PROLOGO: Snowfall, Montana
Se in quella stagione, alcune
zone di quello stato erano baciate dalla calda aria del pacifico, alla quota di
“Posto del cavolo.” L’uomo
bevve una lunga sorsata da una fiaschetta d’acciaio zincato tutta ammaccata. Si
pulì i baffi col dorso della mano, quindi usò la stessa per prendere da una
tasca un sigaro e una scatola di cerini. “Un evaso come si deve dovrebbe
squagliarsela in un posto caldo, magari una bella isoletta nei Caraibi,
indossare una bella hawaiana per farsi riconoscere e farsi inseguire al massimo
per cento metri prima che gli metta le manette addosso…” diede un morso al
sigaro, abbassò il finestrino e sputò il frammento.
Il frammento non arrivò
neppure al finestrino: con un ringhio, la testa di una specie di lupo scattò in
avanti, velocissima, e afferrò a mezz’aria quel singolare boccone! Con un brontolio
di soddisfazione, il cane masticò la sua preda e la mandò giù. Posò la testa
sulla spalla dell’uomo e uggiolò fissandolo con occhi imploranti.
L’uomo si accese il sigaro.
“Secondo la scienza ufficiale, dovresti essere morto, vecchio mio.”
Il cane-lupo, un misto fra il
selvaggio animale ed un pastore tedesco, uggiolò di nuovo, e si leccò le
labbra, sempre tenendo gli occhi fissi sul sigaro.
“Niente da fare, golosastro.”
L’uomo gli sbuffò una nuvoletta sul naso. L’animale tirò indietro la testa,
starnutendo un paio di volte e poi scuotendola. Ringhiò.
L’uomo tornò a fissare il
panorama con il binocolo, un modello monovisore di tecnologia molto avanzata
–uno dei tanti doni dei suoi ultimi clienti. Ma per quanto fosse sofisticato,
tutto quello che i suoi sensori rilevarono furono dei cani selvatici, conigli e
uccelli. “Posto del cavolo,” disse l’uomo… “Mi sa che il nostro amico se l’è
già squagliata dove la legge americana non può arrivare… Hm?”
Un puntino giallo
intermittente si era messo a brillare al centro del bordo superiore della
visuale. L’uomo spostò il binocolo all’insù, mentre il puntino si spostava fino
a diventare il centro della visuale. Poi lo zoom automatico trasformò il
puntino in… “Una stella cadente?”
L’oggetto si stava muovendo
velocemente, una piccola cometa fiammeggiante diretta verso la loro zona!
“Questo non promette bene, vecchio mio,” disse l’uomo al cane, che stava
ringhiando, il pelo dritto. “Non promette bene per niente.”
L’oggetto colpì il suolo, disintegrando
gli alberi su cui era precipitato! L’impatto produsse una luce accecante e
scosse l’aria e il suolo come se fossero esplosi diversi missili. E finì rapidamente
come era iniziata, lasciandosi dietro una densa colonna di fumo e fiamme…
MARVELIT presenta
ROCKET RACCOON
Episodio 4 - Straniero in terra straniera
Di Valerio Pastore (victorsalisgrave@yahoo.it)
Il campo visivo del binocolo
era un arcobaleno di falsi colori, ma non segnalava tracce di radiazioni.
“Hm, tanto fumo e poco
arrosto. Che si divertano i geologi, con quella roba.”
Il cane uggiolò. L’uomo stava
per posare il binocolo, quando questi si mise a lanciare segnali di allarme!
L’uomo riprese a fissare
l’incendio. “E ora che diavolo gli prende, a ‘sto trabiccolo…” E gli venne un
mezzo coccolone. Certo, ne aveva viste di cose strane, nella vita, ma vedere un
procione in costume, deambulare sulle
zampe posteriori come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, con le
fiamme che s’infrangevano su una specie di scudo che avvolgeva il suo corpo…
Ecco, quella proprio gli mancava.
La creatura fissò
direttamente verso l’uomo, e non sembrava esattamente contenta –per quanto si
potesse provare a leggere delle emozioni umane su quella…cosa.
“Ahi,” disse l’uomo,
lasciando il binocolo e facendo volare la mano al fucile che teneva sulla
rastrelliera. “Qui si mette male.” Anche il cane aveva ripreso a ringhiare
minaccioso.
A suo merito, nonostante gli
anni che si portava addosso, l’uomo fu decisamente rapido nella sua reazione. E
con il mirino speciale dotato di un proprio radar, trovare quel mostriciattolo
sarebbe stato*
“Io non lo farei,” disse una
voce dietro di lui... Correzione: sopra
di lui. Poi l’uomo sentì la bocca di una pistola premuta sul suo cranio. Il
cane-lupo abbaiava come un pazzo.
L’uomo voltò solo la testa,
lentamente.
Il procione si librava ad un
paio di metri dal suolo, le sue zampe posate su dischi luminosi trasparenti.
“Giù il cannone,” fece il
procione, agitando la pistola.
L’uomo obbedì. “Ok, e ora?”
Il procione scese a terra. I
dischi scomparvero. “Per cominciare, cerchiamo di comportarci civilmente.”
Stese una zampa e fece cenno all’uomo di venire. “Coraggio, è pulita. E se te
lo dice un procione…”
L’uomo aprì la portiera.
“Tanto la giornata era rovinata comunque…” Scese e si chinò a stringere l’arto.
Se la pelliccia era finta, avevano fatto un ottimo lavoro.
“Io sono Rocket Raccoon.
Molto piacere, mister.”
“O.Z. Chase. Piacere, credo.
E questo,” indicò il cane, “è Cerbero. Non morde, di solito.”
Il cane abbaiò e scodinzolò
un paio di volte.
“Posso sapere da dove salti
fuori, Rocket?”
In risposta, il procione si
diresse verso la portiera sull’altro lato, aprì e salì con un salto.
“Ehi!”
La creatura distese le zampe
sul cruscotto, le braccia incrociate dietro la testa. “Le chiacchiere a dopo:
se conosci un albergo, portamici. Ho fame, sete, sono stanchissimo e soprattutto
mi sento tutto sporco dopo il viaggio.” Fece un verso di disgusto.
Chase si fissò la mano, poi
Rocket. “Avevi detto…”
“Non ho mentito. Mi pulisco
sempre, quando posso.” E a provarlo, si passò un paio di volte la lingua sul
palmo.
Toccò all’uomo di
rabbrividire. “Ma perché mi sono infilato in questo casino?” Salì a bordo. “Bel
cane da guardia, che sei!” ringhiò a Cerbero, che si adagiò uggiolando sul
pianale. Poi, al procione, “Senti, qualunque cosa tu sia: mi stai disturbando
sul lavoro, e la cosa mi manda fuori dai gangheri! Ora, se pensi di potere fare
quello che…”
“Posso pagarti,” lo
interruppe Rocket, senza smettere di guardare davanti a sé. Sbadigliò, rivelando
una chiostra di denti decisamente aguzzi. “Quanto vuoi? Trenta grisby di solito
ti danno mezza giornata su un bus dove vuoi.”
Chase si sentì gli ultimi
capelli neri diventare bianchi. “Voglio-che-tu-te-ne-vada! Non sono il tuo dannato servo!”
Rocket mise mano ad una tasca
del suo giubbotto, ne estrasse un oggetto luccicante e lo lanciò distrattamente
a Chase. “’Chiappa.”
L’uomo lo afferrò al volo,
con la mezza e più intenzione di lanciarglielo sul naso…quando si accorse che
quel disco rigato sembrava proprio fatto di… “Oro?”
“Yup. Da dove vengo, nel Quadrante Cardinale, l’esplosione di una
supernova aveva dato al nostro sistema solare, oltre che ad uno splendido
paradiso, un mondo composto da minerali pesanti, un gigante gassoso e un altro
interamente di carbonio: Hook, Line e Sinker[i]. L’oro
di Hook è il più puro che puoi stringere fra le mani. Ora, vogliamo andare?” E
un momento dopo, lo stomaco alieno diede in un brontolio.
Chase valutò attentamente la
situazione: da un lato, un incarico che, in nome della sua reputazione di
cacciatore di taglie, non poteva fallire. Dall’altro, un cospicuo guadagno
extra sottobanco. E, in fondo, ormai il bastardo poteva davvero trovarsi oltre confine…
“Se prometti di non darmi altre rogne, andiamo al mio albergo. In fondo, lì gli
animali sono ammessi..”
Rocket
prese il cappello di Chase e se lo calcò sul muso. “Mettimi il guinzaglio e ti
uccido.”
Circa trenta minuti dopo,
giunse sul posto un velivolo VTOL con le insegne dello SHIELD. L’apparecchio
lanciò un potente getto di schiuma sull’incendio, ed atterrò vicino al cratere.
Un attimo dopo, emerse una squadra di agenti in costumi corazzati e caschi
integrali.
“Allora,” disse una voce femminile
dura come il ferro attraverso un microfono integrato “trovato qualcosa?”
Il soldato si guardò intorno,
il suo campo visivo riempito da una cascata di dati. “Niente, Signora.” Il suo
sguardo si poso sul cratere ormai freddo. “Confermiamo la precedente lettura:
neanche un frammento visibile di eventuali materiali artificiali. Nessuna traccia
di attività alie*”
“Idioti!” l’urlo quasi perforò i timpani del soldato, che
istintivamente si portò una mano al casco. “Quel ‘meteoroide’ è apparso dal
nulla nell’alta atmosfera, e dalle mie parti si chiama ‘teletrasporto’. Credi
che in natura i corpi rocciosi si teleportino??”
“Er, no?”
“Esatto. Quindi, continuate a
cercare fino a quando non troverete…”
In quel momento, si udì uno
sparo! Come un sol uomo, i soldati si diressero verso la sorgente di quel
suono.
Si udì un altro sparo, poi la
voce roca e terrorizzata di un uomo. “Non osate avvicinarvi! Mostri, siete
tutti dei mostri! Siete*” un gemito di dolore concluse quel vaniloquio.
“Abbiamo un agente ferito!”
urlò una voce maschile. “Forse abbiamo anche un testimone, ma abbiamo dovuto
sedarlo.”
Abigail
Brand sospirò. Era facile immaginarla scuotere la testa, rassegnata.
“Bentornato, Mr. Smith,”
disse l’uomo dietro al bancone. “Si è goduto il panorama? Ciao anche a te,
cucciolone!”
Chase si era registrato come
Roger Smith, cacciatore, e in fondo non aveva mentito. “Panorama splendido,
poco da prendere. Persino il cane si è annoiato. Mi dai la chiave?”
“Sicuro.” E mentre il
portiere si voltava, il cacciatore di taglie scorse rapidamente il registro
delle firme. “Ma guarda, abbiamo un altro ospite: questo buco di paese sta
diventando un vero porto di mare.”
Il portiere ridacchiò e
consegnò la chiave di ottone all’ospite. “Lei ha sempre voglia di scherzare,
Mr. Smith. Quel Mr. Ford, invece, è talmente burbero. Ma uno che porta gli
orecchini per me mica è tanto normale.”
Chase e Cerbero drizzarono le
orecchie. “Orecchini?”
“Già. Be’, insomma, non li
aveva quando è venuto, ma si vedevano tanti di quei buchi sui lobi che è un
vero miracolo che di orecchie ne avesse ancora.”
“Brutta gente, quella,” disse
Chase. “Spero che si trattenga poco.” Si voltò e, fucile in spalla, andò verso
le scale. Fischiettava.
“Non si preoccupi,” quasi gli
urlò dietro il portiere. “E’ andato subito al bar, e per quanto ne so è ancora
lì.”
Chase entrò nella stanza.
Cerbero andò a mettersi seduto accanto alla soglia. L’uomo chiuse la porta, e
un attimo dopo come dal nulla apparve al suo fianco Rocket Raccoon. Subito la
creatura si guardò intorno, in preda ad una specie di frenesia. “Dov’è, dov’è?”
Andò ad aprire la porta più vicina e quasi si sciolse in giuggiole alla vista
della vasca smaltata. “Ah, bagno mio dolce bagno!” Un volar di zampe, e si
ritrovò subito nudo. Andò ad aprire i rubinetti. “Una volta che sarò entrato là
dentro, guai al primo che m’interrompe!”
“Per me, ti ci chiuderei là
dentro. Piuttosto, evita tu di darmi
problemi. Per fortuna mi hai fatto tornare qui al momento giusto, e non voglio
perdere quest’occasione.”
Rocket saggiò l’acqua fumante
con un dito. Lo scosse con un sussulto e aggiunse più acqua fredda. “Ha a che
fare con quel Donaldson, per caso?”
Chase andò ad aprire
l’armadio. Ne tirò fuori una valigia nera rigida, e la aprì, rivelando un vero
arsenale ad alta tecnologia. “Sì. Uno stupratore seriale che ha deciso di
prendersi una vacanza dalle prigioni di stato. C’è una taglia consistente su di
lui, e intendo incassarla.” Prese un paio di pistole di un modello decisamente
mai visto, il cui tamburo era illuminato di energie scarlatte.
“Bei gingilli,” disse Rocket.
“Mi farebbero comodo. Anch’io sono un tutore della legge, sul mio mondo.”
“Ne parleremo quando avrò
preso quel bastardo. Andiamo, Cerbero.”
Quando la porta si fu chiusa,
il procione fece spallucce e saltò nella vasca. “Ahhh… Questa sì che è vita.”
Gli dispiaceva di non potere
passare quei momenti con la sua fidanzata, la lontra Lylla, o con i suoi amici.
E non sapeva neppure se e quando li avrebbe rivisti…
“Non è il momento per i
pensieri tristi, Rocky,” disse a sé stesso. “Sei venuto su questa palla di
fango per farti aiutare, non per frignare.”
La loro ricerca per un nuovo
pianeta, dopo che il natio Halfworld
era tornato ad essere gestito dagli umani, si era trasformata in un fallimento.
Ma
ora, le cose più importanti! Rocket prese una spazzola e cominciò a strofinarsi
la schiena con grande abbandono.
Naturalmente il mondo era
pieno di facce truci con le orecchie più perforate di un appezzamento
petrolifero nel Texas. Naturalmente, esistevano le coincidenze.
E naturalmente, un fetido
figlio di puttana che adorava pensare con le parti basse invece che con la
testa non poteva resistere ad un’occasione servita su un piatto d’argento. In
questi casi faceva comodo non essere uno di quei coloratissimi super esseri che
in qualche modo finivano con l’occupare qualche pagina dei giornali, come quei
buffoni della Justice Incorporated. Nossignori, O.Z. Chase amava agire con
discrezione e farsi vedere solo per fare capire alla sua preda che i giorni di
gloria erano finiti!
Con queste considerazioni per
la testa, il cacciatore di taglie entrò nell’unico bar del paese. Gli sarebbe
piaciuto provare le sue nuove armi su un’intera banda di fuorilegge per
incassare la taglia che lo avrebbe mandato in pensione alla grande, ma dovette
accontentarsi di quell’imbecillotto di costituzione robusta, giacca di pelle
imbottita, jeans e scarponi in piedi davanti al bancone, intento a sorseggiare
il suo ultimo beverone.
Da buona preda, Jackie
Ferryman fece scattare gli occhi verso il nuovo venuto. Naturalmente, non
riconobbe Chase, ma seppe di essere nei casini appena lo vide tirare fuori le
pistole. Il cacciatore tenne lo sguardo fisso su quello della sua preda, un
vecchio trucchetto per mantenerlo deconcentrato.
La gente nel bar era
semplicemente troppo sorpresa per andare nel panico. Ottimo! Chase puntò rapidamente
una pistola su Jackie, e fece fuoco.
Il colpo neuro-shock
raggiunse la gamba di Jackie, e con un grido di dolore questi si accasciò a
terra come se fosse stato colpito da diversi Taser in una volta.
La gente osservò stupefatta
quell’evento. Le sparatorie erano roba che non si vedeva dai tempi della
frontiera, e i giovani arrabbiati preferivano fuggire da Snowfall piuttosto che
marcirvi.
Chase si fermò, torreggiando
sopra Jackie, puntandogli una pistola alla testa. “Il prossimo colpo ti darà
parecchio alla testa, a meno che tu non voglia finire qui la tua vacanza. Hai
un secondo per decidere.” Fece per premere il grilletto…
“Va bene!” strillò l’uomo.
“Cazzo, va bene! Ma non posso
muovermi, amico!”
Chase lo prese bruscamente
per il colletto della giacca. “Ora puoi muoverti. A proposito, bella roba: a
chi l’hai fregata?” puntò la pistola al mento del ricercato.
“Aunacoppiadituristisullastataleacuihochiestounpassaggio!”
squittì quello, pallidissimo.
“Bravo Ciop. E ora andiamo,
che ho un sacco di posto in macchina per i rifiuti.”
“Buono a sapersi,” disse una
nuova voce alle sue spalle. E per la seconda volta nella giornata, gli fu
puntata la bocca di una pistola sulla nuca. Sta
diventando una brutta abitudine, pensò il cacciatore.
A parlare era stata…una donna.
Una donna dai capelli castani corti, molto corti, come se le stessero
ricrescendo dopo una completa rasatura. Indossava una felpa di una taglia più
larga, e abiti che l’avevano confusa fra i clienti. O.Z. riconobbe il suo volto
dagli schedari sui casi dello stupratore. “Linda Stetford? Ricordavo che eri
una delle testimoni dell’accusa al suo processo.”
“Vero,” disse lei,
continuando a tenere
“Ma che cazzo parli a
fare??!” urlò lui, ancora tenuto in piedi da Chase. “Sparagli e falla finita!”
“Brava, fallo,” disse Chase.
“Cosa?” fece lei.
“Dico sul serio. Hai mai
visto che razza di danni produce una pistola come quella? Il proiettile mi
attraverserà il cranio come vetro, e si conficcherà dritto nella fronte del tuo
ragazzo. Sarà un bello spettacolo.”
La donna esitò.
Chase fischiò. Una nota breve
e secca.
La porta del bar si spalancò,
e con un ringhio assassino Cerbero entrò in scena! La donna ebbe solo il tempo
di girarsi per puntare l’arma, prima che le mascelle del cane si chiudessero
sul polso di lei! A quel punto si udirono distintamente due suoni: l’urlo di
dolore di Linda e le sue ossa radiali che andavano in pezzi. Linda
indietreggiò, dimenandosi per liberarsi da quella presa d’acciaio, incespicò e
cadde. Subito Cerbero fu su di lei, ringhiante, pronto a strapparle la gola…
“Ehi, cane!” fece Jackie.
Cerbero si voltò di scatto. E si fermò.
Il criminale stava tenendo un
coltello K-Bar puntato alla gola di Chase. “Dovresti prima perquisirli i tuoi
nemici, vecchio!” sibilò al suo orecchio. “Di’ a quella cazzo di bestiaccia di
allontanarsi dalla mia donna.”
“Quale, la numero 1 o la 20?
Ne hai avute così tante…” serrò le labbra quando la lama tagliò la pelle,
vicino alla giugulare.
“Non sei nella posizione di
fare lo spiritoso! Ora ce ne andiamo, il cane resta qui e tu sarai un buon
ostaggio nel caso le cose si mettessero male, chiaro? Forza, Linda. Vieni!”
Singhiozzando, la donna si
mise in piedi. “La mano, la mia povera mano,” ripeteva meccanicamente, fissando
il macello sanguinolento. “La mia mano…”
“La cureremo, vedrai. Ora
andiamo, su, amore.” Jackie fissò nervosamente la porta. La clientela se l’era
svignata quietamente. C’era solo da sperare che lo sceriffo se ne stesse da
qualche parte di pattuglia, o quella fuga sarebbe stata…
La porta si aprì, ed entrò
Rocket Raccon! “Non fate caso a me, ragazzi, davvero. Sono qua solo per un
drinkino e per conoscere la fauna locale. Sapete, sono nuovo del pianeta.” In
effetti, con la massima calma si diresse verso il bancone. Si raccolse, e con
un salto raggiunse la superficie. Subito prese il mezzo bicchiere di whisky di
Jackie. Lo annusò con prudenza. “Pf, non proprio degno delle taverne di
Halfworld, ma sempre meglio di niente.” Lo mandò giù con un sorso.
Linda aveva temporaneamente
dimenticato il tremendo dolore. Jackie era indeciso fra il fuggire con
l’ostaggio o il raccogliere la propria mascella.” Ma che cazzo..?”
Rocket si passò voluttuosamente
una mano nella coda. “Piace? Appena pulita e asciugata, questa morbida delizia
è un’esca irresistibile per le femmine e un ottimo nascondiglio per la tua fida
pistola di emergenza.” Velocissimo, estrasse l’arma in oggetto e, puntatola
contro il fianco dell’uomo, fece fuoco. Il colpo al plasma bruciò all’istante
tessuto e carne in una specie di fiammata!
Jackie urlò orribilmente e,
lasciato andare Chase, cadde a terra reggendosi il fianco.
“Jackie!” urlò Linda, solo per ritrovarsi davanti Cerbero.
“Quante storie,” fece Rocket,
allungando la mano libera verso una bottiglia. Doveva ammetterlo, era un vero
piacere dedicarsi a quelle piccole trasgressioni ora che non rappresentava più
la legge. “Stai tranquillo, umana: il tuo amico criminale vivrà, il tempo
necessario a finire di nuovo in prigione.” Aprì la bottiglia e si bevve una
sorsata.
Chase mise le manette al
ricercato, poi lo aiutò ad alzarsi in piedi. “Mi sa che stavolta fai il bravo,
accidenti a te. Grazie tante, procione!”
“Non mi sembri riconoscente,
umano.”
“Certo che no! Adesso dovrò
solo sperare che ‘sto idiota non mi crepi davvero mentre è all’ospedale, poi il
suo avvocato mi farà passare un paio di brutti quarti d’ora per il tuo tentativo
di omicidio! E come giustificherò il fatto che ti sei messo in mezzo? E…”
Rocket puntò nuovamente la
pistola su Jackie. “Hai ragione, troppa fatica: finiamolo qui e subito e
lasciamolo al becchino!”
Ancora un po’ e Jackie
saltava fra le braccia del cacciatore di taglie. “NO! Per favore, basta! Mi
arrendo, non chiamerò neppure l’avvocato, me ne torno in prigione, io…”
In quel momento, un gruppo di
cinque agenti vestiti di corazze leggere blu e bianche entrarono ad armi
spianate nel locale! “Che nessuno si
muova!” gridò l’agente in testa, una donna. “Questa è un’operazione
governativa: la forma di vita aliena deve arrendersi immediatamente!”
Chase fissò Rocket con aria
diffidente. “Amici tuoi, Alf[ii]?”
Il procione scosse la testa.
“Neanche per idea. E, lascia che te lo dica, questo posto manca davvero di
ospitalità.” Si toccò la cintura, e un secondo dopo svanì.
Gli agenti presero a
guardarsi intorno. “Ma che diavolo..?”
“È svanito da tutti i sensori!” “Si deve essere tele portato!”
“Sbagliato!” disse Rocket
all’agente che aveva pronunciato quella frase, riapparendo alle sue spalle, con
un paio di corti bastoni di pura luce solida fissati ai polsi guantati! Calò
con forza i bastoni, e mise ko l’uomo.
La reazione degli altri
agenti fu rapida, ma era come cercare di sparare ad una ‘palla magica’ lanciata
a velocità folle. Rocket sembrava rimbalzare da un avversario all’altro, lasciandosi
dietro una scia luminosa, facendo attenzione a stenderli ma non a ferirli
seriamente. In fondo, per quanto ne sapeva, erano solo colleghi un che facevano
il loro dovere.
Quando ebbe finito, per un
momento il tempo sembrò fermarsi. Gli agenti erano ancora lì, pronti a fare
fuoco, e il procione nel mezzo del mucchio, in plastica posa da arti marziali.
Rocket sbuffò dal naso, e gli
agenti caddero come birilli. I bastoni scomparirono nei bracciali dei guanti.
“Sono..?” fece Chase, che
ormai si vedeva a spendere i soldi della taglia in avvocati e custodia al
canile.
“Se volevo ucciderli, non
usavo lo sfollagente,” disse Rocket. E ora, vogliamo andare? Dopo di lei,
madame.” Fece un inchino e con il braccio teso indicò la porta.
Linda, senza smettere di
fissare quella curiosa allucinazione, si diresse tremante verso la porta. Il
procione la seguì, a sua volta seguito da Chase e Cerbero. “In prigione, in
prigione, e che mi serva da lezione…” ripeteva Jackie a fior di labbra.
Appena furono fuori, la prima
cosa che Chase disse al procione fu, “Era chiaro che ci saremmo ridotti a
questo, vero?”
“Ne avevo un mezzo sospetto.”
Sulla strada, un semicerchio
di agenti corazzati era pronto come un plotone di esecuzione. Dietro al
plotone, scortato da altri due agenti, c’era un tipo di mezza età, un
tombolotto con un vivace giubbotto arancione che, alla vista di Chase e di
Rocket sembrò andare in crisi epilettica. “Il mostro! Il mostro e il suo servo!
Aiuto, sono loro!”
“Quel tipo mi ha dato del
mostro?” fece Rocket.
“Sei tu il procione
antropomorfo, e Cerbero fu solo posseduto. Una volta.”
Uno degli agenti si fece
avanti, la voce amplificata dal casco. “Deponete le armi e non fate resistenza.
Siamo agenti SHIELD e siamo autorizzati a prendere in custodia la forma di vita
aliena!”
“Sono uno stupratore!” urlò
Jackie. “Sono ferito e voglio andare in prigione, vi prego! Anche la mia complice
è ferita, aiutateci! Questi due sono pericolosi!”
“Immagino che se me ne
andassi e ti lasciassi qui non lo apprezzeresti, vero?” chiese Rocket a Chase,
senza smettere di guardare gli agenti.
“Spenderei il resto del mio
tempo da pensionato a darti la caccia e fare di te un bel berretto. Non che non
ne sia già tentato.”
“In questo caso…” Rocket
portò una mano alla bocca e lanciò un fischio da trapanare le orecchie!
Per poco gli agenti non
fecero fuoco. “Fermo! Non un'altra
mossa, alieno!”
Il procione sollevò le mani.
“Questa va bene, colleghi?
“Sì…va bene. Ora, avanza
piano e non…”
“Non faccio resistenza, l’ho
capito. A proposito, se invece la fa il mio amico non dovrebbe essere un
problema, vero?”
Subito i fucili furono
puntati su Chase e Cerbero. I due criminali subito impallidirono come il gesso.
“Ehi! Abbiamo detto che vogliamo finire in prigione!”
O.Z. scosse Jackie come un
cagnolino. “Zitto tu! Quanto a te, palla di pelo, sei impazzito? Cosa intendi
dire con*” dovette interrompersi, quando una serie di esplosioni si frappose fra gli agenti SHIELD e le loro prede! “Cazzo!”
Una cortina fumogena nera
come l’inchiostro si levò davanti ai nostri. Un attimo dopo, dal cielo giunse
un cavallo. Un maestoso stallone
bianco il cui corpo metallico mandava riflessi argentei.
Il robot atterrò davanti a
Rocket. “Carrozza, Pixel,” comandò il suo padrone, e a quelle parole, apparve
una biga di luce solida.
“A bordo, umano: la barriera
fumogena non terrà per sempre.”
Chase
non ci pensò neppure su. In fondo, peggio di così..! Jackie e Linda, non senza
l’’incoraggiamento’ di Cerbero, salirono a bordo, e una bolla di luce chiuse la
biga. Il cavallo partì, schizzando via ad una velocità degna di un caccia!
Atterrarono meno di venti
minuti dopo nel parcheggio del St. Peter Hospital, ad Helena. Una signora
intenta a fare manovra per poco non fece un frontale con un paziente sulle stampelle!
La bolla di luce si dissolse.
Chase, Cerbero ed i loro prigionieri scesero a terra. “Grazie, immagino, palla
di pelo. Soffrirò le ire di Dio per riprendermi l’attrezzatura e la macchina,
ma almeno questi vermi saranno assicurati alla giustizia.”
Jackie e Linda non ebbero da
ribattere: erano decisamente svenuti.
Rocket mise mano alla tasca,
e ne estrasse altri tre ovali d’oro. “Non è un capitale, ma ti aiuterà a
rimetterti in piedi. Di sicuro, vale un buon bagno.”
Chase decise saggiamente di
accettare quel piccolo capitale senza ribattere. “Per ora li farò bastare. E ti
prego, tienimi lontano da guai per un po’.” Cerbero uggiolò.
Rocket saltò in groppa al
cavallo meccanico. “Tranquillo: ho un mondo intero da esplorare, e questo
pianeta sembra promettere cose molto interessanti! Ci si vede!” Diede una pacca
al collo di Pixel, e questi partì come un lampo.
NOTA DELL’AUTORE
E così, in modo un po’ anomalo, riprende la serie
regolare del procione creato a suo tempo da Bill Mantlo. Data qualche accennata
spiegazione agli eventi avvenuti in precedenza (che in futuro recupererò con
uno one-shot), per un po’, adesso,l’amico Rocket si destreggerà fra le insidie
del nostro mondo al fianco di svariati super-esseri, per poi riprendere la via
delle stelle. Enjoy!