Menu
Luca Tomassini

Luca Tomassini

URL del sito web:

Marvel Omnibus: Namor

Se siete lettori di fumetti americani cresciuti negli anni ’80 e ’90, ben pochi nomi potranno provocare in voi nostalgici ricordi di ore di letture avvincenti come quello di John Byrne. L’autore, inglese di nascita ma cresciuto in Canada, ha attraversato da assoluto protagonista quel decennio chiave in cui il fumetto americano è diventato adulto, scrivendone pagine indimenticabili: dagli inizi, sul finire degli anni ’70, come jolly sui titoli più disparati della Marvel (Avengers, Iron Fist, Star-Lord, Marvel Team-Up, Champions), fino alla consacrazione con il seminale ciclo di Uncanny X-Men in coppia con Chris Claremont che ha cambiato la storia del fumetto seriale a stelle e strisce; il debutto come autore completo con la lunga ed eccezionale run, durata ben cinque anni, di Fantastic Four, giustamente considerata la versione definitiva del Quartetto dopo quella di Stan Lee e Jack Kirby; la rottura con la Marvel a seguito di un violento alterco con l’allora editor-in-chief Jim Shooter e il passaggio alla DC Comics, dove aggiorna il mito di Superman per l’era moderna depurandolo dalle ingenuità tipicamente Silver Age. Se i lavori dell’amico e contemporaneo Frank Miller bruciano di ardore innovatore e rivoluzionario, l’approccio di Byrne al mezzo è del tutto antitetico ed è ben sintetizzato nel motto back to the basics (ritorno alle origini) che aveva caratterizzato la sua gestione del Favoloso Quartetto, cioè il recupero degli elementi classici e dei caratteri originali dei personaggi per proiettarli poi in una nuova era. I lavori più riusciti di John Byrne sono in apparenza dei splendidi fumetti d’avventura, fra le cui pieghe l’autore inserisce sottilmente elementi di grande novità, come lo spessore inedito conferito ai personaggi femminili. Il ciclo di Fantastic Four è un’ode a Susan Storm, a cui Byrne modifica il nome da Invisible Girl a Invisible Woman, segnando il passaggio da “fidanzatina del capo” dei tempi di Lee & Kirby a quello di consapevole donna, madre ed eroina della sua straordinaria gestione.

namor-byrne-1

E poi i disegni. Parlare di John Byrne significa parlare, molto semplicemente, di fumetti belli da guardare, di anatomie scolpite ma dinamiche, di un tratto che coniuga potenza e grazia, di forme atletiche ma fluide e sinuose allo stesso tempo, di eroi carismatici e di eroine di cui è impossibile non innamorarsi. Big John è uno dei primi autori intorno al quale si crea uno zoccolo duro di fan che acquista tutto quello che lui produce, che si tratti di Superman o degli eroi disfunzionali e problematici di Alpha Flight, supergruppo canadese che annovera tra le sue fila il velocista Northstar, il primo eroe dichiaratamente gay della storia del fumetto e la sorella gemella Aurora, schizofrenica dalla doppia personalità, pudica fanciulla nella sua identità borghese, sensuale e dissoluta nei suoi panni da eroina. Pur in un contesto classico, Byrne continuerà ad infarcire i suoi lavori di elementi di rottura, soprattutto nel secondo periodo in Marvel dopo il ritorno dal suo “esilio” alla DC, dal 1988 in poi. È il periodo di Sensational She-Hulk, dove la protagonista, che sa di essere la star di un fumetto, parla direttamente col lettore e si lamenta del trattamento riservatole dall’autore (anticipando di qualche anno quello "sfondamento della quarta parete" che è alla base del successo di Deadpool), e di Avengers West Coast, dove il fumettista canadese per primo ci mostra una Scarlet Witch fuori controllo e in preda alla follia, idea che verrà ripresa quasi un ventennio dopo da Brian Micheal Bendis e che sarà alla base del ciclo di Avengers Disassembled e delle trame della Marvel del primo decennio degli anni 2000. È in questo felice periodo della produzione di Byrne che trova posto Namor The Sub-Mariner, serie del 1990 dedicata all’eroe anfibio della Marvel, di cui Panini Comics ripropone i primi 18 episodi in un prezioso Omnibus.

Namor, sovrano mezzosangue di Atlantide nato dalla fantasia di Bill Everett, è il primo supereroe pubblicato dalla Marvel a partire dal 1939, quando la casa editrice si chiamava ancora Timely Comics. Viene presentato inizialmente come una minaccia affrontata dall’altro eroe della casa editrice, la Torcia Umana originale, Jim Hammond. A seguito dell’entrata in guerra degli Stati Uniti, anche Namor si arruola per il fronte e, insieme agli eroi della Timely, affronterà le forze dell’Asse. Dopo essere caduto nel dimenticatoio per tutti gli anni ’50, il personaggio viene ripescato da Stan Lee & Jack Kirby come antagonista dei Fantastici Quattro, che fermano più volte i suoi tentativi di invasione, da lui giustificati come risposta all’inquinamento degli oceani perpetrato dagli abitanti di superficie. Da quel momento sarà un comprimario ricorrente della serie del Quartetto di cui diventerà un alleato, innamorandosi della bella Susan Storm. Quando Byrne si mette al lavoro su Namor, quest’ultimo è un personaggio quasi dimenticato: le ultime storie degne di nota sono quelle illustrate da Gene Colan negli anni ’60 e le successive miniserie a lui dedicate nel corso degli anni non hanno lasciato il segno. Ma sono gli anni in cui l’autore inglese trasforma in oro tutto ciò che tocca e Namor non fa eccezione. A Byrne basta un numero per dare una spiegazione al comportamento impulsivo e rissoso del personaggio: è causato da uno squilibrio biologico dovuto alla sua doppia natura, umana e atlantidea allo stesso tempo. Dopo essere tornato in possesso delle sue facoltà, e constatato lo stato d’inquinamento in cui versano ormai gli oceani, Namor decide di investire le ricchezze trovate nella carcassa di un veliero rilevando una compagnia in bancarotta e trasformandola in una nuova azienda con la difesa dell'ambiente come core business, la Oracle Inc. Nel giro di poche pagine l’autore regala al personaggio un setting  e una “missione” completamente nuova: Atlantide non appare praticamente mai e Namor, novello uomo d’affari, si districa in giacca e cravatta tra le insidie della borsa. Da ricordare che ci troviamo negli anni successivi a Wall Street di Oliver Stone, il cui protagonista senza scrupoli, Gordon Gekko, ha pesantemente segnato l’immaginario degli anni ’80.

namor-byrne-2

Altrettanto spietati sono i villain che Byrne introduce nella serie, i crudeli gemelli Desmond e Phoebe Marrs, legati da un rapporto perverso e incestuoso che l’autore si limita solo a suggerire. I due faranno di tutto per mettere i bastoni tra le ruote all’ex sovrano di Atlantide, ma non saranno le uniche minacce che Namor dovrà affrontare: si va da Headhunter, la cacciatrice di teste di Wall Street, geniale e neanche troppo velata critica al capitalismo finanziario, al recupero di classici villain come Griffin e il Super-Skrull. Byrne realizza una serie divertente e la infarcisce di colpi di scena e di sottotrame accennate che poi esplodono nei numeri successivi, divertendosi a giocare col pantheon dell’Universo Marvel di cui è un profondo conoscitore: ecco apparire in rapida sequenza Fantastici Quattro, Iron Man, Capitan America, Thor, la Torcia Umana originale, Misty Knight & Colleen Wing, le Figlie del Drago, Iron Fist (ma sarà davvero lui?), il Punitore, Ka-Zar, Shanna e tanti altri.

La sequenza di storie che farà la gioia dei vecchi fan è quella che vede Namor tornare a Berlino dopo tanti anni per affrontare la perversa eredità del Reich rappresentata da Master Man e Warrior Woman: ne scaturirà l’occasione per una reunion degli Invasori, la squadra formata ai tempi della guerra dall’eroe anfibio, Cap e la Torcia originale, qui raggiunti anche da Spitfire e dal nuovo Union Jack, in quello che è un sentito omaggio dell’autore alle storie classiche degli Invaders di Roy Thomas e Frank Robbins. L’azione si sussegue senza un attimo di tregua e, pur condita da qualche ingenuità del tempo, la sceneggiatura dell’autore canadese sfrutta le 22 pagine concesse da ogni albo per infarcirle di eventi, diversamente (e non ci dispiace) dallo stile decompresso dei fumetti di oggi.

Dal punto di vista dei disegni, qui ci troviamo di fronte ad uno dei picchi del Byrne artista. Nonostante abbia sempre inserito Jack Kirby nel suo pantheon di riferimento, il tratto del penciler sembra appartenere più al lignaggio di un Alex Raymond, la cui aristocrazia un po’ ingessata viene scossa da un dinamismo alla Neal Adams. Namor è scolpito e possente come un vero nuotatore, le figure femminili, come sempre in Byrne, sono sensuali e rubano l’occhio, si veda la cugina Namorita, vero e proprio sidekick del Principe Vendicativo. Menzione d’onore per il personaggio di Phoebe Marrs, la cui figura sensuale esprime allo stesso tempo perversione e fragilità, crudeltà e dolcezza. La serie si segnalò all’epoca per l’uso innovativo del duo-shade: era una tecnica grazie alla quale l’artista disegnava e inchiostrava direttamente su cartoncino Bristol, trattato poi con un agente chimico che rilasciava sul disegno linee e punti d’ombra, a formare un piacevole effetto di chiaroscuro. Byrne utilizzò la duo-shade per questa serie e per O.M.A.C. alla DC, salvo abbandonarla con l’avvento della colorazione digitale. La resa finale mantiene comunque un certo fascino ancora oggi.

namor-byrne-3



Unica pecca da trovare ad un volume dalla qualità eccellente è la decisione dell’editore di troncare la sequenza di storie col numero 18, lasciando così insoluti i misteri del ritorno di Lady Dorma e del destino di Danny Rand, Iron Fist: la speranza è che i numeri conclusivi della run di Byrne, metà dei quali disegnati da un allora debuttante Jae Lee, possano trovare spazio in un eventuale, secondo volume.

Namor The Sub-Mariner è una serie che proporrà ai nuovi lettori una visione classica e moderna allo stesso tempo del Marvel Universe e farà conoscere loro un autore leggendario di cui forse avranno sentito parlare. Per i vecchi lettori sarà una passeggiata sul viale dei ricordi che emergeranno con forza dal fondale della memoria. Ci sono cose, nella vita e nei fumetti, che passano, altre che restano. L’epoca d’oro della Marvel di John Byrne certamente resterà.

Spider-Man Collection 2: Notti Oscure

La presenza di Frank Miller in qualità di ospite d’onore alla recente kermesse di Lucca Comics ha avuto come piacevole conseguenza quella di spingere molti editori che avevano nel proprio catalogo lavori firmati dal genio del Maryland a proporre ristampe delle sue opere: in alcuni casi si è trattato di vere e proprie chicche, molte delle quali assenti da tempo dagli scaffali delle librerie italiane se non addirittura inedite. Due volumi in particolare, Universo DC di Frank Miller edito da RW Lion e Spider-Man Collection: Notti Oscure pubblicato da Panini Comics, riportano le lancette del tempo indietro di quasi 40 anni, ai tempi delle prime prove di Miller presso DC e Marvel. Per quanto il volume della RW contenga la prima storia in cui Frank viene accreditato, un breve racconto di guerra pubblicato su Weird War Tales per il quale realizza le matite dal quale, in tutta sincerità, nulla traspare del talento rivoluzionario che sfoggerà nelle opere successive (anche a causa delle pesanti e mortificanti chine di Danny Bulanadi), è il volume della Panini a rappresentare una più esauriente testimonianza di un’evoluzione artistica che porterà il giovane Miller, in un paio d’anni, a diventare la stella assoluta del fumetto a stelle e strisce.

spider-man-notti-oscure-1

Dopo il debutto alla DC (anche se una prima storia era già stata pubblicata, seppure non accreditata, su Twilight Zone della Gold Key), Miller finisce sul taccuino di Jim Shooter, il vulcanico editor in chief della Marvel tra la fine degli anni ’70 e i primi ’80. Shooter è alla ricerca di nuovi talenti che possano infondere rinnovata linfa vitale alla casa editrice, e sta puntando forte su una nuova generazione di giovani autori come Chris Claremont e John Byrne che, messi a lavorare su una serie come Uncanny X-Men che fino a quel punto era stata una “cenerentola” del parco testate Marvel, la trasformeranno nel più grande successo commerciale della casa editrice fino all’alba del nuovo millennio. Miller ricorderà sempre con piacere il suo primo periodo marvelliano, tra vivaci riunioni di redazione, il mitico “Bullpen” dove si potevano incontrare gli altri colleghi e mostrarsi tavole a vicenda, e i preziosi consigli di veterani del calibro di John Romita Sr., John Buscema e Marie Severin. A Miller viene assegnato un annual di Incredible Hulk su testi di Mary Jo Duffy, giovane scrittrice nonché editor di serie come Peter Parker, Spectacular Spider-Man e Daredevil. Se ci sono degli incontri orchestrati dal dio del fumetto perché la storia prenda certi corsi e non altri, quello tra Miller e la Duffy è sicuramente uno di questi. La redattrice si rende conto del talento non comune del giovane autore e gli assegna le matite di due numeri “scoperti” di Peter Parker, le due storie che aprono il volume Panini e nelle quali il tessiragnatele fa squadra con un altro vigilante marvelliano, quel Daredevil che segnerà il periodo in Marvel di Miller. Se i testi di Bill Mantlo non si innalzano sopra lo standard convenzionale dell’epoca (un team-up tra l’Arrampicamuri e l’Uomo Senza Paura si rende necessario per evitare che il villain Marauder faccia esplodere una bomba nel centro di New York), è lo storytelling del giovane artista che colpisce: pur tra incertezze da rookie e un tratto ancora legnoso e da sgrezzare (certamente non aiutato dalle chine di Frank Springer), si fa notare con piacere l’originale costruzione della tavola e la perizia nelle scene d’azione, dense di un inedito taglio cinematografico inusuale per l’epoca. Le due storie segnano il primo incontro di Miller con Daredevil e l’amore a prima vista è evidente: i due sono a proprio agio l’uno con l’altro come quegli innamorati che pur incontrandosi per la prima volta, hanno la sensazione di conoscersi da sempre. Il Devil di Miller è un fascio di nervi e muscoli pronto all’azione e non è escluso che sia stata proprio l’eccellente resa del personaggio in questa coppia di storie a convincere Shooter ad affidargli le sorti editoriali allora traballanti dell’alter ego di Matt Murdock, prima come disegnatore e poi come autore completo.

spider-man-notti-oscure-2

La storia successiva proposta nel volume, Il Libro dei Vishanti, segna un primo snodo della carriera di Miller e un importante tassello della sua crescita artistica. L’autore continua ad occuparsi del Ragno, personaggio prediletto della sua infanzia di cui ben ricorda le storie disegnate da Steve Ditko, influenza enorme del Miller prima maniera. I testi sono firmati da Dennis O’Neill, altro incontro fondamentale nella vita e nella carriera dell’artista. O’Neill è un veterano che negli anni ’70, insieme al disegnatore Neal Adams, ha riportato Batman alle sue origini di Cavaliere Oscuro dopo la sbornia camp dei sixties, trovando il tempo anche il tempo di realizzare, sempre insieme ad Adams, un celebrato ciclo di Green Lantern/Green Arrow dove Hal Jordan e Oliver Queen affrontano tematiche sociali scabrose come il dilagare della droga tra i giovani e il razzismo della società americana. O’Neill sostituirà la Duffy come editor di Miller su Daredevil e lo assisterà anche nella realizzazione della sua opera più celebrata, The Dark Knight Returns. La storia imbastita da O’Neill e Miller ha per protagonisti l’Uomo Ragno e il Dottor Strange, impegnati in una corsa contro il tempo per evitare che la sinistra alleanza formata dal Dottor Destino e da Dormammu rilasci sul mondo un’antica piaga. Si tratta di una storia godibilissima, contrassegnata da una consistente dose di ironia, servita dai testi frizzanti da O’Neill e dall’arte di Miller che qui sboccia nello stile che lo accompagnerà per gli anni successivi, fino alla conclusione del ciclo di Daredevil. Innanzitutto l'avventura è un sentito omaggio dei due autori a Steve Ditko, il creatore grafico tanto del Ragno quanto del Mago Supremo: Miller si sbizzarrisce in una sequela di tavole condite di psichedelia e inquietanti dimensioni parallele, proprio come nelle storie di Ditko. Fa capolino inoltre nel pantheon di riferimento dell’artista il nome di Gil Kane, artista celebre per il suo stile espressionista e per le pose altamente drammatiche dei suoi volti. L’influenza di Kane, cartoonist ingiustamente sottovalutato, accompagnerà Miller per tutta questa sua prima fase marvelliana; l’autore padroneggia ormai l’uso del chiaroscuro, e si diverte a disegnare comignoli, lucernari, cisterne per la raccolta d’acqua, a voler sottolineare quella dimensione urbana che sarà un tratto caratteristico delle sue storie.

spider-man-notti-oscure-3

Karma! Lei possiede la persone!, segna il primo incontro tra Miller e Chris Claremont, che un paio d’anni dopo realizzeranno insieme la prima, storica miniserie di Wolverine. La storia, un team-up tra il Ragno e i Fantastici Quattro, ha il compito di introdurre Karma, la mutante coreana che successivamente entrerà a far parte dei New Mutants, il primo spin-off di X-Men, e si segnala più come un importante tassello dell’epopea mutante che Claremont in quegli anni sta costruendo utilizzando il parco testate dell’editore che come episodio rilevante del Miller prima maniera. Se quello che abbiamo visto finora è un artista in gestazione, l'avventura che chiude il volume, Uomo Ragno: Pericolo o Minaccia, ci mostra ormai un Miller pienamente consapevole dei suoi mezzi, grazie anche alle chine di Klaus Janson, maestro di ombre e chiaroscuri, il cui pennino si sposa alla perfezione col tratto di Frank. La storia, sceneggiata ancora una volta da Dennis O’Neill, è un brillante tour de force in cui il Tessiragnatele, con l’aiuto involontario del Punitore, ingaggia una corsa contro il tempo per evitare che il Dottor Octopus avveleni la città. L’autore di Sin City padroneggia ormai la sua arte alla perfezione, capace di proporre uno storytelling concitato e di altissimo profilo (si veda tutta la frenetica sequenza finale tra le rotative del Daily Bugle), non inferiore a quello che sta proponendo mensilmente in quel momento, sempre in coppia con Janson, sulle pagine di Daredevil. Miller trova anche il tempo di omaggiare nuovamente Ditko, nella sequenza del sottomarino che non potrà non ricordare al lettore di vecchia data quella Saga del Coordinatore che è il punto più alto dello Spider-Man di Lee & Ditko.

Il bel cartonato della Panini contiene inoltre Giochi di Potere, un annual della serie Marvel Team-Up che non avrebbe particolari motivi d’interesse se non quello di essere la prima sceneggiatura scritta da Miller per un altro disegnatore, in questo caso il veterano Herb Trimpe. La storia vede L’Uomo Ragno, Devil, Moon Knight, Luke Cage e Iron Fist unirsi per affrontare l’empia alleanza formata da Kingpin e Killgrave, l’Uomo Porpora. È uno script volutamente leggero e ironico che viene purtroppo mortificato dalle legnose matite di Trimpe, artista che appare già all’epoca irrimediabilmente datato, ma che fornisce una curiosa e involontaria anticipazione di alcuni temi e atmosfere dei serial Marvel/Netflix dei giorni nostri.

Spider-Man Collection: Notti Oscure è un volume prezioso, che non può mancare nello scaffale di ogni lettore che voglia gustarsi un Ragno d’annata ed essere testimone allo stesso tempo dell’evoluzione di un autore che, da lì a pochi anni, scriverà con lettere di fuoco la storia del fumetto americano.

Guerra bianca

La Guerra Bianca è un episodio poco conosciuto dei tragici eventi accaduti sul versante italiano della Prima Guerra Mondiale, la catastrofe umanitaria passata alla storia come Grande Guerra che è costata la vita ad un’intera generazione di giovani. Un conflitto crudo e spietato tra Italia e Impero Austro-Ungarico si consumò sulle innevate montagne del Trentino, nei territori di confine reclamati con forza dal governo italiano. La strategia bellica utilizzata assomigliava a tutti gli effetti alla guerra di trincea, con un’unica, crudele variante fornita dall’opportunità di trovarsi sulle ghiacciate cime del Trentino e delle Dolomiti: il ricorso a valanghe di neve deliberatamente provocate da esplosivi allo scopo di seppellire gli eserciti nemici. Si stima che sul fronte italiano abbiano perso la vita tra i 60.000 e i 100.000 soldati travolti da valanghe provocate dal nemico, che riuscì così a sfruttare in modo implacabile l’innata crudeltà della natura. È merito di Robbie Morrison e Charlie Adlard, autori di questo Guerra Bianca, quello di aver riportato alla luce una pagina non sufficientemente approfondita dai libri di storia.

guerra-bianca-1

Morrison (da non confondere col più illustre Grant) si è costruito una reputazione nel mercato inglese con le storie del personaggio di sua creazione Nikolai Dante, pubblicate sulla prestigiosa rivista 2000 AD; in Italia è stato pubblicato qualche suo lavoro sparso tra Marvel e DC e un non esaltante ciclo dell’Authority post – Mark Millar. Lo scrittore venne ispirato dalla visione di un documentario sulla Prima Guerra Mondiale e iniziò la stesura dello script proprio mentre si trovava in vacanza in Italia, a Frascati: il monumento dedicato ai caduti della Grande Guerra che si trova nei pressi del Belvedere della graziosa cittadina laziale gli suggerì i nomi dei protagonisti. A chiudere il cerchio di fortunate coincidenze arrivò la telefonata di Charlie Adlard, che stava sperimentando una nuova tecnica, a suo dire perfetta per un fumetto di ambientazione bellica, e chiese a Morrison se fosse interessato a collaborare con lui. Siamo alla fine degli anni’90 e Adlard non è ancora il disegnatore delle fortunatissima The Walking Dead; è appena uscito da un lungo ciclo di X-Files realizzato per la Topps, grande successo di vendite ma insoddisfacente dal punto di vista artistico. L’artista sente il bisogno di cercare nuove sfide e di addentrarsi in territori più autoriali, svincolati dalle scadenze di un impegno seriale. Come spiega a Morrison, sta sperimentando una nuova tecnica, una combinazione di carboncino e gesso su carta grigia, grazie alla quale riesce ad evocare l’atmosfera malinconica di un racconto di guerra. L’artista mette l’anima nella realizzazione del progetto e, allo scopo di avere il final cut, fonda con alcuni amici un collettivo per autoprodursi e lo chiama Les Cartoonistes Dangereux, richiamo francofono alla grande tradizione del fumetto europeo: l’opera che nasce dagli sforzi di Morrison e Adlard si rifà infatti ai classici del fumetto di guerra italiano e francese.

guerra-bianca-2

Guerra Bianca ci racconta la storia di Pietro Acquasanta, italiano d’Istria di stanza nell’esercito austriaco che, dopo essere stato catturato dal nemico, si unisce alle truppe italiane pur di aver salva la vita. Siamo sull’altopiano Alighieri, Trentino, fronte italiano. Pietro conosce bene quelle valli perché è li che è nato e cresciuto, prima del trasferimento in Austria. Suo padre comandava una squadra di soccorso alpino e gli ha insegnato tutto sulle montagne, compresi i punti fragili… e come provocare delle valanghe. Abilità che gli torna utile quando se ne serve per salvare se stesso e i suoi commilitoni da un attacco al gas lanciato dagli austriaci. Il crudele Capitano Orsini coglie subito al balzo la nuova opportunità che gli si presenta e nomina Pietro caporale, mettendolo a capo di una pattuglia di ricognizione che dovrà individuare quei punti strategici dove sia possibile provocare valanghe allo scopo di distruggere l’esercito nemico. La Morte Bianca, come recita il titolo originale dell’opera.

guerra-bianca-3

Se lo scopo di Guerra Bianca era dimostrare la crudeltà e la futilità della guerra di ogni epoca, l’obiettivo è stato centrato pienamente. Le tavole ammantate di bianco e griglio di Charlie Adlard trasformano le valli del Trentino da regno di avventure di ragazzo in cupi scenari di morte. Il griglio delle uniformi e delle maschere a gas fanno da triste contraltare al bianco sporco della neve, simbolo di un’innocenza perduta che non si può più recuperare. Come perduta per sempre è l’innocenza di Pietro Acquasanta, che le circostanze hanno portato a diventare assassino, “portatore di morte bianca”, ruolo per il quale non può evitare di provare una vergogna profonda. Non c’è nulla di epico in questa guerra, a dispetto della maestosità dello scenario: solo le miserie degli esseri umani che si trucidano l’un l’altro nell’inferno delle trincee, lo squallore degli ospedali da campo dove ci si chiede se sia meglio curare i mutilati o dargli il colpo di grazia, la possibilità di aprire il proprio cuore offerta dal fugace incontro con una prostituta in un bordello. C’è anche tanta pietas e compassione nell’ispirato script di Robbie Morrison, che fa dissolvere in un istante il secolo che ci separa dalle vicende di Pietro Acquasanta e dei suoi commilitoni. Che rivivono purtroppo in tutti gli scenari di guerra di cui ci arrivano le tristi immagini quotidianamente, a cominciare dalla Siria.

Imperium

La Valiant Comics è una bella realtà del fumetto statunitense, valida alternativa al classico duopolio Marvel/DC. Fondata nel 1989 da Jim Shooter, vulcanico ex redattore capo della Marvel all’indomani dal suo licenziamento dalla guida della Casa delle Idee, la Valiant ha conosciuto il suo periodo di maggior successo nella prima metà degli anni ’90, periodo d’oro per il mercato americano in cui, sull’onda del successo della Image degli enfant prodige Todd McFarlane, Jim Lee, Rob Liefeld e soci, il debutto di un nuovo consorzio editoriale era all’ordine del giorno. X-0 Manowar, Bloodshot, Turok, Shadowman, Ninjak, Harbinger, Archer & Armstrong, sono solo alcuni dei titoli che hanno brillato della luce di un momento prima di essere inceneriti dalla grande bolla speculativa che ha investito come una supernova il mercato del fumetto nella metà di quel decennio. Dopo aver visto la chiusura di tutta la sua linea editoriale, la Valiant ha provato per quasi venti anni a rimettersi in carreggiata, e dopo un paio di passi falsi ha finalmente centrato il bersaglio con il rilancio del 2012.

Passata attraverso due cambi di proprietà, la travagliata casa editrice ha beneficiato dell’eccellente lavoro del nuovo staff editoriale, che ha saputo radunare un gruppo assortito di ottimi e sottovalutati artigiani del fumetto come Christos Gage, Fred Van Lente, Clayton Henry, Roberto De La Torre, Trevor Haisine ed alcune eccellenze del settore come Jeff Lemire, Peter Milligan e Paolo Rivera. Il risultato è stato molto apprezzato sia dai lettori che dalla critica, tanto da far guadagnare all’editore ben 50 nomination agli Harvey Awards del 2016. Oltre ad infondere nuova linfa vitale alle sue testate storiche, la Valiant ha saputo anche lanciare sul mercato alcune novità decisamente interessanti. È il caso di Imperium, firmata da Joshua Dysart per i testi e Doug Braithwaite per i disegni.

IMPERIUM-001

La serie è il sequel della classica Harbinger, testata che vedeva tra i protagonisti Toyo Harada, filantropo e capo della Fondazione Harbinger. Harada è uno psiota, termine che nell’universo Valiant indica gli individui dotati di super-poteri: è un potente telecineta, telepate e può controllare le menti. Convinto che il mondo stia andando alla deriva per la cupidigia degli stati nazionali e per le sempre crescenti disparità sociali, Harada decide di gettare la maschera e di intervenire direttamente sulla scena politica e militare internazionale: se finora si era servito dei suoi Harbingers per agire nell’ombra, il milionario decide di rivelare al mondo la sua natura di essere potenziato e di perseguire con ogni mezzo, anche sanguinario, la sua visione di un mondo unito dove il benessere sia alla portata di tutti.
Grazie ad un flashforward iniziale sappiamo che nel futuro questa utopia si è realizzata: ma il cammino per Harada non sarà privo di ostacoli, morte e tradimenti.

IMPERIUM-002

Imperium si domanda cosa accadrebbe se i superumani esistessero nel mondo reale. La risposta, sul solco di illustri predecessori come Miracleman, Watchmen e The Authority, è semplice: cambierebbero drasticamente la storia del mondo e il destino dell’umanità. Non provando alcun interesse a descrivere una comunità di individui potenziati che passano le giornate a inseguirsi in sterili caroselli, Joshua Dysart propone un intrigante mix di fumetto supereroistico, thriller geo-politico e horror fantascientifico. Lo script dello sceneggiatore di Violent Messiahs è un avvincente tour de force tra salti nel futuro, campi di battaglia, e complotti orditi dietro le quinte, che riesce allo stesso tempo a non trascurare la caratterizzazione psicologica dei personaggi. Esempio emblematico è Toyo Harada, personaggio shakespeariano considerato un benefattore da alcuni, un terrorista da altri.

imperium 003

I disegni del veterano Dougie Braithwaite fanno da compendio perfetto allo script di Dysart, conferendogli solennità e spessore: una prova importante, seconda solo a quella sfoderata sul Justice della DC, valorizzata anche dai colori dell’ottimo team formato da Brian Reber, Dave McCaig e Ulises Areola. L’edizione italiana è proposta dalla Star Comics in un bel brossurato che si segnala per un ottimo rapporto qualità - prezzo. Un debutto solido e degno di considerazione, che testimonia la maturità ormai raggiunta dalle testate Valiant.

Sottoscrivi questo feed RSS