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Ponyo sulla scogliera: recensione

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Ponyo è una vivace pesciolina che vive assieme ai suoi numerosi fratelli nella sua casa subacquea; un giorno decide di scappare per esplorare la superficie terrestre, ma malauguratamente incappa in una barca che raccoglie i rifiuti dal fondale marino, rimanendo intrappolata in un barattolo di vetro. Sosuke, un bambino di 5 anni, la salva e la porta a casa sua, dove se ne prende cura sfamandola e giocando con lei; i due stringono un legame sempre più forte ma questo va contro la volontà dello stregone marino Fujimoto, il padre di Ponyo, che è ben conscio degli scompensi ambientali che potrebbe causare la trasferta della pesciolina sulla terraferma. Ma intanto, in Ponyo è nato il desiderio di diventare un essere umano proprio come Sosuke…

Innanzitutto va fatta una premessa: "Ponyo sulla scogliera" è un film di Hayao Miyazaki diverso da quello che può aspettarsi il pubblico italiano generalista. Infatti il regista giapponese ha conosciuto il successo nel nostro Paese perlopiù nell'ultimo decennio, grazie a tre film che hanno raggiunto la distribuzione cinematografica ("Princess Mononoke", "La Città Incantata", "Il Castello Errante di Howl") caratterizzati da toni maturi, elementi epici e una storia complessa; l'ultima opera dell'autore di punta dello Studio Ghibli invece è un salto indietro nel tempo, un ritorno alle sue storie più semplici di 20 anni fa, come "Il mio vicino Totoro" e "Kiki consegne a domicilio". Il film è una vera e propria favola per l'infanzia, che però riesce a toccare anche l'animo degli spettatori adulti: c'è una forte presenza di scene immaginifiche e molto emozionanti, al punto che dispiace di non avere più 5 anni per potersi godere il film nell'età in cui questo sense of wonder può essere percepito a pieno. Tutti i personaggi sono ben caratterizzati e simpatici, in particolar modo Ponyo e Fujimoto, che possiamo annoverare tra i migliori mai creati da Miyazaki, la cui recitazione è affascinante e divertente. La storia, molto avvincente, è semplice e lineare, senza alcuna traccia di quella confusione o quei passaggi poco chiari che affliggevano gli ultimi lavori del regista giapponese. Le musiche di Joe Hisashi sono come sempre da sogno, e forse qui siamo al cospetto della sua colonna sonora migliore di sempre: ottime tutte le melodie d'atmosfera, così come le diverse variazioni del Ponyo Theme che si sentono nel corso del film.

L'unico difetto che si potrebbe riscontrare nel film risiede nelle animazioni, straordinarie com'è tradizione in tutti i prodotti Ghibli, ma che in alcune (poche, a dire la verità) scene presenti nella prima parte subiscono un visibile crollo qualitatitvo; in particolare le onde del mare, che Miyazaki ha voluto disegnare personalmente fotogramma per fotogramma considerandole un elemento essenziale per la storia, in diverse sequenze sono realizzate piuttosto grossolanamente, forse proprio perché il regista ha voluto sobbarcarsi da solo un lavoro fin troppo imponente.

L'adattamento italiano del film è stato realizzato con estrema cura.
Il punto essenziale di questo ottimo lavoro è il doppiaggio: molti personaggi principali sono bambini o anziani e, mentre negli USA saranno doppiati da idoli dei teenager, in Italia proprio come nel film originale le voci sono di doppiatori della stessa età della propria controparte animata. Questo accorgimento fornisce un realismo veramente speciale all'opera: quando ad esempio entriamo nell'asilo di Sosuke, anche se per poche scene, si ha veramente l'impressione di essere circondati da bambini, effetto che non ci sarebbe stato optando per doppiatori professionisti che simulavano voci infantili, com'è consuetudine in molti film.
La versione italiana può godere anche della canzone finale tradotta nel nostro idioma per volontà dello stesso compositore giapponese che ha espresso il suo apprezzamento per la musicalità della nostra lingua. Il risultato è eccellente, con un testo fluido e orecchiabile che risuonerà nelle orecchie di chi lo sente per molto tempo, ancor più della canzone tormentone di Totoro.


Carlo Alberto "Deboroh" Montori
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