Il tempo passa velocemente, quando si è persi nel passato.
Rifugiarsi nei ricordi è un modo molto facile di evitare di prendere le proprie
responsabilità, e allo stesso tempo di non ammettere con sé stessi di
rimandare il più possibile quello che non vogliamo fare.
Il diario è ancora tra le mie mani, ma non lo sto
guardando. Non c’è scritto niente che non sia una vaga approssimazione di
quello che già so. Il diario non contiene le risposte che cerco, ma solo le
domande più scontate, e che tutti ci poniamo. Perché,
oggi come allora, come per tutta la vita, la domanda che mi assilla in questa
fredda notte è una sola.
#2
- Cosa posso fare
?
di Fabio Furlanetto
Due settimane e
quattro giorni prima
Mi chiamo Keith Connell
e penso di essere l’uomo più sfortunato sul pianeta. Nell’ordine: ho perso
il lavoro, la mia ragazza mi ha lasciato, la mia moto è mezza rovinata, la
camera da letto sembra reduce da un uragano, mi hanno rubato i pochi soldi che
avevo, e mi sono quasi rotto una mano.
Senza contare che ho iniziato a sentire le voci, che ho
le allucinazioni (o dei super-poteri, a voi la scelta di cosa sia peggio) e
soprattutto ho uno stramaledetto tatuaggio sulla mano destra che ha rovinato
quel poco di vita che non mi ero già rovinato da solo. Tutto questo, prima
ancora di prendere il caffè… già, perché non sono
nemmeno riuscito a dormire.
Sono le otto di sabato mattina, e a Pittsburgh c’è un
gran bel temporale in piena regola. Che fare quando tutta la tua vita va a
rotoli e non sei decisamente in vena di guardare la
televisione ? Parli con qualcuno. E se pensi di
essere impazzito, c’è una sola persona da chiamare: il tuo psicanalista. Anche
se vive a New York.
-Myron Feldman,
desidera ?
-Pronto ? Sono io, Myron.
-Keith, per l’ennesima volta…
non hai nessun super-potere, anche se la tua capacità di farmi innervosire è
quasi super-umana.
-Andiamo, il mondo è pieno di gente che vola e non posso
convincerti di aver volato ?
-Keith,
vivo a
New York
. Il tizio che vende hot-dog
davanti a casa mia dice di poter leggere nel
pensiero, e non si è mai ricordato che detesto il chili. Neanche una volta.
-Allora secondo te ho immaginato
tutto ?
-Può darsi. Ho avuto un paio di pazienti mutanti, e posso
dirti che se sei veramente un mutante hai il potere più strano mai sentito.
-Ascolta, io so
come ho ricevuto il potere. Il disegno, ricordi ?
Quello che ha perso lo scienziato, e di cui parlava il mio sogno.
-Ah sì, il sogno. Su di te che
incontri Reagan ed esplodi come una bomba atomica.
Ti dirò che è il sogno non a sfondo sessuale più bizzarro che abbia mai
ascoltato.
-Se era solo un sogno, come ho fatto a distruggere la mia
camera da letto ?
-Mutazione isterica.
-Uh ?
-E’ un disturbo in crescita
ultimamente. In un mondo dove i mutanti sono sulla copertina
di Life e veniamo invasi da marziani e demoni, veniamo bombardati dal concetto
che solo i super-esseri siano importanti. Così, chi soffre di questo
disturbo crede di avere dei poteri, per dare un senso
alla propria vita. So di un tizio che credeva di essere
invulnerabile. Arrivò a spararsi con una pistola giocattolo giurando che fosse
vera, a spaccare finestre dicendo che erano muri di cemento armato, ed era
sicurissimo di non vedere il sangue sulle sue mani.
-Ma io non-
-Dici di aver sollevato il letto con una sola mano e di
aver mezzo distrutto la stanza, ma puoi benissimo averlo rovesciato normalmente.
Guarda un po’ da quanti chili sono i tuoi pesi, e poi pensa a quanto può
pesare un letto. Hai solo esagerato le cose per auto-suggestione, tutto qui.
-E che devo fare per guarire ?
-Non è esattamente il mio campo, ma dovresti trovare le
cose positive nella tua vita e convincerti di non
aver bisogno di essere un super-eroe.
-Non è il periodo migliore per cercare i lati positivi
della mia vita, Myron, credimi…
-Ti conosco, Keith,
diresti una cosa del genere in qualsiasi situazione.
-Ascolta, c’è una cosa qualunque che possa
dirti per convincerti che ho veramente dei poteri ?
-Sì. Dimmi che sei assolutamente sicuro di averli, oltre
ogni ragionevole dubbio.
-Uh…
-Lo immaginavo. Senti, se vuoi posso consigliarti un
collega a Pitts-
Se non gli facesse male la mano,
avrebbe distrutto il telefono riappendendolo con forza. Anche
senza Starbrand.
-Dannazione, se avessi i soldi andrei subito a New York per
buttar giù tutti i muri del suo studio. Sempre che…possa
farlo davvero…
Il calore sulla mano c’è ancora, e sta lentamente
imparando ad “accenderlo” e “spegnerlo” a comando. Quando
è “acceso” può muovere tranquillamente la mano, mentre quando lo
“spegne” ritorna a fargli male come prima.
-Autosuggestione ? Beh, posso anche credere che la mia
mente minimizzi il dolore alla mano, ma il pugno che ho dato
al muro era fin troppo reale. Posso non essere la persona più sana di mente del
paese, ma non fino a quel punto. Come faccio a sapere se sono veramente
super-forte ? Ehi, mi viene in mente un film che ho
visto una volta…
Mezz’ora dopo, Keith sta
sollevando con una mano sola tutti i suoi pesi, tenuti precariamente insieme da
tutto il nastro adesivo disponibile, alle cui estremità ha appeso un paio di
cerchioni (in assenza di barattoli di vernice).
Abbassa tutto quanto lentamente, non perché sia faticoso,
ma perché lasciando cadere tutto rischierebbe di sfondare il pavimento. Poi si
massaggia la mano che, a potere spento, fa più male di prima.
-Cavolo, almeno Bruce Willis
faceva fatica a sollevare tutto quel peso. Saranno stati…ho perso il conto…
centocinquanta chili ? Senza
sudare, con una mano sola che per giunta fa un male cane. Wow…
Prende di nuovo in mano uno dei pesi, stavolta stringendolo
con tutta la forza che ha. Il calore che circonda la sua mano è rilassante, e
la sensazione è indescrivibile, come se il mondo fosse di nebbia. Perso
nell’analisi della sensazione, quasi non si accorge dei due lati del peso che
cadono a terra.
Apre la mano e si accorge di stringere
soltanto metallo fuso, adesso. Ed è certo che
non sia un’allucinazione, mentre usa la sinistra per togliere il materiale
appiccicoso e incandescente dal palmo.
-Sì, questa decisamente
non è un’allucinazione.
Nell’ora successiva, nel tentativo di non pensare
all’essere praticamente sul lastrico, Keith
fa di tutto per assicurarsi di essere sano di mente. E dopo avere piegato tutti
gli oggetti di metallo che è riuscito a trovare, aver sollevato la moto con un
dito, ed aver cercato inutilmente di ferirsi con forbici, coltelli
e qualunque altro oggetto acuminato, si è convinto di aver ricevuto di
più di un tatuaggio istantaneo.
-Mi chiedo cos’altro posso
fare…
Mezzogiorno.
“Incredibile ! Ho corso per tre ore di fila e non sono
neanche stanco !” pensa osservando parti della periferia di Pittsburgh che non
vede da una vita, cercando di individuare punti familiari sotto la pesante
pioggia.
“Funziona esattamente come la forza e l’invulnerabilità…
quando penso di non essere stanco non sento neanche le gambe. Chissà
se posso andare più veloce di così !”
Come se finora avesse solo zoppicato, inizia a correre sul
serio, mettendo forza nelle gambe anche se non le sente. E’ sufficiente
concentrarsi sull’orizzonte, sulla fine della strada o qualunque altra meta, e
pensare di arrivarci in un secondo. Dopo aver superato tutte le macchine in
vista, prima che diventassero linee in movimento come
tutto quello su cui si posano i suoi occhi, Keith
smette di pensare alla corsa, accelerando ancora.
“WOW ! Sembra di andare a trecento all’ora
! E non mi sto neanche sforzando ! Questo Starbrand
è il massimo !!!”
Sfortunatamente, distrarsi a fissare un tatuaggio non è
particolarmente indicato quando si viaggia a quella velocità, specialmente in
vista di una curva. Il guardrail si piega come carta all’impatto con un corpo
indistruttibile, e Keith non sente più la terra
sotto i piedi.
Chiude gli occhi e si prepara ad un volo di almeno dieci
metri…ma l’impatto non arriva, mostrandogli un volo di tutt’altra
natura.
“Sto…sto volando ! Non è possibileeeeee
! Cazzo !”
Tornato ad essere più pesante dell’aria, la caduta è
inevitabile. Con tutta l’inerzia accumulata, Keith
ruzzola per diversi metri prima di fermarsi. Gli gira leggermente la testa e la
tuta ha decisamente visto giorni migliori, ma non ha
un solo graffio.
-Ho volato…ho volato davvero !
Solo quando ho pensato che fosse impossibile sono caduto...
Riparandosi dalla pioggia sotto un albero, Keith
si accerta di poter accendere ancora il potere. Ne ha la conferma scuotendo un
albero sfiorandolo solamente con un dito.
“Probabilmente sono invulnerabile e tutto il resto quando
sono concentrato, quando penso di esserlo… Ora che ci penso, quando mi sono
fatto male alla mano ero così arrabbiato da non
pensarci, mentre quando ho quasi distrutto il muro stavo pensando al fatto che
il potere fosse reale. Finché resto calmo,
concentrato e lascio che il calore si espanda in tutto il corpo, posso usare il
potere. Quindi se mi concentro posso volare davvero…”
Si rilassa per un attimo, focalizzandosi sulle sensazioni
che aveva durante il suo breve volo involontario. Ma
niente da fare.
-Credo di aver volato per istinto prima,
e non posso farlo a comando. Però forse posso costringermi
ad agire per istinto. Sperando di rimanere tutto intero…
Lascia che il potere si concentri sulle gambe, e poi
rilascia tutta la forza in un unico salto. Con sua grande
sorpresa, questo lo porta ad almeno venti metri di altezza.
“Forza adesso…devo restare sospeso…sospes-
uh oh”.
La gravità fa ancora il suo dovere, riportandolo a terra
con violenza, che per fortuna viene subita solo dal
suolo.
“Potevo farmi male sul serio. Per fortuna non ho smesso
di pensare di essere invulnerabile. A
meno che…non fosse questo il problema. Sapevo di non correre rischi. Se
non spengo l’invulnerabilità, non posso volare…non così, almeno. E’
rischioso, ma… non voglio dare ragione a Myron,
voglio essere in grado di gestire tutto questo, per essere sicuro di non essere
pazzo. Oookay… un’altra volta…”
Questa volta saltare è ancora più facile, ancora di più
dopo essersi assicurato di essere abbastanza lontano dalla strada. Spegne il
potere mentre sta ancora salendo, e quando la spinta
cessa e la gravità inizia a far sentire il suo effetto, Keith
vuole disperatamente stare fermo. E così non si
muove.
-Sono…sono davvero a mezz’aria !
Non è un’allucinazione ! Sto volando
! Sto volando davvero !!!
Rendendosi conto di urlare ai quattro venti la sua impresa,
si ricorda anche di non amare molto le altezze, pur non soffrendo di vertigini.
“Come faccio a scendere adesso ?
Calmati, se perdi la concentrazione puoi spiattellarti a terra. Ehi ! Certo !
Devo solo spegnere il potere !”
Precipitando a terra a nove virgola otto metri al
secondo, Keith si rende conto di aver ancora
bisogno di molta pratica. Peccato
averlo capito solo dopo un altro atterraggio forzato, decisamente
poco gradevole.
-Lati positivi, dice…
Le tre del pomeriggio. La pioggia non ne vuole sapere di
smettere, e Keith inizia quasi a sentirla sotto i
vestiti fragili, quasi anche sotto il potere che permea il suo corpo da ore.
Trova la casa esattamente come l’ha lasciata, se non per un particolare.
Davanti alla porta c’è un uomo, incurante della pioggia.
Keith si avvicina con cautela, temendo che in
qualche modo possa sapere quello che è successo, visto che ha smesso di correre
(di correre sul serio) solo a pochi metri da lui.
“Un secondo… se mi ha visto, vuol dire che non sono
pazzo. A meno che non stia immaginando anche lui…no, non
posso essere arrivato a tanto”.
-Mi scusi, lei chi è ?
-Oh, salve, Connell. La stavo
giusto aspettando…prego, entri.
Keith non può vedere bene la
sua faccia con la poca luce e la pioggia, ma non riconosce la voce. Si lascia
aprire la porta, ed i due entrano in casa. Keith
cerca di asciugarsi come meglio può, mentre l’altro non è minimamente
bagnato.
-Sei in ritardo. Bene, non sopporto chi è in orario.
-Ci conosciamo ?
-Non ancora. Posso entrare ?
-Certo. No un momento, siamo già dentro… ehi, come hai
fatto ad aprire la porta prima !?
-Segreti del mestiere. E poi, mi
hai invitato tu ad entrare.
-Non è vero !
-Come no ? Lo hai appena fatto.
-Ma me lo hai chiesto una volta dentro
!
-E’ un problema
?
-Ma insomma, si può sapere chi sei ?
Prende un foglietto dal taschino e lo lancia a Keith,
che lo afferra con la sinistra. Poi l’estraneo si guarda intorno, come se cercasse
qualcosa.
-Posto interessante, Keith.
Come fai a pagartelo con quella miseria di stipendio ?
-“Desmon Logos – Life
Designer” ? Che vuol dire ?
-Sono il mio nome e la mia professione, più o meno. Non è
quello che di solito si scrive su un biglietto da visita ?
-Ascolta, qualunque cosa tu venda, non potevi
scegliere giorno peggiore per venire qui.
-Facevi jogging sotto un temporale, veramente.
-Che vuoi ? E soprattutto chi sei
?
-Per molti, nessuno…per te, il futuro.
-Cioè ?
Keith esamina il biglietto da
visita, sentendosi un idiota quando constata che è
un normale pezzo di carta. Ma ha degli strani
trascorsi con i pezzi di carta che sembrano perfettamente normali…
-Ehi, dove vai ? Non puoi
entrare lì !
“Come se questo lo fermasse, visto come
è entrato in casa…ed io l’ho lasciato fare… era come se
emanasse…qualcosa, una specie di aura, come se mi trovassi in una chiesa o
roba simile…”
L’intruso apre la porta della camera da letto, entrando e
guardandosi attorno con la sua solita flemma. A pochi passi dal diario si allontana,
spaventato… no, non è esatto: disgustato, offeso.
-Non è esattamente il metodo più ortodosso per gettare le
basi per il futuro, ma in fondo ce ne sarà mai uno ?
-Di che parli… Logos ?
-Per lei sono Desmon, mister…
-Connell. Keith…
ma prima mi hai chiamato per nome…
-Ovvio, mi hai appena detto come mi chiami, non sono mica
sordo. Per ora te la cavi bene, non hai fatto grossi casini…ovviamente ti
rendi conto che potrà solo peggiorare.
-Non capisco di cosa-
-Devo parlare al presente, già… non è facile
focalizzarsi così in un solo punto, non lo faccio da troppo tempo. Ma sentimi, io
che parlo del passato !
-Ma che vuoi da me !?
-Io sono il futuro, Keith, e
volevo solo essere sicuro che tu non distruggessi tutto quanto quello per
cui lavorer- cioè, su cui sto lavorando.
-Ma per piacere, non so neanche chi sei e non capisco una
parola di quello che dici !
-Vedi, io ho tutte le risposte che ti possono servire, ma
non conosco le domande. Capisci cosa voglio dire
?
-No.
-Okay, forse è troppo presto per
parlarne…vado sempre troppo di fretta. Sai com’è, di solito agli
dei non si danno limiti di velocità…
-Senti, esci da casa mia o chiamo il 911.
-E mostrare lo Starbrand
? No, non credo proprio.
-Come sai… ? Non eri nei miei
sogni…
-Sarai tu a parlarmene.
-Quando ?
-Non lo so ancora.
-Rispondi e smettila di cambiare argomento
! Chi sei, e perché sei qui ?
-Sono qui perché sarai centrale nella storia del pianeta, Keith
Connell. O forse sarai
del tutto ininfluente…non so.
-E allora perché sei venuto ?
-Non me lo ricordo più, ma immagino fosse
importante. Oppure no.
-E l’altra domanda ?
-Qual era ?
Keith si colpisce la fronte col
palmo della mano, alzando gli occhi al cielo.
-Non so neanche perché sto qui ad ascoltarti…
-Perché sto per sollevare una domanda che non ti sei
voluto porre.
-Uh ?
-Te lo leggerò in faccia. Probabilmente.
-Sei mai sicuro di qualcosa
!?
-Sì. Cioè no.
Voglio dire… non me lo ricordo.
-SI PUO’ SAPERE CHI SEI !?!?
-Io sono un dio, Connell, il
dio del futuro. E in quanto tale, quando un mezzo
fallito riceve il potere di radere al suolo l’intera superficie terrestre ho
l’abitudine di preoccuparmi un po’.
Keith lo fissa, sorpreso. Passa
dal sembrare un idiota ad avere una specie di saggezza nascosta, da un momento
all’altro.
-Hai già rotto il muro del suono ?
Keith fa cenno di no con la
testa. Oggi, la domanda non gli sembra troppo bizzarra.
-Ad una certa velocità, superi le tue stesse onde sonore.
Io vivo su quella soglia, appena più veloce della vita. E’ il modo migliore
in cui posso descriverti cosa sono.
-Allora stiamo freschi, visto che non ho capito.
-Non ha importanza, suppongo. O
forse…
-Che cosa ci fai qui ?
-Non avevo scelta. E’ lo Starbrand.
Attira guai e stranezze più di qualunque cosa conosca.
O quasi.
-Non sei un granché come dio, vero ?
-Può darsi. Non lo so ancora.
-Okay, ora ne ho abbastanza. Vai a rompere le scatole a
qualcun altro.
Lo prende per un braccio e lo trascina verso la porta,
sbattendolo fuori.
-Aspetta ! Devi decidere cosa fare con il tuo potere, Connell.
E’ troppo grande per sprecarlo.
-Come se potessi farci chissà che cosa…
-Ti faccio solo una domanda, Connell:
sei sicuro che il tuo potere abbia dei limiti ?
Keith spalanca gli occhi, come
se si fosse trovato davanti ad una domanda evidente. Glielo si legge in faccia.
-Pensaci. Ci vediamo domani…forse.
-Logos, aspetta !
Keith esce di casa, non vedendo
più nessuno. E’ scomparso appena si è distratto. Richiude la porta,
rendendosi conto che la mano non gli fa più male, anche se non ha “acceso”
niente.
-Il potere deve avermi guarito,
immagino.
Soltanto ora si accorge di aver tenuto il biglietto da
visita nella mano dolorante, per tutta la conversazione.
-Ma il mio…o il suo ?
A qualche chilometro di distanza, un uomo cammina lungo una
piccola strada, completamente indifferente alla pioggia e ai vestiti inzuppati.
La luce dei fari che adesso lo illuminano non gli dà
fastidio, anche se si spazientisce al suono della sirena.
“Perché dovevano mandare
proprio me in un posto così rumoroso
!? Sempre a me i lavori stupidi…”
-C’è
qualche problema ? – chiede l’agente, visibilmente assonnato,
abbassando il finestrino.
-No – risponde l’uomo in giacca marrone, continuando a
camminare.
Poco convinto, l’agente scende dal veicolo aprendo
l’ombrello, e si avvicina.
-Le serve un passaggio ?
-No.
-Forza, la porto in città… -
l’agente appoggia una mano sulla spalla dell’uomo, probabilmente
ubriaco, sicuramente con qualcosa da nascondere.
-Provaci un’altra volta e – inizia a reagire, lasciando
perdere quando nota quello che l’agente ha in mano – Cos’è quello
?
-Cosa ?
-Quel…congegno.
-E’ un ombrello.
-Una specie di arma ?
-Amico, hai decisamente bisogno
di una bella tazza di caffè nero e-
-Ti ho chiesto
– lo interrompe l’uomo quasi digrignando i denti e afferrando il polso
dell’agente – cos’è questo.
-Serve…a non bagnarsi…
-Ma davvero ?
Il fianco destro dell’agente esplode insieme alla pistola
che teneva nella cintura, facendolo urlare per il dolore spaventoso. Mentre
crolla a terra, l’uomo gli strappa via l’ombrello, esaminandolo come se non ne
avesse mai visto uno in vita sua.
-Allora lo prendo io, se non ti dispiace.
Si allontana con passi lenti e calibrati, affascinato come
un bambino dal nuovo giocattolo. Ma dopo pochi metri,
l’agente inizia ad urlare di fare qualcosa per aiutarlo. Cerca di ignorarlo,
ma le urla si fanno sempre più forti.
Ad un sospiro, l’auto esplode producendo un incendio in
miniatura che nemmeno la pioggia incessante riesce a placare. Le urla, però,
sono finite.
-Detesto il
rumore.
Dopo aver pranzato ed aver tentato di riparare il letto, Keith
decide di non poter aspettare ancora per rispondere alla domanda di Desmon.
Soprattutto perché non ha nulla di meglio da fare…
Un’altra corsetta a trecento all’ora,
questa volta facendo molta più attenzione alla strada, si dirige a nord.
All’autostrada più vicina e rettilinea possibile, porta il suo potere al
massimo, solo per vedere che effetto fa e scoprire qual è la sua velocità
massima. Quando decide di fermarsi ha già attraversato tutto lo stato in pochi
minuti, e riconosciuto il bosco dove si avventurava in moto fino a
un paio di anni prima ha la certezza di aver trovato il posto perfetto per
allenarsi.
“Ancora un po’ più veloce e rompevo il muro del suono
! Ora che ci penso, potevo anche esercitarmi con il volo, ma non mi
piaceva molto l’idea… Ehi, mi chiedo come mai le
scarpe siano ancora intatte”
Si riposa per qualche secondo,
rendendosi conto di non essere veramente stanco…gli sembrava solo
naturale esserlo, dopo una corsa del genere.
-Okay…ora che faccio ? Non
riesco a credere di aver ottenuto questo potere solo stanotte, ed essermi già
abituato fino a questo punto. Vorrei che questo coso avesse le istruzioni. A
meno che non mi stia già
mostrando tutto quanto… No, Connell, questo è
troppo pazzesco anche per la situazione attuale. Allooora…
cosa sono riuscito a fare fino ad adesso ? Sollevare
grossi pesi, restare sospeso in aria, correre a velocità pazzesche…
l’ultima cosa l’ho già testata sul campo. Qui ho
abbastanza pesi da sollevare, e non c’è nessuno nel raggio di miglia
normalmente, quindi posso anche provare il resto. Si va…”
La prima cosa che vuole ritentare è il volo: ha solamente
assaggiato la sensazione. Un paio di tentativi di decollare spontaneamente vanno
a vuoto, quindi resta solo il metodo assodato: saltare molto in alto e restare
fermi, il resto verrà dopo.
Concentra il potere sulle gambe, provando a quantificarlo.
Cresce fino a un certo livello, poi la differenza è
impercettibile. Deve essere il limite massimo. Ma
meglio non iniziare con la parte più difficile, c’è tutto il tempo per fare
le cose con calma.
Trovata la giusta dose, il potere viene
rilasciato dai muscoli… e la prima cosa che sente è una corrente fortissima
che cerca di spingerlo a terra, impedendogli di salire. Dura
per qualche secondo, poi il suo stomaco si ribella costringendolo ad
aprire gli occhi, nel bel mezzo di una nuvola.
La salita è terminata, ora la gravità
lo reclama facendolo tornare giù.
“Dove cazzo sono
finito, nella stratosfera !? Devo fermarmi !!!
Devo…restare…fermo…”
La discesa rallenta sempre di più, fino a cessare
completamente lasciandolo sospeso a mezz’aria, ad osservare il panorama
mozzafiato e a sentire il suo ritmo cardiaco scendere dal rischio di
iperventilazione a livelli accettabili.
“Calma…calma…non farti…venire un infarto… sei
solo a qualche… migliaio di chilometri di altezza…
niente di cui preoccuparsi…”
Quando anche il suo corpo riceve
il messaggio, e gli effetti dello shock improvviso si calmano, prova a smettere
di pensare al volo. Adesso controllare questo potere è più
semplice, l’istinto non sembra essere più necessario. Prova
qualche limitata acrobazia, tenendo presente le condizioni attuali del suo
stomaco.
“Non ero neanche lontanamente al massimo. Se ce
l’avessi messa tutta, chissà dove sarei arrivato… nello spazio,
forse ? L’idea non mi attira particolarmente, non sono
per niente sicuro di poter tornare indietro dopo”
Con una cautela accessibile solo a chi è terrorizzato, Keith
scende a terra, muovendosi a scatti. Tutte quelle discese improvvise danno il
colpo di grazia al suo pranzo, che viene vomitato una
volta a terra.
-Quanto bisogna essere forti per saltare così in alto
senza neanche sforzarsi ? Sarà meglio controllare la
mia forza, o farò saltare in aria la casa schioccando le dita…
Con un po’ di ricerca, non è difficile trovare un masso
abbastanza grande. Keith lo solleva con due braccia,
senza sforzo. Poi con una mano sola. Poi lo lancia in
aria e lo afferra di nuovo, diverse volte, come una pallina da tennis
estremamente pesante. Infine lo lancia a qualche
metro di distanza, in modo abbastanza sgraziato. La roccia fa un rumore orrendo
quando colpisce il suolo.
-Non sembra esserci differenza tra la forza che posso
incanalare nelle braccia e nelle gambe. Ma non penso
sarebbe una grande idea usare lo stesso sistema di prima. Peccato non ci sia
niente di più pesante da sollevare, qui…
Quasi a confermare la propria prima impressione, Keith
sradica un albero nel tentativo di capire se sia più pesante del masso.
Sfortunatamente, come non sentiva il peso della roccia
non sente il peso del legno. Lo scaglia lontano come un
giavellotto troppo cresciuto, ottenendo lo stesso effetto di prima, solo ancora
più rumoroso. Abbattere alberi con la versione casalinga di un colpo di karate
è uguale, la fatica è praticamente zero.
Ci vogliono quindici minuti buoni per trovare un masso
paragonabile a quello di prima.
-Allora, sollevare pesi non è molto
indicativo, a quanto sembra. Ma ci sono molti
tipi di forza bruta.
Un pugno manda completamente in frantumi la roccia,
scagliandone piccole e grosse parti su diversi metri quadri. Inutile
dire che non solo il pugno non ha avuto nessuna resistenza, ma che la roccia è
rimbalzata sopra pelle e vestiti come se fosse polistirolo.
-Neanche così funziona. Ci vorrebbe qualcosa di veramente grosso
da colpire, qualcosa che non vada a pezzi… Ah ! Non
è molto indicativo, forse, ma posso sempre provare a fare una cosa…
Si china a terra, misurando la distanza dal braccio al
terreno, mettendosi in posizione giusta per colpirlo. Dopo aver provato il
movimento un paio di volte, ed aver regolato il potere a metà del massimo, a
quanto può capire, si decide. Chiude gli occhi e sferra il colpo.
Diversi chili di terra gli schizzano in faccia, fino a
sommarsi all’onda d’urto e a farlo sbalzare all’indietro di due metri
buoni. Il terreno sotto le sue gambe frana, frantumandosi in
una miriade di sassolini. Perde l’equilibrio e ruzzola giù, sentendo
sulla pelle lo spostamento d’aria che sta scuotendo le foglie degli alberi e
rompendo qualche giovane ramo. Con una mano riesce a fare presa dietro di sé e
a fermarsi, venendo assalito dalla piccola frana,
aiutata dalla leggera pendenza.
Il frastuono è tremendo, e non sa se a tremare è la terra
o le sue gambe. Un albero gli cade addosso, spezzandosi quando incontra il suo
braccio.
Spostare il grosso tronco è facile, mentre recuperare
l’equilibrio è un compito più complesso. Solo quando può stare in piedi
senza doversi preoccupare di cadere da un momento all’altro, si guarda
intorno. Tutto il terreno è andato in pezzi, e ci sono due vistose
crepe che procedono zigzagando fino a dove gli alberi sono rimasti intatti. Non
è facile giudicare le distanze in queste condizioni, ma di sicuro l’area
interessata arriva quasi fino all’orizzonte. Lungo la collina cadono ancora
piccoli sassi, evidenziando il piccolo sentiero di distruzione.
Keith osserva sbalordito gli
effetti del pugno, respingendo all’istante il pensiero di una simile forza
scatenata in un centro abitato. E solo ora si ricorda
di aver regolato il potere alla metà… anzi, ricorda di essersi persino limitato.
E le gambe tremano ancora, prima di essere inondate di potere e di muoversi
nuovamente a grande velocità, per tornare a casa il
più in fretta possibile.
Pittsburgh
. Sede dell’USGS,
United States Geological Survey. L’ago schizza sul foglio
bianco, lasciando inconfondibili linee a zig-zag, ma in una forma inconsueta:
una sola potentissima vibrazione, seguita da poche piccole scosse di
assestamento.
Venti minuti dopo, viene indetta
una riunione per analizzare i dati e valutare l’intensità del terremoto.
Trenta minuti dopo, la magnitudine viene stimata 5.7
nella scala Richter. Un’ora dopo, la sede di Lemoyne
riceve l’intera documentazione. In trentacinque minuti si ottengono le prove
del fatto che l’epicentro era a profondità zero e che tutta la forza del
sisma era concentrata in un punto solo. Un’ora dopo viene
escluso anche l’ultimo fenomeno naturale che possa essere stato la causa.
Tre ore dopo a Reston,
Virginia, il Direttore dell’USGS informa il Vice Direttore Regionale dello S.H.I.E.L.D.
Dieci minuti dopo, nella sede principale del Federal
Bureau of Superhuman Affairs
viene aperto un fascicolo.
A otto ore dalla scossa. Newark,
Pennsylvania. L’Agente Speciale Simmons viene
svegliato dal suono del telefono…
Casa. Il telefono è staccato, e piove troppo forte perché
arrivi qualche altro rompiscatole. Eppure, Keith
non fa altro che controllare ogni minimo rumore, sobbalzando ad ogni spiffero.
Davanti a lui, sull’agenda ancora aperta, l’ultima delle annotazioni.
Diario
Sabato
Stanotte,
ho sognato un uomo uguale a me, che ha ricevuto il potere ed è impazzito per
gestirlo. Ora ho io quel
potere, in qualche modo. Stento a credere che possa essere venuto dal foglio, o
persino dai sogni, ma ormai posso permettermi di pensare a cose impossibili. Ho
lo Starbrand, l’arma più temibile
dell’universo. Non ero sicuro che lo fosse veramente, ma inizio a pensare che
ci sia un fondo di verità in quei sogni. Posso
correre più veloce di qualsiasi macchina, senza
stancarmi. Posso saltare nella stratosfera. Posso sollevare centinaia di chili,
forse tonnellate. Il più debole dei miei pugni può causare una valanga. E non
parliamo del volo, per carità.. La prima cosa che ho
fatto con questo potere è giocare, capire fin dove potessi arrivare. Ho
raggiunto la prima tappa e sono già terrorizzato. Oggi mi ha anche fatto visita
un pazzo che si crede un dio, ma ha detto una cosa giusta: sono un mezzo
fallito, con un grande potere. Ma
non ho idea di cosa ne derivi. Non riesco nemmeno a gestire
le cose più banali della mia vita, non voglio incasinare anche le cose
importanti. I sogni mi hanno mostrato quanto può essere pericoloso questo
potere, così sono giunto a una conclusione:
l’unico modo giusto per usare un potere enorme è non usarlo. Come con le
testate nucleari. Domani mi cercherò un nuovo lavoro, e dimenticherò tutto
quello che mi è successo oggi. Ho deciso di non usare mai più il potere.
Insomma, quanto sarà difficile ? Sono un maestro,
nel non fare le cose.
Bene: mi sono
divertito
Male: credo di non
poterlo più fare
Resoconto:
giornata iniziata male, continuata così così, e
mandata all’aria alla fine. A
parte i super-poteri, esattamente come tutti gli altri giorni degli ultimi anni.
ODIO LA MIA VITA !
Notte. Janet Bloomberg
sta lottando col sonno, cercando di restare sveglia ascoltando la radio,
tamburellando a casaccio le note sul bancone della reception,
come un maestro degli eufemismi definirebbe quell’angolo
dietro un bancone in legno logorato dall’età.
Cerca di usare le poche energie rimaste per migliorare la sintonia, ma niente da
fare. Dopo una manciata di secondi, il walkman non dà
più segni di vita. Proprio mentre si sta togliendo gli auricolari, un uomo che
indossa un cappotto marrone entra e si avvicina.
-Voglio una stanza.
-Io invece vorrei una notte con Brad
Pitt, ma me la sogno.
-Voglio una stanza
– ripete con una leggera smorfia.
-Ce li hai i soldi, bello ?
-Cosa sareb- la sua domanda viene
interrotta dall’incessante suono del cellulare.
-Un attimo. Powder. Sì, l’ho
sentito anch’io… Lo so, lo so, sta bruciando le tappe,
lo so. Ancora con la tua fissazione sulla segretezza, o posso… Okay,
okay, il capo sei tu. Senti, quale è più urgente
dei tre ? Perché pensavo… no senti, posso metterlo
a tappeto con le mani legate dietro la schiena !! Va bene, ma questa me la… sì,
lo so che fine fanno, non fai che ripeterlo. Ascolta,
se vuoi un lavoro fatto bene, mi ci vuole del tempo. No, non così tanto…
senti, vedo come procede e ti richiamo, okay ? Okay,
passo e chiudo.
Janet lo guarda con impazienza
mentre ripone il cellulare nella tasca interna della giacca. Quanto
vorrebbe potersene andare a letto…
-Allora, visto che ti puoi
permettere un telefono come quello i soldi ce li hai per forza… paghi domani
mattina, così non sei nel mio turno. Mi servono un documento valido e una firma
qui…
L’uomo la fissa con un mezzo sorriso ed uno sguardo che
si può concedere ad una zanzara prima di schiacciarla.
-Che hai da guardare, bello ?
Ora è un sorriso completo, senza mostrare un solo dente.
Si avvicina fino ad una trentina di centimetri dalla sua faccia, lasciandosi
scappare una sola parola.
-Muori.
Janet sente una fitta al petto,
vorrebbe portarsi una mano sul cuore ma la testa le
gira troppo. Cade sul bancone, facendo cadere a terra il walkman. Non si muove
più. L’uomo allunga un braccio fino ad afferrare una delle chiavi ancora
appese, e sfiora con un dito il registro. Poi si sistema la giacca e si
incammina verso le scale, salendole a passi lenti. Il walkman riprende a
funzionare, senza che ci sia nessuno ad ascoltarlo. Sul bancone le fiamme che
hanno consumato le pagine lasciando soltanto polvere
si spengono in fretta, molto prima che il corpo di Janet
sia freddo.
Notte fonda. Una collina a nord di Pittsburgh. Nessuno ha
ancora posato lo sguardo sulla distruzione casuale che si è abbattuta su questo
piccolo bosco. Se qualcuno lo stesse facendo, in questo
momento, vedrebbe una mano rugosa fare forza sul terreno, circondata da una
debolissima luminescenza.
Se qualcuno stesse guardando,
vedrebbe un vecchio alzarsi in piedi, come se avesse appena compiuto uno sforzo
titanico, stanco come se si fosse liberato da una prigione grande quanto il
mondo, ed avesse viaggiato attraverso i corridoi ostruiti della rinascita. Se ci
fosse qualcuno, ammesso che a questo punto potesse essere ancora vivo,
sentirebbe la sua voce inumana pronunciare una parola carica di
odio.
-Connell…
CONTINUA...
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