E’ una notte dannatamente fredda, a metà tra il passato
e il futuro. Aspetto nel buio, sotto il cielo senza stelle che mi sembra molto
appropriato per il mio umore. Do un’occhiata al guanto, lacerato e rovinato
dal tempo, un’interessante metafora della mia situazione. Sarebbe facile
andarsene da qui e dimenticare tutto quanto, ma non posso. Dio solo sa se ci ho
provato, ma non posso. La scelta è tra il ripetere tutti i miei errori, oppure
guardare veramente avanti.
C’è una gran pace, qui. Solo un po’ di vento porta
quel po’ di rumore indispensabile per non impazzire. Con una certa fatica,
data la mia posizione, prendo in mano lo zaino e lo apro. Ne estraggo
un’agenda.
Keith
Connell. Diario.
E’ una notte dannatamente fredda, mentre cerco di capire
la mia vita. Partendo dall’ingannevole semplicità degli inizi…
#1
- Il
disegno
di
Fabio Furlanetto
Tre
settimane e due giorni prima
Martedì
Mi hanno licenziato.
Il capofficina pensa che sia stato io a fregargli i soldi, visto che ero
l’unico a fare gli straordinari il giorno prima che scoprisse che mancava del
denaro. Avrei voluto dirgli che era stato Joey, ma
l’unica prova che ho è che sua moglie me l’ha detto dopo che abbiamo fatto
l’amore. Tornando a casa ho bucato e sono caduto. Non mi sono fatto niente ma
il manubrio è tutto storto, e non ho assolutamente i soldi per farmi sistemare
la moto.
Resoconto: la mia
vita fa schifo !!!
Mercoledì
Deb è fuori città.
Non avevo assolutamente niente da fare, così ho chiamato Myron
- a carico del destinatario. Gli ho raccontato quello che mi è successo da
quando se ne è andato a New York, e tanto per cambiare mi ha preso ancora in
giro perché sono sempre nella merda. Stavo per
sbattergli il telefono in faccia, quando si è offerto di pagarmi il viaggio per
andarlo a trovare. Ho accettato, dicendogli che mi sono messo veramente a
scrivere un diario come mi aveva consigliato, ma lui non se ne ricordava. Mi ha
anche chiamato Ken per tutta la telefonata.
Bene: rimediato
viaggio gratis a New York
Male: devo parlare
con Myron per andarci, sono ancora disoccupato !
Resoconto: la mia
vita fa ancora schifo
Giovedì
Scrivo da New York. Myron
mi ha svegliato alle cinque per dirmi che il mio treno partiva mezz’ora dopo.
Penso abbia trovato l’unico diretto Pittsburgh-New
York a quell’ora. Nella classe più economica che
abbia mai visto, e solo per l’andata: dovrò pagarmi io il ritorno.
Arrivato nella
Grande Mela mi sono subito perso, ho dovuto prendere un taxi per arrivare in
centro. Credo di aver visto l’Uomo Ragno.
Myron
è sempre il solito tappo con gli occhiali, il tipo che prendi a calci al liceo
e che ti guarda dall’alto in basso quando ha uno stipendio cinquanta volte
migliore del tuo. Abbiamo parlato per un’ora, più che altro perché non si
ricordava praticamente niente di me.
Alla fine mi ha
detto che ho paura dei cambiamenti, e che è per questo che ho lavorato alla
stessa officina per cinque anni di fila, anche se mi pagavano una miseria.
Probabilmente ha ragione. Poi si è messo a dire che mi sono messo con Deb solo
per superare il matrimonio di Barb, e che ho paura
delle donne indipendenti.
Alla fine mi ha
chiesto cinquanta dollari per la seduta, e si è offerto di trovarmi un
buon analista a Pittsburgh. Me ne sono andato sbattendo la porta.
Ho girato un po’
la città, ma il tassista mi ha portato dalla parte sbagliata. Sono tornato in
stazione a piedi ed ho visto che hanno cancellato il treno di ritorno; domani
vado a Filadelfia e torno a casa con un altro treno. L’albergo costa un occhio
della testa e ci sono gli scarafaggi.
Bene: visitato New
York
Male: Myron,
speso un sacco di soldi per niente, sono ancora disoccupato, Deb farà una
scenata per questo colpo di testa
Resoconto: lasciamo
perdere
Venerdì
Preso il treno per
Filadelfia. Trenta minuti di ritardo per Pittsburgh, ho preso una rivista ed ho
aspettato il treno.
Ho fatto un incontro
molto strano, un tizio che andava a New York stava per raccontarmi la sua vita.
Ha perso un foglietto con un disegno strano, dice di averlo sognato. Ho provato
a ridarglielo ma se ne era già andato. Ho tenuto il disegno, non so perché.
Sono tornato a
Pittsburgh. Ho lasciato le mie cose a casa e sono andato a trovare Deb. Mi ha
detto di aver conosciuto questo tizio stupendo mentre era via, uno che la
capisce veramente e che non vuole solo andarci a letto. Le ho dato della puttana
e lei mi ha dato uno schiaffo.
Resoconto: odio la
mia vita !!!
Keith Connell
sta aspettando il treno, cercando di passare il tempo leggendo la prima rivista
di moto che ha trovato nell’edicola più vicina.
-Le dispiace se mi siedo qui ? – chiede qualcuno.
-No – risponde Keith senza
neanche guardarlo.
Il tizio appoggia i bagagli e si siede, controllando
continuamente l’ora. Di fianco a Keith, un ragazzo
biondo di un metro e novanta con un naso aquilino e un fisico da sportivo, in
jeans e giacca di pelle, sembra molto più vecchio di quanto non sia.
Dall’altoparlante annunciano che il treno per Pittsburgh
ha trenta minuti di ritardo. Keith richiude la
rivista e si appoggia al muro, massaggiandosi il collo, visibilmente
contrariato.
-Lei deve andare a Pittsburgh, immagino – chiede il
tizio.
-Ottima deduzione.
-Non per niente sono uno scienziato.
-Uh-uh.
“Solo a me poteva capitare questo qui…” pensa Keith.
-Proprio domani inizio a insegnare alla State University.
E’ mai stato a New York ?
-Ieri.
-Ah, davvero ? Come mai ? Se non sono troppo indiscreto…
-Sono stato a trovare un mio vecchio amico che fa lo
psicanalista.
-Non potrebbe darmi l’indirizzo ? Ho fatto un sogno
stranissimo giusto stanotte, e in città non conosco nessuno…
-Mi dispiace, ma è in ferie in questo periodo – risponde
controvoglia, pensando in realtà “Col cavolo che gli faccio il piacere di
trovargli un cliente !”
-Nel sogno mi andava tutto storto per colpa di una specie
di tatuaggio, ed incontravo Reed Richards…
Chiamava il disegno “Starbrand”…
-Uh-uh.
-Proprio una cosa strana. Mi chiedo cosa possa
significare… ho fatto anche un disegno del tatuaggio, per non scordarmelo.
Dalla tasca estrae un piccolo foglietto bianco, su cui è
disegnata con cura una specie di stella stilizzata. Poi la rimette nella tasca e
si alza in piedi.
-Credo che il mio treno stia per arrivare. Beh, buona
giornata signor…
-Connell. Keith
Connell.
Il tizio si abbassa per prendere le due valigie e si
allontana. Keith pensa a che razza di gente si possa
incontrare. Poi nota un foglietto bianco per terra. Lo raccoglie: è quello che
aveva in tasca il rompiscatole.
-Ehi, signore ! Aspetti ! – lo chiama, ma il treno per
New York è appena arrivato. Keith rimane in piedi,
sentendosi un idiota.
Guarda il foglietto, chiedendosi che razza di sogno assurdo
potesse essere. Lo mette nella tasca posteriore dei jeans, e torna a sedere.
“Figuriamoci se poteva perdere qualcosa di valore…”
Quella stessa notte, Keith
richiude l’agenda e la ripone nel cassetto del suo comodino. Ci trova anche il
foglietto con il disegno, e senza neanche accorgersene lo prende in mano.
“Perché cavolo l’ho tenuto ? Non è da me.
E dubito che il suo proprietario possa venire a riprenderselo ! Ora che
ci penso, gli ho detto il mio nome, quindi potrebbe… Mi sa che ho parlato
troppo, come al solito…”
Lascia il foglio sul comodino e si spoglia per andare a
dormire. Prima di spegnere la luce, nota che il pezzo di carta ora è sul
cuscino.
-Ma che cavolo…
Lo riprende e lo appoggia nuovamente sul comodino. Il tempo
di spegnere la luce e di coricarsi…
-Ancora qui !? Sta diventando ridicolo.
Rimette il foglio sul comodino, stavolta mettendolo sotto
la radiosveglia. Spegne la luce, si corica, ed il foglio è sempre sul suo
cuscino.
-Eppure ero sicuro…
Lo esamina e lo guarda in controluce. Un normalissimo pezzo
di carta quadrato.
“Però è strano… il tizio del treno diceva di averlo
disegnato, ma come cavolo ha fatto ? Le linee sono perfettamente dritte, e
questa specie di mezzaluna è perfettamente curva. L’avrà stampato ? Non
sembra carta da stampante, e in ogni caso non si vede l’inchiostro”.
Lo guarda meglio dal lato bianco. In controluce non si
dovrebbe vedere lo stesso il disegno ?
“Sarà fatto con un inchiostro speciale. Allora perché
ha detto di averlo disegnato ? Andiamo Keith, sei un
po’ paranoico adesso. Probabilmente è solo per l’orario”.
Lo ripone di nuovo nel cassetto, assicurandosi di averlo
chiuso per bene. Non c’è modo in cui possa uscire di lì, giusto ?
Probabilmente lo aveva spostato lui, prima, senza neanche accorgersene.
Ora, però, il foglio è nuovamente sul cuscino. Keith
lo controlla di nuovo: è senza dubbio lo stesso, ne è sicuro. E nel cassetto
non c’è più. Lo strappa in due parti, poi in quattro, e poi ancora fino a
quando non è ridotto a brandelli. Infine getta ciò che ne resta nel cestino, e
se ne torna a dormire.
Sa di sognare. Sa di non essere veramente su quella moto,
di non vedere un bagliore accecante. Eppure vede attraverso gli occhi di quell’uomo,
sente quello che gli dice il vecchio. Vede il tatuaggio sul suo braccio, ne
sente il calore quando lo tocca…
“Non posso
riprenderlo…anche se sarebbe possibile”.
Keith riapre gli occhi,
sentendo qualcosa sulla sua faccia. Non ha bisogno di accendere la luce per
capire di che cosa si tratta.
-Il foglietto.
E’ esattamente lo stesso foglio di carta di prima. Lo
esamina ancora sotto la luce: ha le stesse identiche caratteristiche. Una veloce
controllata al cestino gli dà la conferma che non voleva avere. I brandelli
sono scomparsi. Il foglio è ancora nella sua mano, senza che se ne fosse
accorto.
-Ma che accidenti sei !?
Chiamava il disegno
“Starbrand”…
“Grande, Keith, sei davvero
un genio. Urlare contro un pezzo di carta non metterà a posto la tua vita”
Portando il foglio con sé, tenendolo stretto nella mano, Keith
torna a dormire. O meglio, ricomincia a tentare di dormire. La sua mente è
attraversata da immagini che non dovrebbero esistere, ed un nuovo universo si
apre davanti ai suoi occhi. Inizia con un’esplosione inimmaginabile, vista in
tutto il mondo… un altro mondo.
Il vecchio. Il ragazzo… praticamente identico a lui…
che riceve il marchio delle stelle. Custodiscilo
!
*Che può fare…uno
come me…con quest’affare !? Vecchio…hai
davvero scelto il tipo giusto…
*Dall’altra parte
dell’universo, da dove io provengo, è combattuta una guerra inimmaginabile
per voi.
*Fallo, vecchio. Vai
avanti. Uccidila…così potremo procedere. Hai tre secondi, poi ti attaccherò,
stanne certo. Tre…due…
*Ripetendo per
coloro che si sono collegati ora, il presidente ha annunciato il pieno sostegno
del governo al super-eroe che si fa chiamare Starbrand
*Le autorità
credono che il totale delle vittime non sia inferiore a cinquemila !
Un’altra esplosione, la più terrificante mai udita da
essere umano. Dolore. Disperazione. Pazzia. Il pianeta sull’orlo della
distruzione totale, tutto per colpa dell’arma più potente che sia mai stata
immaginata.
*Pittsburgh è
diventata un cratere largo cinquanta miglia !
*Il vecchio ! Quello
che mi ha dato questo potere ! Era Dio ! Dio ! Ha scelto me per essere il nuovo
messa !!
*Non deve restare
alcuna traccia dello Starbrand se non nell’essere
unico che noi tre diverremo. Poi… vedremo…
*Decisi che non
avrei mai usato questo potere…mai. E’ la cosa…l’arma più potente che si
sia mai trovata sulla Terra, supera tutte le bombe atomiche mai costruite.
Il pugno di Keith si chiude,
stringendo con tutta la forza rimasta il disegno. Le immagini si susseguono più
velocemente di quanto qualunque essere umano possa seguire, e Keith
riesce ad afferrarne solo una minuscola parte. Il pugno irradia una strana,
flebile luce…
C’è un’arma
nell’universo più potente di tutte le altre. Non esiste cosa più desiderata,
temuta, amata o odiata. Solo uno sciocco, o un pazzo… o l’uomo giusto…
oserebbe possedere…lo Starbrand !
Keith apre gli occhi… Luce !
Pura, incontaminata, mille e mille volte più luminosa del sole… Il calore ! Keith
si sente schiacciato da quello che sta vedendo, da quello che sta entrando nella
sua mente… vorrebbe urlare, vorrebbe piangere e allontanarsi da questa luce
che annichilisce qualunque vaga importanza possa aver mai avuto il resto
dell’universo. La luce sta venendo verso di lui… gli è addosso ! E la sua
mente si spegne.
Quando si sveglia la testa è pesante come un macigno, e le
vertigini non aiutano particolarmente. Sente uno strano calore sul palmo della
mano destra, qualcosa che pizzica, ma per quanto si sente disorientato potrebbe
anche non avere più la mano e non accorgersene neanche.
“Sembra il peggior dopo-sbronza della storia… ma non ho
toccato alcool…credo…”
Tenta di alzarsi, ma la testa non è d’accordo. Prova a
girarsi, ma non sente niente sotto di sé ! Cerca di tastare il letto, facendo
cadere a terra il foglietto che teneva in mano. Non c’è niente sotto di
lui…sta levitando ! Quando il pensiero lo colpisce, cade.
Il letto si sfascia sotto il suo peso, con un tonfo
tremendo. Keith si rialza subito, pentendosi dello
scatto quando la sua testa lo fa barcollare.
-Ouch…che razza di sogno…
devo essermi svegliato quando il letto si è sfasciato, ed ho sognato di
levitare… già…che disastro…
Va subito nel bagno, accendendo la luce e gettandosi
dell’acqua gelata sulla faccia. Si sente leggermente meglio, ma qualche
centinaio di litri di caffè farebbero molto più comodo. Riapre gli occhi,
ancora con le mani sulla faccia… e nota il disegno sul palmo destro.
-Ma che…
Prova a cancellarlo strofinando la pelle, ma niente. Prova
a sciacquarlo, prova con il sapone, ma non c’è niente da fare: il tatuaggio
non si cancella.
Nel sogno mi andava
tutto storto per colpa di una specie di tatuaggio.
“Il sogno ? No, non è possibile…è troppo
pazzesco…”
Torna nella camera da letto, cercando il pezzo di carta.
Non è sul pavimento, e nemmeno sotto il comodino… Solleva le coperte, ma non
è nemmeno lì.
“Sarà finito sotto il letto. A meno che non abbia
sognato anche quello… no ! Ero sveglio, ne sono sicuro ! Sono sicuro
che il foglietto si fosse mosso, prima !”
Solleva il letto. Il foglietto è lì, lo prende con la
sinistra. Non c’è bisogno di esaminarlo, questa volta: il disegno non c’è
più, è scomparso. E’ solamente un comunissimo pezzo di carta, adesso.
“Dannazione, non ho sognato tutto !!!”
Il calore sulla mano si è fatto più esteso. E’
piacevole, quasi rilassante. E’ come scoprire una nuova gamma di sensazioni…
come la consapevolezza di non sentire il peso del letto. Né di avere la minima
sensibilità alla mano.
E’ sufficiente un piccolo movimento del polso, come per
allontanare qualcosa che striscia sulla pelle, per scaraventare il letto contro
la parete, come se fosse soltanto un grosso cuscino. Solo che la massa è
leggermente diversa, e così il rumore – o sarebbe meglio dire frastuono.
-Non è… possibile… Voglio dire, sono in forma e non
era poi così pesante, ma non l’ho assolutamente sentito… ma il sogno…
andiamo Keith, ancora un po’ e ti toccherà farti
analizzare da Myron.
La mano non sembra strana, in effetti. Il tatuaggio pizzica
leggermente, in un modo tutto suo…ma non sente più quel calore. Adesso…sì,
invece ? Basta rilassare la mano per farlo scomparire. E’ come se la pelle si
scaldasse a comando… e le vertigini sono passate.
“Probabilmente sono solo scosso per il sogno. Accidenti,
era un sogno davvero pazzesco !!! Ma
il tatuaggio è reale. Beh, poteva essere una specie di scherzo, e magari si
cancellerà prima di domani… Meglio dimenticare tutto quanto e-“
*Non provarci
neanche !
*E’ colpa tua, Connell
!
-Chi ha parlato ?
*Sei stato tu ad
ucciderci !
-Se è uno scherzo non è per niente divertente…
*Ehi, io sono morto
! Credi che lo trovi divertente !?
*Già, anche io !
*Anche io !
-Oh, merda. Ora sento pure le
voci…
* Solo uno sciocco,
o un pazzo… o l’uomo giusto… oserebbe possedere…lo Starbrand
!
-Io non sono pazzo !
*Evidentemente non
sei neanche l’uomo giusto.
-Forse è meglio chiamare Myron
che sentire le voci, dopotutto…
New York. Il telefono squilla, senza avere alcun effetto
sul suo proprietario. Squilla per più di quaranta secondi, visto che la
segreteria telefonica è rotta. O meglio, è stata smontata per capire come
sistemarla senza doverne comprare un’altra.
Non smette di suonare neanche dopo essere stato colpito da
un cuscino, o dopo le imprecazioni. Myron Feldman
si mette gli occhiali e risponde.
-Che c’è ?
-Myron…ho un problema.
-Anche io. Mi hanno svegliato alle 4.37 del mattino.
-Senti… tutto quello che ti dico… rientra nella
riservatezza dottore-paziente, o come cavolo si chiama, va bene ?
-Che… Connell ? Sei
l’ultima persona al mondo che mi sarei aspettato di risentire.
-Non mi farai pagare la telefonata, vero ?
-Tu stai pagando
la telefonata, Keith. Che succede ? Deve essere una
cosa seria.
-Lo è. Vedi, quando sono tornato a casa, sono dovuto
passare per Filadelfia. Ho incontrato un tizio che diceva di aver fatto un sogno
assurdo su un tatuaggio che era la causa di tutti i suoi problemi. Il tatuaggio
si chiamava Starbrand.
-Un tatuaggio…con un nome.
-Gliel’ha detto Reed
Richards. Poi ha perso il foglietto dove aveva
disegnato lo Starbrand, e se ne è andato. Ho tenuto
il foglietto e-
-Perché ?
-Come ?
-Perché hai tenuto il foglietto ?
-Gli era caduto dalla tasca e volevo ridarglielo, ma non ci
sono riuscito. L’ho messo in tasca senza neanche pensarci. Poi stasera l’ho
ritrovato, l’avevo messo in un cassetto…non so perché. E continuava a
muoversi, capisci ? Lo ritrovavo sempre sul cuscino. L’ho stracciato, ma
tornava sempre lì.
-Sei sicuro di non averlo sognato ? – interviene Myron
sbadigliando.
-No, dovevo ancora sognare ! Sono andato a dormire con il
disegno in mano, così non si sarebbe spostato. E’ stato allora che è
iniziato il sogno…
-Cosa hai mangiato stasera, Keith
? Doveva essere roba pesante…
-E tu saresti uno psicanalista laureato !?
-La laurea mi serve per i clienti che pagano, non per i
rompiscatole notturni.
-Senti, se non vuoi starmi a sentire…
-Andiamo, raccontami il resto del sogno.
-Il sogno non era ancora iniziato !!!
-Quello che è.
-Nel sogno c’era uno identico a me, solo che si chiamava Ken.
Stava andando in moto sulle colline di Pittsburgh, dove vado anche io… ed ha
incontrato un vecchio, che aveva il tatuaggio. Non ricordo cosa gli ha detto,
comunque gli ha passato lo Starbrand. E a questo
tizio venivano dei poteri fantastici, era indistruttibile e poteva sollevare le
montagne. Poi sono successe un mucchio di cose… accidenti, inizio a
dimenticarmelo… comunque, questo Ken tentava di
liberarsi del tatuaggio, ed ha provato a passarlo ad un pezzo di ferro. C’è
stata un’esplosione che ha distrutto Pittsburgh. Era tutta colpa mia, cioè di
quello identico a me !!!
-Penso sia un sogno molto interessante – un altro
sbadiglio – Ricordi quello che ti ho detto l’altra volta ? La tua paura dei
cambiamenti, di fallire in quello che gli altri si aspettano da te ? Il sogno
simboleggia tutto questo, la tua paura di fallire.
-Credo sia…più complicato di così, Myron
– sorride Keith guardando il tatuaggio sulla mano.
-Vai avanti.
-Poi le cose si fanno più confuse… quello identico a me
impazzisce, altri ricevono il potere, e si scopre che lui e il vecchio sono la
stessa persona, e anche mio figlio… cioè il figlio di Ken…
-Spesso i sogni non hanno una logica precisa, Keith.
Questo, poi, è peggio di una soap-opera.
-Ma era tutto così vero, Myron
! C’eri anche tu nel sogno, c’era anche Deb…
-C’ero anch’io ?
-Sì, facevi sempre lo psicanalista ma eri ancora qui…
prima mi dicevi di tenere segreto il mio potere, poi invece mi hai suggerito di
fare il super-eroe… ho incontrato Reagan, anche…
era ancora presidente…
-Con calma, Keith, con calma.
-Non posso ! E’ come se il sogno fosse durato anni, ma
compressi in pochi secondi ! Sono riuscito ad afferrarne solo una parte !
-Come finiva ? – chiede Myron
guardando l’ora.
-Qui il sogno diventa più complesso, c’era un super-eroe
prendeva il potere e lo portava nel suo universo. Poi lo passava a una ragazza
e… non so cosa è successo dopo, ricordo un mostro con la faccia viola che lo
rubava, e lo usava per combattere…non so, un qualcosa pieno di teschi. Non so
come, ma lo davano al tizio della stazione. Incontrava i Fantastici Quattro
perché rischiava di distruggere l’universo o qualcosa del genere,
ma Reed Richards
gli fa dimenticare di averlo e non so come gli fa avere una vita migliore.
Diceva che lo Starbrand era cambiato, che stava
diventando qualcosa di completamente diverso… e il tizio lo disegnava su un
foglietto. Mi sono svegliato con questa luce fortissima sulla faccia, e credo di
essere svenuto… Myron ? Ehi, mi stai a sentire ? Myron
?-
Si sente il rumore di uno sciacquone, in lontananza.
Qualche passo.
-Scusa Keith, stavi dicendo ?
-Non hai ascoltato niente di tutto quello che ho detto !!!
-Ora che l’hai raccontato a voce alta, ti sei reso conto
che era solo un sogno ?
-Dannazione, Myron, non era
solo un sogno ! Ho il tatuaggio sulla mano !!!
-Cioè il tizio lo ha passato a te come il vecchio lo aveva
passato all’altro Connell ?
-Non lo so, penso di sì… hanno detto che lo Starbrand
è cambiato, forse c’entra qualcosa…
-Sei sicuro di
vedere il tatuaggio, Keith ? Oppure che tu non te lo
sia fatto fare oggi pomeriggio ?
-Certo che ne sono sicuro !!!
-Pensi ancora di non avere bisogno di un analista ?
-Myron, ho volato.
-Hai volato !?
-Beh, più o meno. Ero a un metro dal letto !
-E non l’hai sognato.
-No…insomma, non credo.
-Prendi qualche farmaco ultimamente, Keith
?
-Senti, non sono pazzo !
-Allora perché mi hai chiamato ?
“Meglio non dirgli che è perché ho sentito le voci,
suppongo”
-Perché adesso ho il tatuaggio sulla mano, e…e non
voglio questo potere, capisci ?
-Quale potere ? Che hai fatto ?
-Te l’ho detto, ho volato.
-Nel sonno.
-E ho sollevato il letto.
-Davvero l’uomo più potente dell’universo.
-Accidenti, Myron, mi serve il
tuo aiuto !!!
-Prendi un appuntamento…non faccio visite notturne. Ah,
ricordati di portarmi i cinquanta doll-
Il telefono si sbriciola sotto la stretta di Keith,
finendo in mille pezzi sparsi sul pavimento.
-Dannazione, non sono pazzo ! Non era solo un sogno !
Colpisce il muro con un pugno, mandandone una parte in
frantumi. Keith osserva i calcinacci, li tocca con
la mano e li sposta: sono veri, questo non è un sogno.
-Ancora non ci credo… ma sembra che abbia dei
super-poteri… come nel sogno. Forse è tutto vero e sono davvero un
super-uomo…
Stringe il pugno, pronto a metterci tutta la forza che
ha…e la rilascia, come prima, in un pugno. Il rumore è più modesto, tanto da
essere coperto dalle sue urla.
-Cazzo…penso di
essermi…rotto la mano…
La porta trasparente si apre, lasciando entrare l’uomo
che slaccia il lungo cappotto. Le luci del locale sono spente, solo un paio di
neon portano un po’ di luce.
Dal retro spunta una ragazza, dall’espressione
visibilmente assonnata.
-Mi spiace, non siamo ancora aperti.
-Lo so. Aprirete domani.
L’uomo si siede tranquillamente al bancone, guardandosi
attorno con calma ed attenzione.
-Come fa a saperlo ?
-Me lo ha detto lei.
-Quando ?
-Non lo so, deve ancora dirmelo.
“Il mio secondo turno di notte e già mi capita un
pazzoide. Se non altro non sembra un barbone…”
-Molto divertente. Comunque dovrebbe uscire…
-Ma già che sono qui, tanto vale servirmi da bere – dice
distrattamente mentre analizza la sbarra di alluminio sotto il bancone.
-…ma già che è qui, tanto vale servirle da bere. Cosa
prende ?
-Un semplice caffè, grazie. Quando dovreste aprire ?
-Domani.
-Oh, interessante.
“Questo è completamente fuori di testa” pensa la
ragazza, mentre prepara due caffè – ne avrà bisogno – “Però
improvvisamente non mi dà più fastidio, questo tizio
emana…qualcosa…mandarlo a quel paese sarebbe come rubare dalla cassetta
delle offerte… “
-E’ un bel posto. Io me ne
intendo, quando posso vado sempre in negozi nuovi o che stanno per aprire. Ho
una specie di…affinità, con le cose che devono ancora accadere.
-Capisco. Ecco il suo caffè.
-Grazie. E’ un hobby strano, lo so… ma c’è chi
pretende sacrifici umani o voti di castità, il mio è poco più che un vezzo.
-E quando non visita posti dove non può ancora entrare,
cosa fa nella vita ?
-Lei è un’ottima barista, ha un futuro nel settore. Mi
creda, mi intendo di queste cose.
-Davvero ?
-Lavorerà in questo bar per tre anni, poi si trasferirà
assieme a suo marito Bill, in Lousiana
mi pare, e aprirà un nuovo bar esattamente in centro. Situazione promettente,
passerà l’attività a suo figlio e il bar resterà di famiglia per cinque
generazioni, poi lo venderete ad una certa signora Rosemann.
La ragazza lo guarda con occhi sgranati, mentre lui beve il
primo sorso di caffè. Si lecca le labbra e continua.
-Ovviamente, può anche non andare così. Potrebbe sposare
qualcun altro, potrebbe decidere che il sogno della sua vita è vendere
assicurazioni, o potrebbe anche finire sotto un camion la settimana prossima.
Dipende tutto da come mi sveglierò domani mattina. Se
mi sveglierò. Se avrò dormito. Devo
controllare.
-Già, naturalmente. Capita anche a me, se mi sveglio
dell’umore sbagliato il Sole può anche iniziare a girare attorno alla Terra.
-Chissà ? Tutto può accadere.
-Mi faccia indovinare…fa lo scrittore ? O il filosofo ?
-No, sono solo un dio a tempo perso.
-Un dio ?
-Eh sì. Sono il dio del futuro, mio malgrado.
-Allora è nel posto giusto, Thor
è passato di qui giusto la settimana scorsa.
-Thor. Eh. Mi è sempre
sembrato ridicolo, quel nome. Almeno credo, non ho una buona memoria… non del
passato, cioè.
-E il suo nome quale sarebbe, vostra divinità ?
-Per carità, lasciamo stare le espressioni arcaiche, non
le sopporto. Mi chiami pure Logos. Desmon Logos.
-Com’era il caffè ?
-Non male, non male. Ora, se non le dispiace, dovrò andare
ad incontrare un certo Connell. Oh, faccia
attenzione alla tazzina… - si ricorda mentre riallaccia il cappotto - se ci
mette i fondi del caffè, leggerà la sua data di morte. Io l’ho avvisata, poi
non se la prenda con me. A volte lo fanno… penso.
-Non si preoccupi, non le farò causa. Ma preferirei che
adesso pagasse il conto.
-Posso sempre pagare un’altra volta.
-Può sempre pagare un’altra volta. Buona giornata,
signor Logos.
-Sì, penso che potrebbe anche esserlo…sarò di buon
umore, oggi.
Esce dal bar, e solo quando la porta si richiude lei si
ricorda di non averla mai aperta. E si rende conto di averlo fatto uscire senza
farlo pagare… infine, quando cerca di ripensare a lui, non riesce a ricordare
un solo particolare del suo aspetto.
“Oh, beh…immagino che mi tornerà in mente, in
futuro…”
Pittsburgh, le cinque di mattina. Le strade sono deserte,
illuminate solo da sporadici lampioni. Tenendo la mano nella tasca della giacca,
Keith cammina furtivamente guardandosi continuamente
attorno. Può anche essere paranoico come comportamento, ma considerando quanto
è successo stanotte è particolarmente incline alla paranoia…abbastanza
comprensibile, dopotutto.
“I casi sono due, o sono in guai grossi o sono pazzo, il
che sarebbe un guaio anche peggiore. Detesto
farlo, ma l’unico che può veramente aiutarmi è Myron…
che ovviamente non spenderà un altro centesimo per me, a meno che non glielo
renda con gli interessi. Devo dare fondo ai miei risparmi ed andare a New
York”
Con un certo sollievo, una volta arrivato al bancomat non
c’è nessuno intorno. Prende la carta di credito e la inserisce, digitando il
codice.
La mano gli fa un male cane, forse dovrebbe farla vedere da
qualcuno… anche se per mezzo secondo gli viene il pensiero di non dover far
vedere il tatuaggio a nessuno. Ma è solo un tatuaggio, che male può fare ?
“Settantacinque dollari…accidenti, credevo di avere di
più. A parte qualche spicciolo è tutto quello che ho, spero che possa bast-“
Ferma il pensiero, sentendo un oggetto acuminato dietro la
schiena, a cui segue una voce un po’ nasale.
-Preleva tutto e dammi i soldi. Non pensare neanche di fare
scherzi.
-C-certo…
Mentre preleva i soldi, inizia a riflettere su cosa
fare…concentrandosi sul restare calmo.
“Oookay…ho buttato giù un
muro, potrò fermare un ragazzino di quindici anni con un coltello. Ma che vado
a pensare !? Neanche sono sicuro di avere tutte le rotelle a posto ! Mi sono
quasi rotto la mano, e non stavo rischiando la vita allora… Però, se lo
fermassi, sarei sicuro di non essere pazzo…”
-Allora ? Muoviti !
-S-sì…
Prende i soldi e li passa al ragazzo, che lo spinge contro
il bancomat e scappa a gambe levate. Keith resta a
guardare, sentendo che le gambe hanno finalmente smesso di tremare.
-Idiota !!!
Prende a pugni il bancomat, mandandosi di nuovo la mano in
fiamme.
-Aaarrggh ! Odio la mia vita
!!!
Interstate 70, Pennsylvania. Un
leggero colpo di vento rinfresca l’aria, trovandosi davanti all’improvviso
un ostacolo. Lo spazio che un istante prima era occupato solo da comunissima
aria è stato rimpiazzato da un uomo con un lungo e pesante cappotto marrone.
Osserva le proprie mani, come se non fosse del tutto abituato ad averle, e
guarda distrattamente il paesaggio, poco interessante. Una smorfia accompagna il
suono elettronico proveniente da una delle tasche, talmente distorto che neanche
il più esperto conoscitore di musica classica vi riconoscerebbe il brano di Bach.
Il piccolo cellulare si apre a metà con uno scatto secco.
-Powder. Tutto a posto, non mi
ha visto nessuno. Novità ? Si, lo immaginavo. Se li ho già trovati ?
Il cambio di luminosità è veloce, e l’uomo volta
lentamente lo sguardo per fissare il camion che si avvicina, ed analizzare il
buffo suono che emette il clacson.
-Puoi scusarmi un momento ?
Il camion inizia a frenare, ed il guidatore si rende conto
di non avere abbastanza spazio proprio mentre la mano sinistra del pedone si
alza e mostra il palmo. Il camionista fa a malapena in tempo a notare uno strano
bagliore, prima che un calore inimmaginabile avvolga tutto il mezzo.
L’esplosione è quasi cinematografica, come raramente
capita nella realtà, mandando frammenti di metallo in tutte le direzioni.
Alcuni di essi vengono calpestati da costose scarpe italiane, e l’uomo con la
giacca marrone si allontana tranquillo, con alle spalle l’incendio.
-Scusa. Stavi dicendo ? No aspetta… come sarebbe a dire
profilo basso !?
Si volta a guardare le fiamme che vengono mosse dal
venticello notturno, bruciando centinaia di dollari di prodotti agricoli.
-Cazzo, me lo potevi dire prima
!!! Sai che hai combinato !?!? Adesso mi toccherà andare a Pittsburgh a piedi,
e sai che odio viaggiare !
Scavalca il guardrail, ascoltando con attenzione e
disappunto la voce all’altro capo del telefono.
-Sì, sono tutti nei paraggi… il vecchio, il dio e il
disegno. Potrei anche… e che cavolo…
Un altro camion si ferma a pochi metri dall’incendio, e
dall’altra parte della strada arriva ancora un altro mezzo.
-Senti, ti richiamo io.
Ripone il cellulare nella tasca della giacca, si fa
scroccare le dita e sorride. In fondo non è un brutto posto…
L’immaginazione
è l’unica arma nella guerra contro la realtà.
Jules
de Gaultier
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