PROLOGO: Vi presentiamo Rocket Raccoon e Blackjack o’Hare. E, sì, sono
rispettivamente un procione ed un coniglio nero. Indossano il primo un costume
verde con stivali corazzati, il secondo un’armatura intonata alla sua
pelliccia. Ed entrambi, all’interno di un modulo spaziale, stanno
difendendosi con le unghie, i denti e le loro pistole contro…una fitta vegetazione.
Viluppi smeraldini, spessi come liane, animati di vita propria…e distruttiva.
Per quanto si sforzassero, i nostri eroi riuscivano solo a tenerne a bada
una parte. Già le loro gambe erano avvolte da viticci, e non c’era fine
all’attacco proveniente da tutte le direzioni.
C’era qualcosa di peggio?
Obiettivamente, sì.
Perché se anche fossero riusciti a sfuggire a quella
trappola mortale, avrebbero dovuto vedersela con l’intero pianeta su cui si
trovavano. Un pianeta vivo e pronto a uccidere gli
alieni venuti dallo spazio.
MARVELIT presenta
Episodio 2 - Principio vitale
A complicare ulteriormente le
cose, i due eroici combattenti non erano i soli ad avere dei problemi.
All’esterno del modulo…cioè, del complesso modulare da cui era partito l’SOS che
aveva spinto i nostri a quella missione di soccorso, l’astronave Rakk’n’Ruin aveva il suo bel daffare a
tenere bada la sua parte di vegetazione. I cannoni di bordo sparavano senza
sosta contro il tappeto verde, ma l’astronave era già stata saldamente ancorata
al suolo -e non solo, era quasi interamente coperta da un manto di erba, mentre la stazione modulare già assomigliava ad una
bizzarra scultura verde…
“Per fortuna che un’astronave
deve essere a tenuta assolutamente stagna, o ci sarebbero già addosso…” così
parlando, una tartaruga intenta alla postazione dei sensori cercava di cavare
un qualunque ragno da questo infido buco. “Non capisco:
è proprio comunissima vegetazione, non sono presenti alterazioni nel DNA…” la
creatura osservò un altro pannello. Il monitor mostrava dei valori
costantemente fuori scala, compatibili con una biosfera unificata. Possibile
che si trattasse di un incredibile successo dell’evoluzione a favore della
vegetazione? Una mente collettiva globale…
Una voce femminile interruppe
le sue speculazioni mentali. “Zio Pyko?
Zio Wal Rus? Da qui non vi si vede
quasi più! E Rocket…”
“Lylla,
mia cara…” tentò di rispondere dalla consolle delle comunicazioni il tricheco,
alla voce di sua nipote, ma fu subito interrotto dalla tartaruga. “Lylla, non è
il momento degli isterismi, per favore.” Pyko si
aggiustò gli occhialini a pience-nez sul becco. “Ho già provveduto
a mandare rinforzi a Rocket e a Blackjack: tu vai a recuperare Bori e Chip. Secondo gli strumenti di bordo, sono ancora vivi.”
La bella lontra dorata, in
sella ad un destriero meccanico volante, udì le parole, ma
non vi credette subito: di vivo, laggiù, sembrava solo esserci l’immenso
oceano d’erba. Non c’erano più foreste, non c’erano
più laghi…c’era solo l’erba, percorsa da increspature come onde, estesa fino
all’orizzonte…
“E come faccio a recuperarli..?” se già la sua mente era terrorizzata all’idea di
infilarsi in quel fenomeno, il pensiero che il suo amato Rocket potesse non
uscirne non l’aiutava di certo a concentrarsi.
“Usa i tuoi
sensori per trovare Bori, per cominciare. Mentre
ti avvicinerai all’obiettivo, noi lanceremo un missile a ricerca automatica in
sua prossimità. L’esplosione dovrebbe regalarti il tempo
necessario al recupero: e non ti preoccupare per il calore: sia tu che Bori
avete il vostro campo di forza personale. Sei pronta?”
Lylla annuì istintivamente.
“Hai sentito, Courier? Trova Bori,
su.”
Il
cavallo spostò lo sguardo in basso, mentre i suoi occhi si accendevano. Dopo un
paio di interminabili minuti, il robot disse,
“Trovati.”
Il puntino che rappresentava
Courier si mosse. “Sentito, pinnipede? È il momento di darci da fare,”
Wal Rus passò una pinna
inguainata dalla tuta spaziale su alcuni pannelli. “Ti ricordo che Lylla è come
una figlia, per me: sono il primo a volerla salva…ecco…”
Un portello si aprì sulla
sommità dello scafo. Uno dei pochi cannoncini ancora funzionanti sparò
sull’erba che minacciava di avvicinarsi troppo allo sfiatatoio…
Poi un missile partì.
La piccola cometa
fiammeggiante volò alto nel cielo, in una breve parabola…per poi dirigersi
verso il suolo.
Lylla trepidò alla vista
dell’ordigno -oh, come detestava le
armi!- e scostò gli occhi all’ultimo momento.
L’esplosione generò una sfera
di fuoco enorme. La vegetazione, che fino a quel momento si era dimostrata
quasi incombustibile, fu incenerita per un raggio di una decina di metri.
Guidato dalla sua IA, Courier
schizzò verso un preciso punto in quell’inferno. Lylla vide che già il tappeto
verde sotto la cenere si stava rigenerando!
Bori, una
volpe rossa in mimetica, se ne stava
tutta rannicchiata a terra, coprendosi la testa e battendo i denti.
L’intrepida lontra non atterrò
neppure: come le aveva insegnato Rocket, passò ad un
soffio da Bori e gli afferrò la coda, facendolo urlare dal dolore.
“Scusami, Bori… Zio Pyko, l’ho
preso!”
“Ottimo,
signorina. Ora preparati a recuperare Chip.”
I campi di forza reggevano…per
ora. I viticci non tenevano la presa, ma solo a patto di muoversi in fretta.
“Che
ne dici, capo? È male quando le cinture fanno scintille?” era
una domanda perfettamente retorica, e Blackjack lo sapeva. I generatori di
campo stavano cominciando a cedere sotto la pressione continua. Ormai solo il
torso e le braccia dei nostri erano liberi.
“Credo che a questo punto ci
sia rimasta solo una scelta,” disse Rocket. “Le piante
che ci tengono prigionieri serviranno anche a farci da scudo.”
“Non vorrai..?”
poi il coniglio nero lo vide annuire. E sorrise. “Hai
le palle boss. Mi piace.”
Rocket Raccoon usò la mano
libera per afferrare una delle granate che teneva nelle tasche al petto. Fra quello che restava degli scudi e le stesse piante, l’esplosione
avrebbe dovuto liberarli. Con un po’ di fortuna*
Il suo piano fu prevenuto
dall’esplosione che squarciò il muro!
“Ma che..?”
procione e coniglio si sforzarono invano di vedere qualcosa attraverso il fumo…
Poi, due getti di liquido
fumante irruppero nell’ambiente. In pochi istanti, sotto il tocco dell’azoto
liquido, le piante presero ad avvizzire come se fossero state cotte da un anno al
polo!
“Scusate il
ritardo, padroni,”
disse un piccolo robot fluttuante dallo squarcio.
“Uhm, sei perdonato, Hub” disse Rocket. Afferrò rapidamente
Blackjack per le ascelle. “Scusami, ma non c’è tempo per le finezze. SI VA’!” spiccò un salto. I suoi stivali a razzo si accesero
l’istante successivo, ed il salto divenne un veloce volo verso la salvezza!
Nel momento in cui il terzetto
lasciò la struttura modulare, la vegetazione la schiacciò come un guscio d’uovo,
ma era uno spettacolo a malapena visibile. Rocket stava volando in una specie
di fitta nube, fatta di milioni di minuscole spore. “Zio Pyko..?”
“Pregate per la tenuta dei
vostri campi: quei corpuscoli sono semi.
Se vi si attaccano addosso, finirete come i proprietari di quelle tute che
avete trovato.”
“E
possono anche attecchire sul metallo, vecchio?” chiese Blackjack.
“Non lo escludo a priori,
anche se dovrei avere dei campioni sottomano.”
“Oh, per quello non dovresti
avere problemi,” fece il coniglio, osservando la
strana scultura verde che era diventata la Rakk’n’Ruin.
Rocket non ebbe esitazioni nel
dire, “Zio Pyko, Wal Rus: decollate! Andatevene subito.”
A O' Hare quasi venne un accidente! “Cosa..?!”
“Non
potete aprire un portello per noi, rischiereste una
contaminazione. Andatevene: ci recupererete in un secondo momento, dopo esservi
decontaminati.”
“Rocket, se rimanete da soli
avrete contro un intero pianeta,” disse Wal Rus, che
però stava osservando con crescente preoccupazione le analisi dello scafo esterno.
Se quelle cose mettevano radici… “Spero che tu sappia quello che fai.”
“Dovresti conoscermi ormai,
socio,” fu la risposta. Poi il tricheco inserì i
comandi per il decollo.
“Ti
conosco, Rocket… Stai attento a Lylla, per favore.”
Con un potente rombo, i
propulsori della nave si accesero come altrettanti soli. La vegetazione che
stava cercando di infiltrarsi nei condotti fu bruciata
come carta. Stesso discorso per quella che ebbe la ventura di tentare l’infiltrazione
negli sfoghi dei propulsori ventrali.
Per un momento, non successe
niente, sembrava che il verde fosse riuscito nella sua impresa di ancorare le
sue vittime al suolo…poi, con un suono di erba
lacerata, l’astronave decollò.
“Speriamo bene, gente…” O'Hare
non sembrava esattamente convinto. “Allora, eroe, qual è l’idea?”
“Usare i tuoi razzi, tanto per cominciare,” fece il
procione, lasciando andare il coniglio. Questi precipitò per un paio di metri,
prima di attivare la sua cintura a razzo. “Hmf, e dire che il passaggio me lo
avevi offerto tu.”
Hub li interruppe. “Perdonatemi, padroni, ma non posso
uscire da questa nube, porterei dei semi con me. Ho innescato il dispositivo di autodistruzione. Per favore, allontanatevi in fretta.”
Rocket e O'Hare partirono
molto in fretta.
“È stato un
piacere lavorare con voi.”
“Rocket!” Lylla quasi spronò
Courier verso il suo amato…quando fu la voce stessa di lui, attraverso il
comunicatore, a fermarla.
“Lylla! Fuggi, presto!
Courier, schermature al massimo! Hub sta per autodistruggersi!”
Il cavallo meccanico non se lo
fece certo ripetere. Si impennò e diede tutta forza ai
suoi motori.
Il gruppo si allontanò quanto
più in fretta possibile…e la distanza coperta non sembrava mai abbastanza…
BAKROOOMM!
I robot che viaggiavano
insieme alla compagnia di Rocket e degli altri animali di Halfworld
erano alimentati da batterie nucleari, fra le altre cose. Il sacrificio di Hub
non fu solo spettacolare, ma generò un’esplosione abbastanza potente da radere
al suolo un isolato di NY! In un momento, si aprì un vasto squarcio nella nube
sporale, le fiamme si propagarono per molti chilometri intorno al punto zero,
dove un fungo atomico fece la sua scomparsa.
Purtroppo,
aveva dato ben poco vantaggio ai nostri, che stavano osservando migliaia di
nubi sporali sbocciare una dopo l’altra, espandersi come amebe, e unirsi
velocemente fino a formare un nuovo, mortale tappeto.
“Quasi quasi rischiavo di
salire a bordo della Rakk…senza
offesa per il tuo fegato, boss.”
Rocket digrignò i denti. “Dobbiamo tenere duro, in qualche modo, fino al loro
ritorno…”
“Non credo che avverrà tanto
presto, mio giovane amico.”
“Pyko!
Perché?”
In orbita nella mesosfera, la Rakk’n’Ruin sembrava ancora una specie
di bizzarro fascio d’erba.
“Ci
faremo assistere dalla Dr.Comet,” disse la tartaruga. “Anche se il passaggio nell’atmosfera
ha incenerito l’erba, le radici che ha messo si sono rigenerate, ed estremamente in fretta. Non solo: il DNA che avevo rilevato
era un guscio, una membrana. Questo
materiale organico è qualcosa che non avevo mai visto,
e non è neppure presente nel database della Comet.
Si nutre sicuramente di energia solare, e gliene
stiamo dando in quantità smodata.”
Blackjack afferrò bruscamente
il polso di Rocket, per potere parlare nel suo comunicatore. “C’è qualche buona notizia che puoi darci,
gufaccio del malaugurio?? Non ho voglia di diventare pappa per questa specie di
spuzzem globale!”
“Posso solo
raccomandarvi di trovare una caverna, di quelle profonde, e nascondervi
lì. Sto facendo analizzare la superficie dalla Comet, ma ci vorrà un po’ prima che i dati siano pronti. La buona
notizia è che questa crescita esplosiva è limitata ad un’area di duemila
chilometri quadrati. C’è una formazione geologica che fa al caso vostro proprio fuori dall’area.”
Ci fu un generale scambiarsi
d’occhiate -nessuno lo disse ad alta voce, ma tutti lo pensarono: una trappola
perfetta.
C’era
altra scelta, tuttavia?
“Zio Pyko, quanto pensi che ci
vorrà per trovare una cura?” Wal Rus, per vedere oltre la cabina di guida,
poteva contare solo sulle telecamere. Persino i cristalli degli oblò erano
tappezzati d’erba.
La
tartaruga non staccò gli occhi dal flusso di dati. “Il tempo che ci vuole per
capire come uccidere una forma di vita super-adattabile. Non posso farla irradiare
dalle armi della Comet, a meno che
non vogliamo farci cuocere. E non disponiamo certo della quantità di azoto liquido necessario per diserbare tutto il mondo.”
Insomma,
erano dolori.
I livelli degli indicatori di
potenza si stavano pericolosamente avvicinando al rosso, quando il gruppo
giunse in prossimità dell’obiettivo: un lago alla base di una collina.
“Zio Pyko, che ci sai dire di
quel lago?” Rocket non si sentiva decisamente invitato
da quello specchio d’acqua placida.
“Che
il suo fondo è infestato da alghe, e microspore sono in costante sospensione
nell’acqua. Un sorso, e…”
“Lascia
stare, lo immagino benissimo. Vedo la caverna. Spero
che ce ne vada bene almeno una. Se non ce la dovessimo
fare, andatevene in tutta fretta e lasciate un radiofaro di avvertimento.
Rocket, chiudo.”
Andò bene. Nessuna nuvola
sporale li avvolse, e nessun viticcio cercò di prenderseli mentre entravano
nella caverna. Il poco verde che c’era in essa era
limitato ai bordi dell’apertura.
“Avevo ragione, naturalmente,” disse Pyko, quando Rocket glielo fece osservare. “Niente
luce, niente vegetazione. Anche se esternamente, sembra di osservare una
biosfera molto variegata, in realtà si tratta di abili
mimetizzazioni, sotto le quali si nasconde lo stesso uni-organismo. Non troverete
funghi o licheni, laggiù. Potete scendere quanto in basso volete, ci scommetto
il guscio.”
“Se ti sei sbagliato,” disse O'Hare, estraendo la pistola “e ne usciamo vivi, lo
userò per cucinarti.”
In quel momento, i campi di
forza diedero un ultimo sfarfallio, per poi spegnersi.
“Tutti in guardia, pattuglia.
Courier, sorveglia l’entrata.”
In quel momento, una leggera
corrente d’aria tiepida investì i nostri. Tutti si misero di riflesso ad
annusare l’aria. “Che razza di odore,” disse Bori. “Non
so identificarlo, ma mi mette a disagio.”
“Non sembra appartenere a
qualche pianta…” Rocket si sporse verso il bordo del budello: la galleria si
trasformava in un pozzo apparentemente senza fondo.
E se i suoi occhi non lo
ingannavano, quel ‘pozzo’ era percorso da una
intermittente luminescenza, che andava ad intensificarvi mano a mano che il
‘pozzo’ scendeva.
Il procione si allontanò
prudentemente da quel fenomeno. Lui ed i suoi simili erano animali comuni un
tempo, ristrutturati con impianti biocibernetici e potenziati nell’intelletto
perché fungessero da custodi di alcuni esseri umani
irrecuperabilmente pazzi. Tale compito aveva preso molti anni di tempo, e
alcuni di quegli animali erano arrivati a scatenare delle guerre per garantirsi
il monopolio sui giocattoli per intrattenere i ‘Loonies’[i].
Quando le guerre dei
giocattolai furono terminate, e gli umani furono
riportati alla loro sanità mentale, agli animali si aprivano due strade:
diventare gli inoperosi abitanti di Halfworld, oppure mettere a frutto la loro
esperienza per aiutare chi altri avesse avuto bisogno di aiuto, ovunque si
trovasse.
Era sembrata una così bella idea, all’inizio, e tutti avevano aderito con
entusiasmo, senza eccezioni.
La realtà si stava rivelando
ben altra cosa, purtroppo! Era inevitabile che prima o poi
la compagnia si impegolasse con una minaccia più grande di loro…e chi era lui,
Rocket Raccoon, per decidere di mettere a rischio la sua gente per soddisfare
il proprio spirito di avventura..?
Era stanco, sì…così stanco…
*FFFWWWWEEEEETTTTT!!!*
Fu come un elettrochoc! In un
istante, Rocket fu scosso non solo da quel treno di pensieri, ma anche dal
torpore che si era insidiato nel suo corpo! Il procione cadde seduto, guardandosi
intorno. “Cosa..?” E vide che anche gli altri erano
non meno scossi. In particolare, Bori e Lylla si stavano
reggendo le orecchie.
Blackjack lanciò
un’occhiataccia a Courier. “Se volevi ucciderci, è
stato un bel tentativo, ammasso di latta!”
“I vostri
bio-valori stavano rapidamente scendendo verso la soglia di pericolo. Ho
ritenuto opportuno scuotervi un po’.”
“Chiuderemo volentieri un
occhio.” Rocket si scosse la testa per schiarirsela…e in quel momento, il
terreno si aprì sotto i piedi del gruppo!
Urlando, robot compreso, tutti
precipitarono nell’abisso. Poi il ‘pavimento’ di
roccia si chiuse sopra di loro.
La caduta fu lunga e
interminabile, lungo un condotto dalle pareti carnose e lisce, vischiose, che
non offrivano alcun appiglio. Gli animali non si accorsero del cambio di
pressione che fece schioccare le loro orecchie; pensavano solo che, mano a mano
che scendevano, il caldo si intensificava, e così la
luce che li attendeva in basso…
Finalmente, fu Rocket a
riprendere l’iniziativa: stese le zampe artigliate e le infilò
nella parete. Approfittò del breve rallentamento per darci dentro con i piedi.
Sentì la parete carnosa contrarsi, ma non mollò la presa. “LYLLA!” urlò, tendendo
il braccio. Da uno speciale alloggiamento sul polso scattò un piccolo ovoide
collegato ad un sottile filamento metallico.
A metà strada, l’ovoide si
aprì, rivelandosi un piccolo rampone.
“Rocket, mio eroe!” Lylla si
voltò ed afferrò il ramponcino.
Chip piegò completamente le
braccia lungo i fianchi, diventando una freccia vivente. Guadagnò così qualche
metro sui suoi compagni. E quando pensò di avere
sufficiente vantaggio, portò le braccia alle katana alla schiena. Le estrasse
e le piantò nelle pareti della strozzatura! “Coraggio, ‘Jack!” disse, tenendosi all’elsa di una spada.
Il coniglio afferrò la seconda
elsa -lo scoiattolo aveva fatto un buon lavoro: le
spade erano piantate verso il basso, con la lama rivolta verso l’alto.
Courier chiuse le manovre: le
sue zampe si stesero telescopicamente, così come la testa. Afferrò al volo, o
meglio al morso, la coda di Bori, che lanciò un’imprecazione irripetibile.
“E fin qua, bella mossa,” disse Blackjack. “E ora che si
fa? Cavolo se puzza, qua dentro!”
<Potremmo
parlare, tanto per cominciare,> disse una voce
nelle loro teste!
“Zio Pyko! Guarda un po!”
La tartaruga lo vide eccome:
l’erba si stava staccando dalla nave! Un ciuffo dietro l’altro, la copertura
vegetale stava venendo via con tutte le radici. Appena
staccatisi dallo scafo, i filamenti organici avvizzirono e morirono, divennero
polvere.
“Rocket c’è riuscito!” Wal Rus
quasi si mise ad applaudire.
“Riuscito a far cosa, palla di grasso? Non ha
sicuramente sconfitto un intero pianeta, e anche volendo non aveva i mezzi per
infliggere una seria ferita a quel super ecosistema. Qualunque cosa stia succedendo…” La sua attenzione fu attirata da
un movimento sul radar. “Hm? E questo cos’è? La Dr. Comet?”
Il puntino che indicava la grande astronave-robot stava muovendosi…stava
abbandonandoli! Non c’era dubbio, la sua velocità stava
addirittura crescendo. “Wal Rus, contatta la nave-madre!”
ma già il pinnipede stava obbedendo.
“Dr.
Comet! Dr. Comet, ci sentite? Per favore, rispondete! Perché ve ne state andando?”
Ma non giunse alcuna risposta, se non un guazzabuglio di
sibili e fischi; e per quanto Wal provasse, non riusciva ad ottenere che quei
versacci elettronici.
La Dr. Comet aspettò di essersi allontanata del tutto dal pozzo
gravitazionale del pianeta, per poi inserire il driver di balzo spaziale!
In pratica, era appena andata
peggio!