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di Marco Esposito

#9

Le Tre Costanti, parte 2

Marte

“Identificatevi, per favore”.

Carol Danvers stava volando dinanzi a tre creature dall’aspetto umanoide, maestose nell’aspetto e allo stesso tempo spaventose. L’ibrido umano-kree riusciva a percepire l’energia cosmica emanata da quelle creature a decine di metri di distanza. La stessa energia fluiva attraverso la superficie del pianeta ed attraverso la sua nuova e depurata atmosfera, pulsando in ogni forma di vita che ora ricopriva il Pianeta Rosso.

“Perché dovremmo?” domandò Abisso incurvando le labbra in una smorfia disgustata.

“Perché siamo esseri educati, sorella” le rispose Ex-Nihilo sorridendo alla squadra dello SWORD, immobile davanti a loro. “Noi siamo le tre Costanti Universali, terrestri. La Creazione, la Distruzione e la Conservazione. Ognuno di noi compie il suo ruolo nel Cosmo per mantenere l’Equilibrio, non c’è nulla che dobbiate temere”.

“Perché avete terraformato Marte?” chiese Carol con freddezza, senza farsi abbindolare dalle parole dolci dell’uomo.

Ex-Nihilo ridacchiò. “Per l’Equilibrio. Tutto ciò che facciamo lo compiamo in onore dell’Equilibrio”.

Hyperion scosse la testa. “Mi pare che abbiate creato uno Squilibrio, invece. Tutta questa vita non faceva parte del destino di questo pianeta”.

“E tu come fai a saperlo, mortale?” domandò Abisso. “Creare non significa cambiare l’Equilibrio, la Creazione fa parte del ciclo continuo che permette di mantenerlo, insieme alla Distruzione e alla Conservazione”.

“Il discorso fila” commentò il Cavaliere Nero mentre tamburellava con le dita sull’impugnatura della Spada d’Ebano.

“In effetti” disse Smasher mentre ordinava mentalmente ai suoi occhiali di analizzare le scie di energia emanate dalle creature, ricevendo come risposta solo delle trasmissioni vaghe e discordanti. Con un altro comando ordinò alle lenti di focalizzare meglio le proprie rilevazioni, ma i dati non sembravano cambiare.

“Non provare ad analizzarci, umana” le disse improvvisamente Aleph. “Le nostre emanazioni non sono qualcosa che voi o i vostri gadget ed apparecchi elettronici potete comprendere”.

“E per quale motivo non dovremmo?” chiese Carol. Nonostante ciò che avevano detto quegli esseri, ancora non riusciva a fidarsi di loro. E non si sentiva sicura dinanzi a delle creature capaci di dar vita ad un intero pianeta con uno schiocco di dita.

“Perché voi non siete di questa dimensione” disse all’improvviso Manifold, con gli occhi socchiusi mentre il suo potere mutante lo rendeva conscio di quanto aveva appena detto. “Vedo delle singolarità attorno a voi, simili a quelle che io uso per teleportarmi. Non siete originari di questa dimensione oppure…”.

“… oppure abbiamo passato molto tempo in un’altra” disse Ex-Nihilo. “Sì, ragazzo. Hai scoperto il nostro piccolo, grande segreto”.

“Manifold, non capisco” intervenne Carol.

“Vedo delle tracce di altre dimensioni, di altri universi” spiegò lui. “Di tantissimi universi”.

“Esatto” si congratulò Ex-Nihilo. “ Abbiamo passato miliardi di anni esiliati, costretti in una vasca dimensionale dove tutti gli universi collidevano… tranne questo, il nostro giardino preferito”.

“E per quale motivo siete stati esiliati?” chiese Carol.

“Oh, è una storia lunga” tagliò corto il colosso dorato. “Ora dobbiamo passare alla nostra prossima tappa”.

“Che sarebbe?”

“Distruggere la Terra” ghignò Abisso.

Carol sbarrò gli occhi, sconvolta dalla semplicità con cui la donna aveva pronunciato quelle ultime parole.

“Fateli a pezzi!” esclamò all’improvviso.

Hyperion fu il primo a recepire il comando, spinto dal suo istinto accelerato e dai suoi sensi sovrumani talmente acuti che gli avevano permesso di sentire le parole della donna anche prima che le pronunciasse.

I suoi occhi brillarono e poi, velocissimi, dei raggi ottici divamparono dalle sue cornee e volarono verso Ex-Nihilo, colpendolo con tanta forza da farlo barcollare indietro e farlo cadere a terra.

“Oh, lui è quello forte” ridacchiò Abisso. “Mi piace”.

Mentre pronunciava le ultime parole il suo corpo iniziò a dissiparsi in lunghe scie di fumo nero. Il fumo prese a scorrere lungo il terreno e, velocissima, la donna si materializzò alle spalle di Hyperion. Prima che lui potesse accorgersi di ciò che stava accadendo, lei lo abbracciò e gli sussurrò nell’orecchio: “Vieni con me”.

In quello stesso momento entrambi si dissolsero in una nebbia scura che poi vorticando sparì nel nulla.

“Hyperion!” esclamò Carol, per poi voltarsi verso Eden. “Dove lo ha portato?! Vallo a riprendere!”.

“Non posso, non so dove sia finito” disse lui, mentre usava i propri poteri per esaminare lo spazio circostante, tentando invano di rilevare incongruenze nella struttura del cosmo.

“Ovviamente non puoi trovarlo” commentò Ex-Nihilo. “Abisso lo ha portato nel luogo da cui tutto viene creato, nel Nulla”.

“Odio lo gente che parla per enigmi” disse il Cavaliere Nero mentre con un balzo si scagliava verso l’uomo dalla pelle d’oro, con la Lama d’Ebano ben sollevata in aria.

Ma, poco prima di poter abbattere la spada contro il volto di Ex-Nihilo, questi mosse la mano con noncuranza evocando un grande flash luminoso che avvolse Dane e lo fece volare via, a decine di metri di distanza.

“Suvvia, pensate davvero che una spada possa ferirmi?” chiese il colosso dorato mentre agitava di nuovo la mano. Il terreno sotto i piedi di Dane allora vibrò ed iniziò a sbriciolarsi facendo volare zolle di terra verso il cielo. Poi delle sottili radici verdi iniziarono a confluire attorno al corpo dell’uomo e lo avvolsero in un rigido bozzolo di cortecce, ancorandolo per bene al terreno ricoperto di erba. Alcuni rami avvolsero la Spada d’Ebano e, con forza sovrumana, la strapparono dalla presa dell’uomo e la trascinarono sotto terra, così che lui non potesse recuperarla.

“Chi è il prossimo?” domandò Ex-Nihilo con un sorriso.

“Ragazzi, liberate Dane” disse Carol con espressione decisa mentre la sua pelle si illuminava ed i suoi capelli iniziavano a tramutarsi in lunghe fiamme scarlatte. “Ho abbastanza energia per occuparmi di questi due”.

Con un ultimo comando mentale richiamò l’energia che la circondava, filtrando le forze cosmiche evocate dalle Costanti ed incanalandole attraverso il suo corpo così che in pochi attimi fu capace di assumere la forma di Binary.

Poi Miss Marvel si lanciò contro Ex-Nihilo, volando a tutta velocità verso di lui. Lo afferrò con le braccia attorno al ventre e poi lo sollevò verso l’alto, trascinandolo insieme a sé negli strati più alti dell’atmosfera di Marte, lontano dal terreno che lui aveva tramutato in un paradiso.

Poi, quando i due divennero macchie indistinte nel cielo marziano, questo esplose e si tramutò in una grande fornace incandescente, mentre i due esseri cosmici lottavano con tutte le proprie forze.

Senza perdere tempo, Smasher ordinò mentalmente ai propri occhiali di potenziarla e questi iniziarono ad attivare i complessi processi di riarrangiamento molecolare che gli permettevano mutare geneticamente la ragazza, donandole i poteri che desiderava.

Esovisione attivata le sussurrarono nella testa e la ragazza, velocissima, rilasciò una grande esplosione di energia cremisi dai propri occhi. Il colpo si abbatté su Aleph, impreparato, e lo fece ruzzolare a terra.

“Eden, libera il Cavaliere!” ordinò Izzy mentre continuava a scagliare colpi di energia contro l’uomo metallico. “Ti copro le spalle!”

Il robot emise una serie di rumori meccanici ad ogni attacco ricevuto, simili a quelli di una radio che tentava di sintonizzarsi, e mentre si rimetteva in piedi, scrollandosi facilmente di dosso le nuove scariche scarlatte, distese bene la propria mano verso Izzy. La punta di ognuna delle sue dita si illuminò e poi emise dei raggi dorati, che ruotando l’uno sopra l’altro si fusero formando una ben più grande vampata luminosa.

Velocità sovrumana attivata. Suggerito anche un aumento di forza.

Izzy annuì mentalmente, dando il via al processo di potenziamento generato dagli occhiali. Si udì un rombo e in quello stesso istante la ragazza, con pochi passi, superò la velocità del suono e fu in grado di evitare l’attacco di Aleph.

Poi, mantenendo la sua assurda velocità, la ragazza si schiantò contro l’androide. Il colpo fu così forte da spappolare il ventre del robot, che però non sembrò venire neanche stordito dall’attacco.

Dei lunghi fili meccanici fuoriuscirono dal foro che si trovava nel punto in cui Smasher lo aveva centrato. Alcuni di questi si fusero tra di loro in schemi sempre più complessi, andando a riparare il danno ricevuto, mentre altri saettarono verso la ragazza e l’afferrarono come dei serpenti, costringendola in una presa salda ed indissolubile, impedendole persino di respirare.

“Sono la Conservazione” disse il robot. “Non posso essere distrutto”.

Izzy annaspò, provando a concentrarsi. Gli occhiali gli stavano urlando nella testa, suggerendole mosse evasive e variabili da considerare, ma lei li ignorò tutti, incapace di trovare la concentrazione necessaria. Il panico le attanagliò le viscere nel vedere l’enorme volto del suo nemico avvicinarsi al suo, con gli occhi che brillando minacciavano di ucciderla.

Doveva liberarsi, si disse. Doveva a tutti i costi tentare di sovrastare quella creatura. Le serviva solamente una buona idea, doveva guadagnare tempo per permettere a Manifold e al Cavaliere Nero di aiutarla. Se solo quei due si fossero sbrigati, pensò.

Le rimanevano solo alcuni minuti di ossigeno, e non era sicura di poterne sintetizzare altro con gli occhiali. I lacci erano troppo stretti, non sarebbe mai riuscita a liberarsi, erano più resistenti dell’acciaio.

Dannazione, pensò. Stava per morire lì, senza aver avuto neanche la possibilità di mostrare al mondo che bravo supereroe sarebbe potuta diventare. Il suo sogno era di salvare il mondo e stava fallendo miseramente. Voleva diventare come… come…

“Wolverine” riuscì a sillabare.

SNIKTI!

Dalle sue mani, all’altezza delle nocche, esplosero tre paia di raggi energetici, che assunsero in breve l’aspetto di lame solide formate di scintillante energia. Queste nello stesso momento in cui apparirono riuscirono a tagliare i cavi metallici, permettendo a Izzy di liberarsi dalla presa del robot. Poi, senza perdere neanche un’istante, piantò gli artigli sulla sua testa, costringendolo ad emanare quello che sembrava un gemito di rabbia.

“Fatti sotto, cocco” ghignò mentre con un altro rapido movimento recideva le gambe dell’androide, che cadde a terra, mentre altri cavi metallici tentavano di riparare il danno, tagliati ogni volta però dalla furia incontrollata di Smasher.

Nel frattempo Manifold si era avvicinato al Cavaliere Nero, ancora conscio sotto il peso schiacciante delle radici marziane.

“Aspetti un attimo, signore” disse il ragazzo, ponendo le mani sulle radici. “Le piante sembra che stiano bloccando i miei poteri”.

Si concentrò sugli spessi tralici, notando che ogni volta che tentava di oltrepassarli con il suo potere essi sembravano respingerlo indietro.

“Sbr…rigati” riuscì a farfugliare Dane. “Non…spiro”.

Eden annuì. I suoi poteri erano basati su precise leggi e regole matematiche. Ogni volta che li usava la sua mente eseguiva in parte in maniera conscia ed in parte in maniera inconscia complessi calcoli per impedire che lo spazio che lui piegava al suo volere venisse danneggiato o danneggiasse altre cose. Pertanto, anche se qualcosa lo stava bloccando, non doveva avere paura, si disse. La matematica lo avrebbe aiutato.

“Ci sono, signore” disse e il corpo del Cavaliere Nero iniziò a brillare di energia. “Solo un attimo…”.

Il corpo esplose in centinaia, luminose scintille, e le radici, senza più nulla da trattenere, si compattarono su loro stesse e tornarono di nuovo dentro il terreno.

Ma del corpo del Cavaliere Nero non c’era traccia.

Eden si alzò in piedi, allarmato, ed iniziò a guardarsi intorno.

Fa che non l’abbia teleportato nel Sole, pregò fra sé e sé quando si rese conto che non c’era più traccia dell’uomo. Dannazione, non poteva aver sbagliato i calcoli.

Ma poco prima che venisse colto dal panico, in un lampo di luce, la sagoma di Dane si materializzò accanto a lui. Ansimante, l’uomo prese delle ampie boccate d’aria e si appoggiò al ragazzo. Era ferito, con un lungo taglio lungo la fronte e varie escoriazioni lungo il corpo. L’armatura era ammaccata e la sua pelle sembrava essere bruciata.

“Perché ci hai messo tutto questo tempo?” domandò, stizzito, mentre tentava di rimettersi ben diritto.

“Le piante mi bloccavano” si scusò Manifold.

“Non importa, dov’è mia moglie?”.

“Combatte in aria con il tipo dorato che l’ha ridotta così” rispose Eden indicando con un gesto le ferite dell’uomo.

“Fantastico” commentò il Cavaliere mentre scuoteva la propria mano ed evocava la Spada d’Ebano, liberandola dalla sua tomba sotterranea. “Ora basta parlare, dobbiamo aiutare Izzy”.

La ragazza, ad una decina di metri da loro, era ancora impegnata a togliere di mezzo il groviglio di cavi e filamenti meccanici, tagliandoli con cura tramite gli artigli energetici che aveva evocato poco prima.

“Teleportami sopra il robot, Eden” ordinò il Cavaliere Nero. “E per favore, sii preciso. Non avrò molte chance di recidere la sua testa”.

“Mi dia un secondo per calcolare le cordinate e…” iniziò a mormorare il ragazzo mentre il Cavaliere Nero iniziava a dissolversi in un mare di luce, a partire dalle gambe fino al capo. “Ci siamo”.

In quello stesso momento la figura del Cavaliere apparì sopra l’androide, con la Lama d’Ebano sguainata verso il mostro metallico. Con un taglio secco ed un rumore stridente, la Spada riuscì a tagliare attraverso il corpo di Aleph, ed in pochi attimi il capo della Costante Cosmica venne reciso e cadde a terra.

Contemporaneamente il suo corpo si bloccò e poi si afflosciò a terra, ed i cavi metallici che tentavano di strangolare Izzy arrestarono la propria furia e caddero, lasciandola libera.

“Grazie, Cavaliere”

“Non c’è di che, Smasher” rispose lui mentre sollevava lo sguardo verso il cielo luminoso, tentando invano di identificare sua moglie. “Potete raggiungere Carol per darle una mano, ragazzi?”.

“Non credo di riuscire a respirare nell’alta atmosfera, signore” disse Eden. “Qui c’è ossigeno, ma non credo che dove si trova Miss Marvel ce ne sia”.

“Io posso tentare” replicò invece Smasher. “Occhiali, attivate la funzione di volo e resistenza all’attrito. Ed adattate i miei polmoni, per favore”.

Adattamento iniziato, attendere alcuni secondi.

“Mi serve solo qualche… GAH!”.

Il cielo esplose, brillando di una furia luminosa che accecò il trio. L’aria attorno a loro bruciò ustionando la loro pelle e il terreno tremò e si sbriciolò costringendoli a cadere a terra.

Poi, con un fragoroso boato, un oggetto cadde dal cielo, troppo velocemente perché potesse venire identificato. Atterrando, fece esplodere il suolo scarlatto e generò un’onda d’urto che travolse ogni cosa nel raggio di chilometri, distruggendo le piante e facendo gridare di dolore gli animali e i tre agenti dello SWORD.

Questi ultimi, con le ultime forze che gli rimanevano, riuscirono a sollevare lo sguardo verso il punto da cui era provenuto quell’ultimo, improvviso attacco.

Ex Nihilo, sorridente, si ergeva nel bel mezzo di un cratere rovente. Aveva una mano alzata e avvolta di energia dorata, puntata verso il gruppo, mentre con l’altra mano teneva stretta in un presa ferrea la chioma di Carol Danvers, apparentemente svenuta, con il corpo svuotato dell’energia di Binary e pieno di tagli e lividi.

“NO!” gridò Dane prima che Ex Nihilo scatenasse l’ultimo colpo verso di loro, facendogli capire cos’era il vero dolore.

*

“Ho perssso il collegamento”.

“Dannazione!” esclamò Abigail Brand battendo un pugno sul lungo tavolo circolare che aveva davanti.

Aveva appena perso cinque agenti superumani e c’erano delle forze cosmiche in gioco. Sentì un senso d’ansia attanagliarle lo stomaco e le sue meningi iniziarono a pulsare convulsivamente.

“Forssse dovremmo chiamare i Vendicatori” intervenne Sidren con tono serio.

“NO!” gridò Abigail. Niente Vendicatori, pensò. Le Nazioni Unite avrebbero potuto toglierle l’incarico e addirittura smantellare l’intero SWORD se lei avesse richiesto l’intervento dei tipi in costume, non facendo altro che far loro capire che la struttura da lei gestita aveva fallito.

Si girò verso uno degli agenti che con frenesia stava eseguendo dei calcoli ad una delle console della Sala Riunioni, tentando di rintracciare gli agenti dispersi, e gli ordinò:

“Chiama Tamara Devoux, dille che devo vederla. Usa pure la forza per portarla qui, se necessario”.

L’agente annuì e corse fuori dalla stanza.

“Che hai intenzione di fare, Brand?” le chiese Sidren.

“Sei un telepate, non far finta di non saperlo” rispose lei.

“Vuoi attivare la Forza Enigma dentro di lei per andare su Marte e recuperare gli agenti”.

“Esattamente. E se necessario userò la Devoux per uccidere chiunque abbia terraformato Marte”.

“Gli schermi mentali che abbiamo creato per Tamara sono unici nel loro genere, sono stati un vero e proprio esperimento telepatico. Ben riuscito, certo, ma consistente sempre in un prototipo. Se le permettiamo di accedere ad alcuni dei suoi poteri gli schermi potrebbero rompersi e ti ritroveresti con un’altra emergenza cosmica” disse Sidren.

“Penseremo a come abbattere Tamara dopo, Sidren” disse la Brand. “Ora mi serve a tutti i costi Capitan Universo”.

“Ti ho già detto che non voglio essere un supereroe”.

Tamara era entrata nella stanza, scortata dall’agente mandato dalla Brand. I suoi occhi brillavano e la sfera di energia azzurra al centro del suo petto sembrava essere diventata ancora più luminosa.

“Non mi interessa la tua opinione” ribatté Abigail mentre si voltava verso il telepate. “Sidren, procedi pure”.

“Non puoi decidere al posto mio!” esclamò Tamara, furiosa. “Che diritto hai di scegliere per me se devo o non devo usare questi stupidi poteri?!”.

Abigail imprecò, perdendo le staffe.

“Senti, stupida ragazzina” esclamò nella sua direzione, avvicinandosi a lei fino a ché il suo volto si trovò a qualche centimetro da quello di Tamara, che trasalì. “Cinque agenti, cinque persone che al contrario di te avevano messo le loro doti a disposizione del resto del mondo, sono dispersi – probabilmente morti – per salvare il culo a gente come te. Non mi interessa se hai un complesso o hai subito dei traumi: ora tu ti prenderai le tue responsabilità e mi aiuterai a rimettere a posto le cose”.

Tamara abbassò lo sguardo.

“Che cosa devo fare?” chiese, rassegnata.

Abigail tirò un sospiro di sollievo. Si girò verso Sidren e gli disse: “Sblocca i suoi poteri, partiamo subito”.

“Partiamo?” chiese Tamara. “Vieni anche tu?”. Nel frattempo Sidren le si era avvicinato ed aveva posto le sue dita sul suo capo, procedendo con la complessa operazione telepatica.

“Vengo solo io, cara” rispose la Brand. “Hai finito?”.

Sidren le mandò un’occhiataccia. “Non è sssemplice come pensssi, Brand”.

“Non penso che sia semplice, penso solo che tu ti debba sbrigare” replicò lei.

“Che cosa dobbiamo fare, di preciso?” chiese Tamara.

“Salvare il mondo” tagliò corto la Brand. “Ti aggiornerò dopo su tutto quello che devi sapere”.

“Ho finito, Tamara” disse Sidren allontanandosi da lei. “Devi solo concentrarti e…”.

Prima che potesse finire la sua frase, il corpo della ragazza brillò e rapidamente i suoi vestiti mutarono, tramutandosi nel costume composto di sottili strati di stelle che la ragazza aveva indossato qualche tempo prima. Come se fosse liquido, il costume le avvolse il corpo, lasciando scoperta solamente la sua testa.

Tamara prese un profondo respiro, assaporando la forza che sentiva scorrergli nelle vene. Non era la stessa di quando si era trasformata la prima volta, riusciva chiaramente a capirlo, ma in qualche modo le trasmetteva uno strano senso di onnipotenza.

“Bene, ora che sei pronta possiamo partire…”.

“No” intervenne improvvisamente Sidren. “Non sssu Marte… è sssuccesssso qualcosssa sssulla Terra”.

“Che genere di cosa?”.

“Percepisssco dissstruzione e morte” mormorò il telepate. “Il chaosss”.

“Non mi sei d’aiuto Sidren” disse la Brand. “Lascia stare la tua vena poetica e dimmi che succede. E limita le “s” per favore”.

“Mi domando come mai nesssuno abbia mai provato ad ucciderti, Brand” ringhiò Sidren.

“È una delle domande che mi tiene sveglia di notte… che sta succedendo”.

“Un’intera città in Montana è ssstata dissstrutta dalle ssstessse energie cosssmiche provenienti da Marte” disse l’alieno equino. “Hyperion sssi trova lì”.

“Oh” disse Abigail, sorpresa. “Forse vogliono trasportare lì, anche gli altri”.

“Quindi?”.

“Quindi andremo in Montana, Tamara. E forse potrò finalmente sparare a qualcuno”.

*

Ex Nihilo sollevò la testa di Aleph dal terreno.

“Stai bene, fratello?” gli chiese.

“Quella Spada è riuscita a tagliarmi… non è di questo Universo” rispose lui con voce tremante. “Devi sbarazzarti di essa e di quelle Meraviglie. Rischiano di interrompere la Conservazione”.

“Certo, lo farò” disse Nihilo. “Ma prima – mentre tu ti rigeneri – voglio giocare un po’ con i nostri prigionieri”.

“Abisso ha già preparato il terreno di prova per il Seme della Vita” ribatté Aleph. “Ha purificato parte della Terra con il Seme della Morte, devi sbrigarti prima che la Distruzione dilaghi: devi mantenere l’Equilibrio”.

“Dammi qualche minuto e raggiungerò Abisso, stai tranquillo” ghignò l’uomo dorato. “Questi esseri umani ci hanno dato fin troppi problemi per non prendere un po’ di soddisfazione dalla loro sofferenza. E per non distruggere le loro fragili menti”.