PROLOGO: L’Universo è composto di miliardi di stelle. Incalcolabili sono i corpi celesti, chiamati ‘pianeti’, che ruotano intorno a tali stelle. Così numerose sono le forme di vita che abitano il cosmo che non basterebbe la durata della sua vita per elencarle tutte.

Viene semplicemente naturale pensare che qualunque avventuriero spaziale in cerca di nuove imprese da compiere non ha che l’imbarazzo della scelta. Dati i mezzi opportuni, naturalmente.

Nel caso specifico, un super-robot più grande di una portaerei; un mostro dalla corazza dorata, dotato di un gruppo propulsore ai piedi. Era insieme un veicolo, un’arma ed un’arca per portare aiuto là dove ce ne fosse bisogno.

Si chiamava Dr. Comet, ed era comandato da un equipaggio altrettanto formidabile…quanto inusuale…

 

 

MARVELIT presenta

Episodio 1 - Paradiso infernale!

 

 

Un membro di tale equipaggio portava il nome di questa serie. E in questo momento, Rocket Raccoon era intento a godersi il tempo libero che ancora rimaneva a lui ed alla sua gente. Come? Sguazzando fra le chiare acque di un laghetto di montagna, insieme alla sua amata.

Oh, già, dimenticavo: Rocket era un procione, e Lylla, l’amore della sua vita, una bella lontra. Non erano certo alti, ma potevano camminare sulle zampe posteriori. Quelle anteriori erano ormai mani, ma per il resto le creature assomigliavano in tutto e per tutto agli animali che furono i loro antenati…

“Rocket, no!” gridò Lylla, quando lui l’afferrò per la vita, sollevandola quasi fosse stata senza peso, per poi esibirla come un trofeo.

“’No’ cosa, amore mio?” fece lui, ergendosi in tutto il suo metro e venti di altezza. La luce si rifrangeva in tanti piccoli arcobaleni sull’acqua che permeava la pelliccia dorata di lei. “Forse un angelo non merita di volare come tale?” Fletté le braccia, e diede appena una spinta.

E la lontra volò, seguita da una scia di perle d’acqua. Con la naturale agilità ed esuberanza della sua specie, Lylla si prodigò in una serie di lente acrobazie, come in un lungo tuffo al rallentatore, su verso il cielo.

Osservandola, Rocket sospirò come un Romeo: non si stancava mai di lei, la amava come fin dal primo giorno, sapendo di essere ricambiato con eguale dedizione. Fin quando avessero potuto contare l’uno sull’altra, avrebbero potuto viaggiare fra le stelle fino alla fine del tempo…

Ad un certo punto, Lylla, facendo leva su un invisibile supporto, tornò a dirigersi verso il basso.

Rocket annuì, e spiccò un salto, dirigendosi verso di lei. A mezz’aria, nella bassa gravità, i due amanti si strinsero le mani e ballarono in cerchi di acqua…

Ma anche le cose belle dovevano finire. E il gioco di Rocket e Lylla finì quando un ronzio attraversò la mascella di lui. Il procione quasi si mise a ringhiare. “Che sia per qualcosa di serio.”

La voce nel microfono subcutaneo non sembrava capace di avere altre intonazioni, gracchiante e grave com’era. “Non ti avrei disturbato altrimenti, ragazzo.”

“Olà, Zio Pyko. Siamo arrivati, allora?”

La voce ridacchiò. “Ci siamo quasi. Pensavo che avreste voluto vedere dal vivo cosa ci aspetta.”

Il lago, l’acqua, la montagna -tutto scomparve, lasciando i due animali nudi a contemplare, un momento dopo, la bellezza di un pianeta azzurro, venato di nuvole delicate come strisce, senza lune. Sotto l’atmosfera, si distingueva il profilo di due continenti. Uno a nord, l’altro a sud, il profilo di quello a nord sembrava tempestato di laghi…

“Che posto bellissimo,” commentò Lylla. “Come è possibile che ci possa essere del pericolo in un pianeta del genere?”

Una finestra si aprì in basso accanto al pianeta, mostrando la testa di una tartaruga, con tanto di occhiali sul becco. “Anche la nostra patria, Halfworld, era un posto bellissimo, principessa. Ciò non ha impedito che Lord Dyvyne e Judson Jakes lo inquinassero con la loro avidità.”

Rocket digrignò i denti alla sola menzione di quei nomi.

Halfworld, un mondo letteralmente diviso a metà fra un’immensa miniera ed il naturale habitat incontaminato. Nella metà ‘naturale’ vivevano fianco a fianco gli animali ed i loro protetti, uomini e donne resi folli da un agente genetico nell’atmosfera del pianeta. Gli animali, inizialmente esemplari da compagnia portati al seguito della flotta spaziale da cui i coloni umani erano scesi, erano stati potenziati con un misto di biotecnologia e cibernetica, al punto che i loro discendenti possedevano le qualità ‘evolute’ senza alcun bisogno di parti meccaniche. Il loro scopo doveva essere la custodia ed il mantenimento della felicità dei ‘Loonies’, i folli umani.

Dyvyne, un serpente, e Jakes, una talpa, erano stati gli eredi di una lunga dinastia di giocattolai; purtroppo, le due creature avevano finito col travisare completamente il loro scopo, diventando solo due biechi affaristi in guerra commerciale fra loro. Guerra che avrebbe finito col diventare scontro armato, con i giocattoli trasformati in soldati assassini, se non fosse stato per Rocket Raccoon, Lylla, ed il ravvedimento, seppure tardivo, di alcuni affiliati dei biechi giocattolai.

Alla fine, scoperto il segreto dietro alla malattia dei Loonies, una cura poté essere sviluppata. Allo stesso tempo, fu completata la grande nave spaziale che gli umani volevano realizzare per lasciare il pianeta prima di impazzire. Quella stessa nave, il Dr. Comet, che ora gli animali possedevano, dopo che il loro scopo di prendersi cura degli umani era terminato con la loro guarigione[i].

Era stata decisione unanime degli animali di vagare per lo spazio per aiutare chi avesse bisogno di aiuto, invece di stare su Halfworld a vegetare.

Il pianeta che ora Raccoon e Lylla stavano guardando aveva lanciato un segnale di soccorso.

Una valigetta uscì da un pannello nel pavimento, accanto alle zampe di Rocket. “Ci sono novità su chi ha mandato il segnale?” chiese lui, mentre si chinava ad aprire la valigetta, trovandosi di fronte ad un doppio compartimento, uno per i suoi abiti ed uno per quelli di Lylla.

Pyko, ex mentore di Jakes, si schiarì la gola. “Apparentemente, l’atmosfera non presenta agenti tossici...ma non abbiamo modo di sapere come i microrganismi locali possano interagire con la fisionomia locale…o la nostra. Posso solo raccomandare di non abbassare mai i campi di forza che ho predisposto per i vostri abiti.

Rocket indossò rapidamente il suo costume verde, che lasciava scoperte braccia e gambe. Poi il giubbotto rinforzato, i guanti a falda larga, gli stivali corazzati e la fondina con la sua inseparabile pistola laser.

Lylla, invece, indossava un abito lungo, dai sapori mediorientali, di un intenso azzurro, decorato da pendenti dorati. Per quanto amasse il suo procione, e non disdegnasse l’uso delle armi quando necessarie, era anche vero che rimaneva una lontra: le piaceva giocare più che fare la guerriera, e concedersi ai vezzi estetici era solo naturale.

Ed era per questo che lui l’adorava: solo con lei, Rocket poteva riscoprire il suo lato migliore ed innocente, dimenticare il resto del mondo…

“Ci sono tracce di avamposti ad alta tecnologia,” stava dicendo Pyko. “Direi che si tratta di un tentativo di colonizzazione abortito. Niente creature viventi dentro o fuori…vegetazione esclusa, si intende.”

“S’intende,” ripeté Rocket, dirigendosi verso il globo, seguito da Lylla. Una porta si aprì davanti a loro. “Forza e coraggio, facciamo vedere che meritiamo il nostro curriculum.”

 

La porta scorrevole si aprì. La coppia emerse in una stanza dove già lo attendevano i suoi colleghi per l’imminente missione.

“Era ora,” disse un coniglio in armatura, dalla pelliccia nera come il carbone e gli occhi interamente rossi senza pupille. “Cominciavo ad arrugginirmi come queste lattine qui.” Accanto a lui stavano un robot a forma di cavallo ed una macchina fluttuante molto simile al più celebre ‘Hubert’ dei Fantastici Quattro, salvo che aveva una testa simile a quella di un pipistrello mellifero. Il robot emise l’equivalente elettronico di uno sberleffo.

A qualche metro di distanza si trovava il resto della squadra: una volpe in mimetica imbottita ed uno scoiattolo volante a torso nudo ed il più sottile paio di calzoncini mai visto. Il suo abbigliamento più vistoso era la doppia fodera ricurva alla schiena da cui spuntavano le else delle sue katana.

Rocket osservò i due mammiferi, notando che l’occhio sinistro della volpe era attraversato da una cicatrice; e che il suo occhio mandava bagliori metallici.

“Puoi fidarti di loro come di te stesso, RR,” disse il coniglio. “Li ho selezionati personalmente, e sai che Blackjack O’Hare,” pronunciando il nome, si indicò con il pollice al petto “non scazza sulla qualità.”

Rocket annuì: l’ex-capo della defunta Brigata dei Conigli Neri Assassini, al servizio di Lord Dyvyne, era stato uno dei suoi più pericolosi nemici…fino a quando non aveva realizzato che, di fronte al collasso dell’impero dei giocattolai, gli conveniva stare dalla parte del vincitore piuttosto che rischiare la vendetta del procione. E da quel momento, si era rivelato un fedele vicecomandante delle forze armate dei Cometani. I suoi programmi di addestramento sfornavano solo i migliori esploratori e combattenti.

Rocket annuì. “Prova campi di forza,” disse, mettendo mano al pulsante sulla cintura, subito imitato dagli altri. I corpi dei quattro esploratori furono avvolti da una sottile aura luminosa che seguiva perfettamente i loro contorni. Allo stesso tempo, si attivarono i filtri dermici che convertivano in aria respirabile quella emessa dai polmoni. Non erano certo eterni, ma almeno avrebbero garantito ventiquattr’ore di autonomia -ed erano sempre più pratici dei vecchi caschi.

La porta dell’ascensore si aprì di nuovo, lasciando entrare una tartaruga dall’enorme guscio metallico oblungo. “Dr. Comet è in orbita,” disse Pyko. “Potete partire quando volete.”

Rocket disse, “Sentito, Wal? Molla gli ormeggi! La Rakk’n’Ruin torna in affari!”

 

Sul ventre del robot-fortezza si aprì un portello. Un momento dopo, ne uscì un’astronave dallo scafo argenteo ed elegante, che suggeriva forza e velocità. Soprattutto la forza, visto che era decorata con file di torrette da fuoco!

 

“Si preannuncia una missione abbastanza facile,” disse il tricheco al posto di co-pilota. Non possedendo le mani, essendo fisicamente identico ai suoi antenati, Wal Rus guidava la nave usando comandi a touchscreen.

“Già,” sbuffò Blackjack, seduto agli armamenti. “Speriamo solo che non si tratti di un ripetitore guasto lasciato per errore dai coloni. Ho bisogno di qualcuno a cui sparare.”

“Se proprio ci tieni,” disse Rocket, al posto del pilota, “alla prossima nube di asteroidi facciamo una fermata…Hm? Zio Pyko?”

Dalla sua posizione alla stazione elaborazione dati, la tartaruga sollevò lo sguardo dai monitor. “Sì, ragazzo?”

“Non avevi detto che non ci sono tracce di tecnologia su quel mondo, a parte la cittadella?”

“Esatto, perché?”

Fissando oltre i parabrezza, il procione disse, “E ti riferivi a tutto il mondo o solo alla superficie?”

Pyko fece un’espressione indignata. “A tutto il mondo, naturalmente. Credi che mi sia rimbambito? Ho solo 101 anni…” poi non si sentì più così sicuro di sé. “Oh, cielo.”

“Proprio così!” esclamò Rocket, dandoci dentro con la cloche.

 

La Rakk’n’Ruin virò per evitare d’un soffio la prima raffica di energia. Altre seguirono a ruota, ed una colpì di striscio lo scafo!

I colpi venivano da satelliti artificiali. Erano neri come lo spazio in cui si erano mimetizzati, cannoni mobili protetti da un guscio ad uovo. Mentre i primi sparavano, altri apparivano dal nulla, preannunciati da un tremolio.

 

“Tecnologia stealth, molto interessante,” commentò Pyko, mentre un altro tremolio scuoteva lo scafo. “Mi chiedo cosa avranno da nascondere, per difenderlo così bene.”

“Non tanto, vista la mira, ma ce ne occuperemo a tempo debito,” disse Rocket. “O’Hare, allora! Aspetti di batterti in qualità di coniglio al forno o che!?” Fortunatamente, la distruzione della vecchia R’n’R gli aveva insegnato qualcosa, ed aveva voluto la nuova nave con una blindatura speciale. Questi cosi mica scherzavano, Santa Novella!

“Calma, calma,” fece il nerconiglio con la sua voce nasale insopportabile. “Aspetto solo di averli sotto tiro…ancora un po’… Oh, mantieni la rotta, ranger, che vai benissimo.” Altra scossa.

“Con tutti quelli che ci sono, potresti sparare nel mucchio e prenderne comunque uno!”

“Te l’ho detto, capo: sono un professionista...e ora, scusami…” schiacciò un pulsante.

 

Proprio mentre la Rakk’n’Ruin entrava nel centro dello schieramento nemico…tutti i suoi cannoni fecero fuoco! Ogni colpo un centro, e tutti i cannoni automatici finora apparsi andarono in pezzi con una sequenza di scoppi terrificanti!

 

Blackjack si sdraiò sullo schienale.“Qualunque fesso sa sparare; trovane uno che sappia fare un buon popcorn!”

Rocket deglutì. Wal Rus disse, “Mi chiedo come abbiamo fatto a batterti, quando eri dalla parte sbagliata.”

Il coniglio fece spallucce. “Pessimi assistenti e paga scarsa. Era un continuo arrangiarsi.”

“Ci aspettano altre sorprese?” chiese il procione.

Pyko stava quasi mandando in surriscaldamento i sensori. “Niente di niente. Solo vegetazione e nient’altro…Ehi!” in quel momento, la nave entrò come una lancia infuocata nell’atmosfera superiore, isolandola dalle comunicazioni e impedendo l’uso di ogni scansore. Il concetto di ‘aspettare’ non fa parte del tuo vocabolario, ragazzo?”

“Piantala di chiamarmi ‘ragazzo’, Zio. E per quanto riguarda la fretta, non ho ancora conosciuto nessuno che prova a prendermi la coda a calci e spera che me la svigni!”

“Questo è lo spirito, capo!” fece Blackjack schioccando le dita guantate.

Pyko sospirò. Almeno, questa volta, sembrava, non c’era alcun pericolo ad attenderli.

“Muoio dalla voglia di sapere cosa c’è di così importante laggiù da proteggere con tanta determinazione,” disse Rocket.

 

La Rakk’n’Ruin atterrò a poca distanza dalla cittadella. Poco dopo, una scala si estese dal ventre. La squadra uscì al gran completo, incluso il cavallo meccanico, su cui sedeva Lylla. Se lei era stata adamantina nel volere restare accanto al suo cavaliere, lui lo era stato altrettanto nel darle Courier come veicolo e difesa.

Una fresca brezza accolse gli esploratori, tutti a pistola tratta.

“Non so perché, ma questo posto mi fa venire i brividi,” disse la volpe, annusando l’aria di riflesso -non trovando ovviamente altro odore che il proprio. “Stupido campo di forza.”

“Pyko,” disse Lylla, mentre la scala rientrava. “Funziona bene il compartimento stagno?”

“Ottimamente, finora. Notate niente di strano, voi?”

La cittadella era una struttura tubolare, disposta in figure geometriche precise. “A parte un avamposto modulare abbandonato, direi niente. Entriamo. Bori, Chip,” disse alla volpe ed al castoro. “Voi controllate qui intorno. Lylla, tu vai in ricognizione aerea.”

“Ma…” tentò la lontra, già sapendo che non l’avrebbe spuntata.

Blackjack le fece la linguaccia, e si addentrò dietro al procione.

Lei fece un muso indignato, ma obbedì agli ordini: diede una pacca al collo del cavallo meccanico. “Giddyap, bello…Whoa!” esclamò nel trovarsi quasi sbalzata di sella all’impennata del destriero!

Courier spiccò un salto. Allo stesso tempo, dai suoi fianchi spuntarono due jetpack con tanto di ali da Pegaso. Courier si librò in aria come un angelo.

 

Bori e Chip si scambiarono un’occhiata, annuirono, poi si diressero una a sinistra e l’altro a destra.

 

“Comincio a temere che troveremo per davvero solo un ripetitore rotto,” disse Rocket.

L’interno della cittadella era occupato da mobili fissati alle pareti ed ai pavimenti. Tutte le luci erano spente, e solo quelle delle torce fissate sulle spalle degli esploratori garantivano un’illuminazione. C’era un sottile strato di erba lungo tutti i pavimenti, e i rampicanti erano ormai diventati parte delle infrastrutture. In mezzo all’erba giacevano stoviglie ed altri oggetti di plastica. Tutti gli oggetti che si vedevano erano puliti, non c’era una traccia di cibo andato a male, di muffa o di sangue.

“Sai come lo chiamo un lavoro così ben pulito?” disse Blackjack, le orecchie tesissime. “Una trappola.”

“Brillante deduzione, ma tanto vale trovare la fonte del segnale, prima.” Rocket diede un’occhiata al suo scansore da polso. “Coraggio, tanto abbiamo la R’n’R a proteggerci.”

“Posso dire che non mi consola l’idea di quel pinnipede ai comandi?” al ringhio di avvertimento di Rocket, il coniglio deglutì. “Immagino di no.”

 

Protetta dal suo campo di forza, Lylla volò fino a centocinquanta metri per uscire dal tetto della foresta. Sotto di lei, le piante si estendevano come un oceano fino all’orizzonte, fermandosi solo all’altezza dei laghi. Le stesse montagne erano coperte fino alla cima dal verde.

Era uno spettacolo bellissimo…ma per qualche ragione lei lo trovava inquietante. “Zio Pyko? Dove sono gli uccelli?” Credevo che Courier ne avrebbe spaventati parecchi.”

 

“Fossero solo quelli,” rispose la tartaruga. “E’ affascinante, mia cara: non rilevo tracce di forme di vita che non siano quelle sporali, fungine e vegetali. Batteri, alghe e piante e basta…Sembra che l’evoluzione non abbia mai fatto alcun passo in avanti oltre quello che vediamo.”

“Ed è…sbagliato?”

“Dipende da cosa intendi. Personalmente, sono contento di avere predisposto i campi di forza: credo che i coloni prima di noi abbiano scoperto che la vegetazione abbia imparato a difendersi dagli intrusi indesiderati.”

“ROCKET E’ IN PERICOLO?!?” lei lo gridò con tale forza che gli apparvero delle crepe in una lente.

Pyko dovette attendere un attimo per farsi passare il mal di testa. “Non fin quando i campi lo proteggono. Fidati di un mastro giocattolaio, vuoi? E Rocket Raccoon è un procione cresciuto, comunque. Saprà fare attenzione.”

Evitò accuratamente di esprimere un suo timore: che le difese planetarie non servissero a proteggere qualche segreto, ma a dissuadere qualche sventurato dall’avvicinarsi ad una brutta sorpresa..!

 

Per quanto Bori tendesse le orecchie o aguzzasse gli occhi, non riusciva a vedere e sentire altro che erba frusciante e foglie stormenti. Dopo l’ambiente rumoroso del Dr. Comet, qui c’era da impazzire: per giunta, si sentiva come se stesse camminando fra le fauci di un predatore. Si sarebbe sentita più tranquilla se ne avesse almeno incontrato uno, anche grande e grosso*huff!*

La volpe inciampò e rotolò a terra per qualche metro. Almeno il manto erboso era soffice e non si fece niente, a parte all’orgoglio. Bella figura! Pensò, rimettendosi in piedi. Se ‘Jack lo viene a sapere, mi pela… “Cavolo!” concluse ad alta voce.

Quello che aveva pensato essere un sasso nascosto dall’erba, aveva una forma strana…strana, e familiare.

Quando Bori si fu avvicinata abbastanza, usò il suo occhio cibernetico per assicurarsi di non trovarsi di fronte a uno scherzo della natura…

Non lo era: si trattava di una tuta spaziale, intatta, come nuova. E piena di erba.

 

Chip si sentiva in paradiso! Non aveva neppure bisogno di volare, c’erano così tanti appigli che se avesse voluto avrebbe potuto saltare di ramo in ramo fino agli antipodi! Nessuna stanza di simulazione avrebbe potuto eguagliare quella sensazione di libertà! Anche a quell’altezza, il sole penetrava a stento sotto il tetto verde. La temperatura era piacevolmente fresca, perfetta.

Lo scoiattolo compì una capriola a mezz’aria, afferrò un ramo e si lasciò girare due volte, prima di usare l’inerzia per passare al ramo successivo. Fossero state tutte facili così, le missioni di soccorso… “Hm?”

Un raggio di sole colse un oggetto metallico, piantato in una corteccia lì vicino.

Sospirando, Chip si diresse verso l’albero in questione. Lasciò il ramo e spalancò braccia e gambe. Le membrane alari si tesero di colpo, trasformandolo in una vela vivente.

Arrivato all’albero, usò gli artigli per aggrapparsi alla corteccia. Come un ragno, si avvicinò all’oggetto -sì, si trattava di un chiodo di quelli usati per arrampicarsi nelle scalate. Ce n’era una fila intera, dietro.

Chip si chiese per quale ragione qualcuno dovrebbe arrampicarsi fin quassù e smettere di colpo. Forse era un Loonie, un umano fuori di testa…

Poi, Chip si accorse della forma strana dei rami proprio vicini alla fine della fila di chiodi. A ben pensarci, non sembravano forse..?

Non ci pensò su un momento a comunicare con la base. “Zio Pyko? Capo? Scommetto che non crederete mai a quello che ho trovato!” disse, ad occhi spalancati.

I rami partivano da una forma distinta, come se un corpo umano fosse stato fuso alla corteccia!

 

“Ci crediamo ad occhi chiusi, puoi scommetterci,” disse Blackjack O’Hare.

Lui e Rocket erano arrivati al cuore della cittadella modulare, nel centro di comando. Davanti a loro si parava uno spettacolo allucinante: venti cadaveri, cioè venti tute spaziali, sparse sul pavimento, molte una sopra l’altra. Quelle con l’apertura del casco rivolta verso l’alto mostravano il contenuto di erba. Erano tutte oscenamente gonfie.

I monitor erano tutti esplosi, i rampicanti avevano occupato quanto più spazio possibile; sembrava una serra degli orrori, più che un centro di comando.

Muovendosi su un tappeto frusciante, Rocket Raccoon si avvicinò a un pannello. Il segnale di soccorso registrato partiva da qui. “Blackjack, cerca qualunque cosa sia ancora funzionante. Meglio sparire di qui alla svelta!”

“Troppo tardi, capo,” il coniglio puntò alla porta da cui erano venuti…porta che ora era piena di rampicanti.

 

Lylla emise un verso strozzato. “Rocket, Rocket! Zio Pyko… Qualcuno mi ascolta? La foresta ha preso ad ondeggiare.” E non era affatto un’esagerazione: l’oceano verde si stava muovendo, animato di vita propria.

 

A bordo, tutti gli allarmi ci stavano dando dentro in un concerto assordante.

Pyko, che nei momenti di crisi riusciva sempre a tornare perfettamente lucido, stava esaminando i risultati delle sue ultime proiezioni. E quello che vide gli piacque molto poco, anche se era davvero splendido.

“Tornate tutti a bordo, gente! Non so come sia successo, ma la biosfera di questo pianeta si comporta come un unico organismo. Il pianeta è vivo.”



[i] Questi eventi sono stati narrati nella miniserie di 4 ROCKET RACCOON, su THOR #20→23 Play Press.