacere, non so neanche chi sei e non capisco una parola di quello che dici !
-Vedi, io ho tutte le risposte che ti possono servire, ma non conosco le domande. Capisci cosa voglio dire ?
-No.
-Okay, forse è troppo presto per parlarne…vado sempre troppo di fretta. Sai com’è, di solito agli dei non si danno limiti di velocità…
-Senti, esci da casa mia o chiamo il 911.
-E mostrare lo Starbrand ? No, non credo proprio.
-Come sai… ? Non eri nei miei sogni…
-Sarai tu a parlarmene.
-Quando ?
-Non lo so ancora.
-Rispondi e smettila di cambiare argomento ! Chi sei, e perché sei qui ?
-Sono qui perché sarai centrale nella storia del pianeta, Keith Connell. O forse sarai del tutto ininfluente…non so.
-E allora perché sei venuto ?
-Non me lo ricordo più, ma immagino fosse importante. Oppure no.
-E l’altra domanda ?
-Qual era ?
Keith si colpisce la fronte col palmo della mano, alzando gli occhi al cielo.
-Non so neanche perché sto qui ad ascoltarti…
-Perché sto per sollevare una domanda che non ti sei voluto porre.
-Uh ?
-Te lo leggerò in faccia. Probabilmente.
-Sei mai sicuro di qualcosa !?
-Sì. Cioè no. Voglio dire… non me lo ricordo.
-SI PUO’ SAPERE CHI SEI !?!?
-Io sono un dio, Connell, il dio del futuro. E in quanto tale, quando un mezzo fallito riceve il potere di radere al suolo l’intera superficie terrestre ho l’abitudine di preoccuparmi un po’.
Keith lo fissa, sorpreso. Passa dal sembrare un idiota ad avere una specie di saggezza nascosta, da un momento all’altro.
-Hai già rotto il muro del suono ?
Keith fa cenno di no con la testa. Oggi, la domanda non gli sembra troppo bizzarra.
-Ad una certa velocità, superi le tue stesse onde sonore. Io vivo su quella soglia, appena più veloce della vita. E’ il modo migliore in cui posso descriverti cosa sono.
-Allora stiamo freschi, visto che non ho capito.
-Non ha importanza, suppongo. O forse…
-Che cosa ci fai qui ?
-Non avevo scelta. E’ lo Starbrand. Attira guai e stranezze più di qualunque cosa conosca. O quasi.
-Non sei un granché come dio, vero ?
-Può darsi. Non lo so ancora.
-Okay, ora ne ho abbastanza. Vai a rompere le scatole a qualcun altro.
Lo prende per un braccio e lo trascina verso la porta, sbattendolo fuori.
-Aspetta ! Devi decidere cosa fare con il tuo potere, Connell. E’ troppo grande per sprecarlo.
-Come se potessi farci chissà che cosa…
-Ti faccio solo una domanda, Connell: sei sicuro che il tuo potere abbia dei limiti ?
Keith spalanca gli occhi, come se si fosse trovato davanti ad una domanda evidente. Glielo si legge in faccia.
-Pensaci. Ci vediamo domani…forse.
-Logos, aspetta !
Keith esce di casa, non vedendo più nessuno. E’ scomparso appena si è distratto. Richiude la porta, rendendosi conto che la mano non gli fa più male, anche se non ha “acceso” niente.
-Il potere deve avermi guarito, immagino.
Soltanto ora si accorge di aver tenuto il biglietto da visita nella mano dolorante, per tutta la conversazione.
-Ma il mio…o il suo ?
A qualche chilometro di distanza, un uomo cammina lungo una piccola strada, completamente indifferente alla pioggia e ai vestiti inzuppati. La luce dei fari che adesso lo illuminano non gli dà fastidio, anche se si spazientisce al suono della sirena.
“Perché dovevano mandare proprio me in un posto così rumoroso !? Sempre a me i lavori stupidi…”
-C’è qualche problema ? – chiede l’agente, visibilmente assonnato, abbassando il finestrino.
-No – risponde l’uomo in giacca marrone, continuando a camminare.
Poco convinto, l’agente scende dal veicolo aprendo l’ombrello, e si avvicina.
-Le serve un passaggio ?
-No.
-Forza, la porto in città… - l’agente appoggia una mano sulla spalla dell’uomo, probabilmente ubriaco, sicuramente con qualcosa da nascondere.
-Provaci un’altra volta e – inizia a reagire, lasciando perdere quando nota quello che l’agente ha in mano – Cos’è quello ?
-Cosa ?
-Quel…congegno.
-E’ un ombrello.
-Una specie di arma ?
-Amico, hai decisamente bisogno di una bella tazza di caffè nero e-
-Ti ho chiesto – lo interrompe l’uomo quasi digrignando i denti e afferrando il polso dell’agente – cos’è questo.
-Serve…a non bagnarsi…
-Ma davvero ?
Il fianco destro dell’agente esplode insieme alla pistola che teneva nella cintura, facendolo urlare per il dolore spaventoso. Mentre crolla a terra, l’uomo gli strappa via l’ombrello, esaminandolo come se non ne avesse mai visto uno in vita sua.
-Allora lo prendo io, se non ti dispiace.
Si allontana con passi lenti e calibrati, affascinato come un bambino dal nuovo giocattolo. Ma dopo pochi metri, l’agente inizia ad urlare di fare qualcosa per aiutarlo. Cerca di ignorarlo, ma le urla si fanno sempre più forti.
Ad un sospiro, l’auto esplode producendo un incendio in miniatura che nemmeno la pioggia incessante riesce a placare. Le urla, però, sono finite.
-Detesto il rumore.
Dopo aver pranzato ed aver tentato di riparare il letto, Keith decide di non poter aspettare ancora per rispondere alla domanda di Desmon. Soprattutto perché non ha nulla di meglio da fare…
Un’altra corsetta a trecento all’ora, questa volta facendo molta più attenzione alla strada, si dirige a nord. All’autostrada più vicina e rettilinea possibile, porta il suo potere al massimo, solo per vedere che effetto fa e scoprire qual è la sua velocità massima. Quando decide di fermarsi ha già attraversato tutto lo stato in pochi minuti, e riconosciuto il bosco dove si avventurava in moto fino a un paio di anni prima ha la certezza di aver trovato il posto perfetto per allenarsi.
“Ancora un po’ più veloce e rompevo il muro del suono ! Ora che ci penso, potevo anche esercitarmi con il volo, ma non mi piaceva molto l’idea… Ehi, mi chiedo come mai le scarpe siano ancora intatte”
Si riposa per qualche secondo, rendendosi conto di non essere veramente stanco…gli sembrava solo naturale esserlo, dopo una corsa del genere.
-Okay…ora che faccio ? Non riesco a credere di aver ottenuto questo potere solo stanotte, ed essermi già abituato fino a questo punto. Vorrei che questo coso avesse le istruzioni. A meno che non mi stia già mostrando tutto quanto… No, Connell, questo è troppo pazzesco anche per la situazione attuale. Allooora… cosa sono riuscito a fare fino ad adesso ? Sollevare grossi pesi, restare sospeso in aria, correre a velocità pazzesche… l’ultima cosa l’ho già testata sul campo. Qui ho abbastanza pesi da sollevare, e non c’è nessuno nel raggio di miglia normalmente, quindi posso anche provare il resto. Si va…”
La prima cosa che vuole ritentare è il volo: ha solamente assaggiato la sensazione. Un paio di tentativi di decollare spontaneamente vanno a vuoto, quindi resta solo il metodo assodato: saltare molto in alto e restare fermi, il resto verrà dopo.
Concentra il potere sulle gambe, provando a quantificarlo. Cresce fino a un certo livello, poi la differenza è impercettibile. Deve essere il limite massimo. Ma meglio non iniziare con la parte più difficile, c’è tutto il tempo per fare le cose con calma.
Trovata la giusta dose, il potere viene rilasciato dai muscoli… e la prima cosa che sente è una corrente fortissima che cerca di spingerlo a terra, impedendogli di salire. Dura per qualche secondo, poi il suo stomaco si ribella costringendolo ad aprire gli occhi, nel bel mezzo di una nuvola.
La salita è terminata, ora la gravità lo reclama facendolo tornare giù.
“Dove cazzo sono finito, nella stratosfera !? Devo fermarmi !!! Devo…restare…fermo…”
La discesa rallenta sempre di più, fino a cessare completamente lasciandolo sospeso a mezz’aria, ad osservare il panorama mozzafiato e a sentire il suo ritmo cardiaco scendere dal rischio di iperventilazione a livelli accettabili.
“Calma…calma…non farti…venire un infarto… sei solo a qualche… migliaio di chilometri di altezza… niente di cui preoccuparsi…”
Quando anche il suo corpo riceve il messaggio, e gli effetti dello shock improvviso si calmano, prova a smettere di pensare al volo. Adesso controllare questo potere è più semplice, l’istinto non sembra essere più necessario. Prova qualche limitata acrobazia, tenendo presente le condizioni attuali del suo stomaco.
“Non ero neanche lontanamente al massimo. Se ce l’avessi messa tutta, chissà dove sarei arrivato… nello spazio, forse ? L’idea non mi attira particolarmente, non sono per niente sicuro di poter tornare indietro dopo”
Con una cautela accessibile solo a chi è terrorizzato, Keith scende a terra, muovendosi a scatti. Tutte quelle discese improvvise danno il colpo di grazia al suo pranzo, che viene vomitato una volta a terra.
-Quanto bisogna essere forti per saltare così in alto senza neanche sforzarsi ? Sarà meglio controllare la mia forza, o farò saltare in aria la casa schioccando le dita…
Con un po’ di ricerca, non è difficile trovare un masso abbastanza grande. Keith lo solleva con due braccia, senza sforzo. Poi con una mano sola. Poi lo lancia in aria e lo afferra di nuovo, diverse volte, come una pallina da tennis estremamente pesante. Infine lo lancia a qualche metro di distanza, in modo abbastanza sgraziato. La roccia fa un rumore orrendo quando colpisce il suolo.
-Non sembra esserci differenza tra la forza che posso incanalare nelle braccia e nelle gambe. Ma non penso sarebbe una grande idea usare lo stesso sistema di prima. Peccato non ci sia niente di più pesante da sollevare, qui…
Quasi a confermare la propria prima impressione, Keith sradica un albero nel tentativo di capire se sia più pesante del masso. Sfortunatamente, come non sentiva il peso della roccia non sente il peso del legno. Lo scaglia lontano come un giavellotto troppo cresciuto, ottenendo lo stesso effetto di prima, solo ancora più rumoroso. Abbattere alberi con la versione casalinga di un colpo di karate è uguale, la fatica è praticamente zero.
Ci vogliono quindici minuti buoni per trovare un masso paragonabile a quello di prima.
-Allora, sollevare pesi non è molto indicativo, a quanto sembra. Ma ci sono molti tipi di forza bruta.
Un pugno manda completamente in frantumi la roccia, scagliandone piccole e grosse parti su diversi metri quadri. Inutile dire che non solo il pugno non ha avuto nessuna resistenza, ma che la roccia è rimbalzata sopra pelle e vestiti come se fosse polistirolo.
-Neanche così funziona. Ci vorrebbe qualcosa di veramente grosso da colpire, qualcosa che non vada a pezzi… Ah ! Non è molto indicativo, forse, ma posso sempre provare a fare una cosa…
Si china a terra, misurando la distanza dal braccio al terreno, mettendosi in posizione giusta per colpirlo. Dopo aver provato il movimento un paio di volte, ed aver regolato il potere a metà del massimo, a quanto può capire, si decide. Chiude gli occhi e sferra il colpo.
Diversi chili di terra gli schizzano in faccia, fino a sommarsi all’onda d’urto e a farlo sbalzare all’indietro di due metri buoni. Il terreno sotto le sue gambe frana, frantumandosi in una miriade di sassolini. Perde l’equilibrio e ruzzola giù, sentendo sulla pelle lo spostamento d’aria che sta scuotendo le foglie degli alberi e rompendo qualche giovane ramo. Con una mano riesce a fare presa dietro di sé e a fermarsi, venendo assalito dalla piccola frana, aiutata dalla leggera pendenza.
Il frastuono è tremendo, e non sa se a tremare è la terra o le sue gambe. Un albero gli cade addosso, spezzandosi quando incontra il suo braccio.
Spostare il grosso tronco è facile, mentre recuperare l’equilibrio è un compito più complesso. Solo quando può stare in piedi senza doversi preoccupare di cadere da un momento all’altro, si guarda intorno. Tutto il terreno è andato in pezzi, e ci sono due vistose crepe che procedono zigzagando fino a dove gli alberi sono rimasti intatti. Non è facile giudicare le distanze in queste condizioni, ma di sicuro l’area interessata arriva quasi fino all’orizzonte. Lungo la collina cadono ancora piccoli sassi, evidenziando il piccolo sentiero di distruzione.
Keith osserva sbalordito gli effetti del pugno, respingendo all’istante il pensiero di una simile forza scatenata in un centro abitato. E solo ora si ricorda di aver regolato il potere alla metà… anzi, ricorda di essersi persino limitato. E le gambe tremano ancora, prima di essere inondate di potere e di muoversi nuovamente a grande velocità, per tornare a casa il più in fretta possibile.
Venti minuti dopo, viene indetta una riunione per analizzare i dati e valutare l’intensità del terremoto. Trenta minuti dopo, la magnitudine viene stimata 5.7 nella scala Richter. Un’ora dopo, la sede di Lemoyne riceve l’intera documentazione. In trentacinque minuti si ottengono le prove del fatto che l’epicentro era a profondità zero e che tutta la forza del sisma era concentrata in un punto solo. Un’ora dopo viene escluso anche l’ultimo fenomeno naturale che possa essere stato la causa.
Tre ore dopo a Reston, Virginia, il Direttore dell’USGS informa il Vice Direttore Regionale dello S.H.I.E.L.D. Dieci minuti dopo, nella sede principale del Federal Bureau of Superhuman Affairs viene aperto un fascicolo.
A otto ore dalla scossa. Newark, Pennsylvania. L’Agente Speciale Simmons viene svegliato dal suono del telefono…
Casa. Il telefono è staccato, e piove troppo forte perché arrivi qualche altro rompiscatole. Eppure, Keith non fa altro che controllare ogni minimo rumore, sobbalzando ad ogni spiffero. Davanti a lui, sull’agenda ancora aperta, l’ultima delle annotazioni.
Diario
Sabato
Stanotte,
ho sognato un uomo uguale a me, che ha ricevuto il potere ed è impazzito per
gestirlo. Ora ho io quel
potere, in qualche modo. Stento a credere che possa essere venuto dal foglio, o
persino dai sogni, ma ormai posso permettermi di pensare a cose impossibili. Ho
lo Starbrand, l’arma più temibile dell’universo. Non
ero sicuro che lo fosse veramente, ma inizio a pensare che ci sia un fondo di verità in quei sogni. Posso correre più
veloce di qualsiasi macchina, senza stancarmi. Posso
saltare nella stratosfera. Posso sollevare centinaia di chili, forse
tonnellate. Il più debole dei miei pugni può causare una valanga. E non
parliamo del volo, per carità.. La prima cosa che ho
fatto con questo potere è giocare, capire fin dove potessi arrivare. Ho
raggiunto la prima tappa e sono già terrorizzato. Oggi mi ha anche fatto visita
un pazzo che si crede un dio, ma ha detto una cosa giusta: sono un mezzo
fallito, con un grande potere. Ma
non ho idea di cosa ne derivi. Non riesco nemmeno a gestire
le cose più banali della mia vita, non voglio incasinare anche le cose
importanti. I sogni mi hanno mostrato quanto può essere pericoloso questo
potere, così sono giunto a una conclusione: l’unico
modo giusto per usare un potere enorme è non usarlo. Come con le testate
nucleari. Domani mi cercherò un nuovo lavoro, e dimenticherò tutto quello che
mi è successo oggi. Ho deciso di non usare mai più il potere. Insomma, quanto
sarà difficile ? Sono un maestro, nel non fare le
cose.
Bene: mi sono
divertito
Male: credo di non
poterlo più fare
Resoconto: giornata iniziata male, continuata così così, e mandata all’aria alla fine. A parte i super-poteri, esattamente come tutti gli altri giorni degli ultimi anni. ODIO LA MIA VITA !
Notte. Janet Bloomberg sta lottando col sonno, cercando di restare sveglia ascoltando la radio, tamburellando a casaccio le note sul bancone della reception, come un maestro degli eufemismi definirebbe quell’angolo dietro un bancone in legno logorato dall’età. Cerca di usare le poche energie rimaste per migliorare la sintonia, ma niente da fare. Dopo una manciata di secondi, il walkman non dà più segni di vita. Proprio mentre si sta togliendo gli auricolari, un uomo che indossa un cappotto marrone entra e si avvicina.
-Voglio una stanza.
-Io invece vorrei una notte con Brad Pitt, ma me la sogno.
-Voglio una stanza – ripete con una leggera smorfia.
-Ce li hai i soldi, bello ?
-Cosa sareb- la sua domanda viene interrotta dall’incessante suono del cellulare.
-Un attimo. Powder. Sì, l’ho sentito anch’io… Lo so, lo so, sta bruciando le tappe, lo so. Ancora con la tua fissazione sulla segretezza, o posso… Okay, okay, il capo sei tu. Senti, quale è più urgente dei tre ? Perché pensavo… no senti, posso metterlo a tappeto con le mani legate dietro la schiena !! Va bene, ma questa me la… sì, lo so che fine fanno, non fai che ripeterlo. Ascolta, se vuoi un lavoro fatto bene, mi ci vuole del tempo. No, non così tanto… senti, vedo come procede e ti richiamo, okay ? Okay, passo e chiudo.
Janet lo guarda con impazienza mentre ripone il cellulare nella tasca interna della giacca. Quanto vorrebbe potersene andare a letto…
-Allora, visto che ti puoi permettere un telefono come quello i soldi ce li hai per forza… paghi domani mattina, così non sei nel mio turno. Mi servono un documento valido e una firma qui…
L’uomo la fissa con un mezzo sorriso ed uno sguardo che si può concedere ad una zanzara prima di schiacciarla.
-Che hai da guardare, bello ?
Ora è un sorriso completo, senza mostrare un solo dente. Si avvicina fino ad una trentina di centimetri dalla sua faccia, lasciandosi scappare una sola parola.
-Muori.
Janet sente una fitta al petto, vorrebbe portarsi una mano sul cuore ma la testa le gira troppo. Cade sul bancone, facendo cadere a terra il walkman. Non si muove più. L’uomo allunga un braccio fino ad afferrare una delle chiavi ancora appese, e sfiora con un dito il registro. Poi si sistema la giacca e si incammina verso le scale, salendole a passi lenti. Il walkman riprende a funzionare, senza che ci sia nessuno ad ascoltarlo. Sul bancone le fiamme che hanno consumato le pagine lasciando soltanto polvere si spengono in fretta, molto prima che il corpo di Janet sia freddo.
Notte fonda. Una collina a nord di Pittsburgh. Nessuno ha ancora posato lo sguardo sulla distruzione casuale che si è abbattuta su questo piccolo bosco. Se qualcuno lo stesse facendo, in questo momento, vedrebbe una mano rugosa fare forza sul terreno, circondata da una debolissima luminescenza.
Se qualcuno stesse guardando, vedrebbe un vecchio alzarsi in piedi, come se avesse appena compiuto uno sforzo titanico, stanco come se si fosse liberato da una prigione grande quanto il mondo, ed avesse viaggiato attraverso i corridoi ostruiti della rinascita. Se ci fosse qualcuno, ammesso che a questo punto potesse essere ancora vivo, sentirebbe la sua voce inumana pronunciare una parola carica di odio.
-Connell…
CONTINUA
Nel prossimo numero:
Ben quattro uomini
sono sulle tracce di Connell, attirati dallo Starbrand per i motivi più diversi. Il primo è Desmon Logos, il più atipico tra gli dei...